2021-02-02
Inversione a U di Confindustria. Ora Gualtieri è diventato un genio
Carlo Bonomi (Getty images)
Dopo mesi di critiche ai giallorossi, l'endorsement di Carlo Bonomi spiazza gli associatiHa due volte destato stupore l'endorsement con cui il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha caldeggiato la permanenza del titolare dell'Economia, Roberto Gualtieri, in nome della stabilità («Non ci possiamo permettere cambiamenti in corsa» e la sua rimozione «sarebbe motivo di preoccupazione»). Una prima volta dal punto di vista formale: è assolutamente inconsueto che le parti sociali, nel pieno di una crisi, si mettano a esprimere sostegni personali a un ministro, impegnando un'organizzazione complessa e sfaccettata a favore di una singola figura politica. E una seconda volta dal punto di vista sostanziale, se si considera il record tutt'altro che brillante di Gualtieri alla guida del Mef, e ancor più le fiammeggianti dichiarazioni con cui Bonomi, per molti mesi, aveva criticamente commentato la gestione economica del governo. Per ciò che riguarda la prestazione di Gualtieri come ministro, parlano chiaro gli oltre 100 miliardi sciupati dall'inizio della crisi, prim'ancora dell'ultimo sforamento da 32 miliardi: uno stanziamento enorme e il cui impatto sull'economia reale è stato tuttavia impalpabile. Si pensi solo al ritardo e all'esiguità dei cosiddetti ristori. Ma è ancora più sconcertante la sottovalutazione dell'emergenza Covid, che a inizio marzo aveva indotto Gualtieri a suggerire uno scostamento di appena 3,6 miliardi: un ordine di grandezza risibile rispetto a ciò che sarebbe accaduto, a testimonianza di una totale incomprensione dello tsunami. Ancora il 24 marzo, Gualtieri si limitò a prevedere una contrazione del Pil «nel 2020 di qualche punto percentuale, grave ma gestibile e recuperabile». Quanto a Bonomi, non si contano i suoi - spesso assai motivati - attacchi al governo. Prima, durante e dopo la kermesse di Villa Pamphili, il capo degli industriali fu sferzante: «Mi sarei aspettato che il governo presentasse un piano ben preciso, dettagliato, con un cronoprogramma, ma questo piano non l'ho visto, sarei curioso di leggerlo». E ancora, non sono mancate bordate contro la cultura dirigista dei giallorossi: «C'è una propensione del pubblico a entrare come gestore. Basti vedere Alitalia e Ilva per capire i danni che questa mentalità ha prodotto». A fine maggio, Bonomi era stato ancora più pesante («Questa politica rischia di fare più danni del Covid»); mentre non si contano le critiche al Recovery plan. In autunno, poi, c'era stata una polemica efficace contro la mentalità assistenzialista del governo: «Non possiamo né vogliamo diventare un Sussidistan», sibilò il capo di Confindustria. E del resto, anche culturalmente, non si vede cosa possa unire uno sviluppista lombardo a un vecchio funzionario politico romano di scuola Pci. Resta dunque da capire cosa possa aver indotto il leader di Confindustria a questa singolare sortita. Dagospia ha ipotizzato che sia stato il capo di gabinetto di Gualtieri, il leggendario Luigi Carbone, a chiedere sostegno politico, inducendo Bonomi alla gaffe. Altri, ma al momento senza riscontri, ipotizzano sollecitazioni da rilevanti sedi politiche o addirittura da alte sedi istituzionali: del resto, le cronache di questi giorni testimoniano come il Quirinale abbia lasciato trapelare il desiderio di vedere confermati alcuni ministri. Non è dunque da escludere che anche Confindustria possa aver deciso di raccogliere e rilanciare questo suggerimento. Altri ancora cercano spiegazioni diverse: il tentativo di Confindustria di conquistare un credito politico rispetto ai giallorossi, o quello di Bonomi di cementare un rapporto con il titolare del Mef. Alla Verità risulta che anche il leader della Lega, Matteo Salvini, sia rimasto sorpreso, non certo in positivo, da questa inversione a U. È un sentimento condiviso da non pochi associati a Confindustria, che finora non hanno trovato risposte al loro sconcerto.