2023-03-17
Irap, Irpef e aliquote, via alla svolta del Fisco
Maurizio Leo (Imagoeconomica)
Sì del cdm all’iter di una riforma attesa da oltre 50 anni. Previste detrazioni delle spese di lavoro anche per i dipendenti. Cambia l’approccio dell’erario: riconosciuta l’evasione di necessità. Verso la flat tax per tutti.Siamo all’inizio, ma la strada promette bene per chi da tempo invocava una riforma fiscale, un generale repulisti della giungla tributaria e un cambio di passo nel rapporto tra amministrazione fiscale e contribuente. Il Consiglio dei ministri ieri ha approvato la legge delega sul fisco che da qui al 2025 permetterà il cambio delle attuali aliquote e porterà progressivamente all’applicazione di una flat tax per tutti. Siamo all’inizio, ma la strada promette bene per chi da tempo invocava una riforma fiscale, un generale repulisti della giungla tributaria e un cambio di passo nel rapporto tra amministrazione fiscale e contribuente. Il consiglio dei ministri ieri ha approvato la legge delega sul fisco che da qui al 2025 permetterà il cambio delle attuali aliquote e porterà progressivamente all’applicazione di una flat tax per tutti.Inoltre vengono garantite la razionalizzazione e semplificazione dell’intero sistema Irpef. La delega prevede anche la revisione delle tax expenditures e l’equiparazione della no tax area per lavoratori dipendenti e pensionati. Per quanto riguarda le imprese è prevista una riduzione dell’attuale aliquota Ires per chi investe oppure assume. Ci sarà anche una graduale eliminazione dell’Irap. A oggi il testo non prevede né la percentuale di aliquota secca né il dato esatto del taglio delle agevolazioni fiscali, che oggi valgono circa 165 miliardi. Si limita specificare che ci saranno delle forfettizzazioni per scaglioni di reddito. I dettagli saranno frutto del lavoro successivo, lo stesso che dovrà unire i puntini dell’altro pilastro della riforma. La delega mette nero su bianco anche la volontà di attuare il federalismo fiscale. Come? Accelerando il processo di autonomia finanziaria delle Regioni a statuto ordinario. I trasferimenti statali saranno sostituiti dalla compartecipazione diretta al gettito Irpef e a quello Iva secondo il cosiddetto principio di territorialità. Si andrà a tracciare il luogo in cui avviene la cessione dell’imposta. Nello stesso tempo saranno riorganizzati i tributi regionali e sarà consentita anche la possibilità di introdurre con leggi locali l’accertamento esecutivo e la definizione agevolata. È chiaro che una volta messo mano a quelli regionali, il Parlamento potrà garantire ai Comuni e alle Città metropolitane di gestire in autonomia la definizione agevolata delle rispettive entrate. Dalla compensazione dei tributi locali sino alla gestione dell’Imu a livello territoriale. Una serie di passaggi che confermano la volontà di rendere gli schemi un po’ più flessibili e inserire criteri di umanità, passateci il termine. Una volta andata in porta la riforma e quindi votata dal Parlamento e applicata tramite l’approvazione dei numerosi decreti attuativi, esisterà il «principio di necessità». Nel capitolo sulle sanzioni (articolo 20) del testo approvato ieri, e che ItaliaOggi ha anticipato, si prevede «di rivedere i profili relativi alla effettiva sussistenza dell’elemento soggettivo, nell’ipotesi di sopraggiunta impossibilità a far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al soggetto stesso, al fine di evitare che il contribuente debba subire conseguenze penali anche in caso di fatti a lui non imputabili». In altre parole, il legislatore potrà decidere che esistono delle cause per cui c’è una sorta di obbligo all’evasione, o meglio evasione di necessità. Esempio concreto? Un imprenditore non ha liquidità e pur di garantire gli stipendi non paga le imposte. In futuro risponderà del mancato versamento con un occhio di riguardo, ma soprattutto - secondo la delega - il giudice del processo penale dovrà adeguarsi (anche per risparmiare tempo) a quanto già deciso in sede amministrativa o giudiziale. Un elemento non da poco che rimedia a posizioni persecutorie spesso assunte da governi precedenti. Certo, va detto che a questo giro la delega fiscale non risente del problema di dover mediare con la sinistra. Quando Mario Draghi è entrato per la prima volta in Aula per chiedere la fiducia ha tenuto un lungo e interessante discorso. Citò Bruno Visentini, tra i fondatori del partito d’Azione e poi uno dei capoccia del partito Repubblicano. Dal 1964 al 1966 ha studiato assieme ad altri professori la riforma fiscale, approvata poi nel 1971. Un testo che assieme al precedente quello della riforma Vanoni del 1951 riuscì a rilanciare il Paese e attrarre maggiori investimenti. Insomma, l’incipit di Draghi era dunque buono. Peccato che a forza di mediare con Pd, 5 stelle e gli amici di Nicola Fratoianni sia saltato fuori un testo Ogm condito dalla pericolosa riforma del Catasto. La fine anticipata della legislatura si è portata via il vecchio testo e non possiamo che gioirne. Certo, la parte sulla rimodulazione delle accise in base all’impatto ambientale sarà da monitorare e nelle prossime settimane si capirà a quanto ammonterà il taglio delle tax expenditures e quindi quali italiani avranno una base imponibile maggiore e di quanto e se qualcuno si torverà a pagare più tasse. In cambio, però, ci saranno novità interessanti. I lavoratori dipendenti potranno dedurre le spese di trasporto dall’abitazione all’ufficio e viceversa. Inoltre, nei redditi su cui si possono applicare detrazioni, deduzioni o altri benefici si conteranno anche quelli «assoggettati a imposte sostitutive». In sostanza chi gode degli sconti fiscali della cedolare secca sugli affitti, potrà aggiungere ad essi gli altri benefici. Dettagli che fanno l’insieme. Adesso il percorso va messo a terra.
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