
I liberal alla Barack Obama promettevano di combattere le discriminazioni anagrafiche. Ora trattano Joe Biden da vecchio scimunito. È un ritorno alla realtà: le diversità saranno pure una ricchezza, ma fissano anche dei limiti oggettivi a ciò che ognuno può fare.È sempre suggestivo osservare gli effetti che il confronto con la bruta realtà provoca su politici e intellettuali. All’improvviso, vinti dalla necessità, costoro si esibiscono in funamboliche piroette e allucinanti testacoda. A tale proposito è emblematica la vicenda del povero (si fa per dire) Joe Biden. Il modo in cui viene trattato da qualche settimana - cioè da quando il suo deficit fisico e cognitivo è divenuto sostanzialmente innegabile - potrebbe rientrare alla perfezione nella definizione di «ageismo», cioè di discriminazione sulla base dell’età. Un tema, questo, che i progressisti statunitensi portano avanti da anni con grande enfasi, tanto da averne fatto materia di scontro politico. Quando Barack Obama si candidò nel 2008, per dire, promise solennemente di «combattere la discriminazione sul lavoro per i dipendenti anziani rafforzando l’Age discrimination in employment act e dando potere all’Equal employment opportunity commission per prevenire tutte le forme di discriminazione». Fu una promessa non esattamente rispettata, che Obama probabilmente avanzò per rispondere a chi lo accusava di ageismo. Il suo rivale, all’epoca, era John McCain, un pezzo d’uomo che tra le varie qualità non aveva certo la freschezza della gioventù. Ora, guarda un po’, Barack è il più spietato censore di Biden. È stato lui, dicono i giornali, ad aver autorizzato l’intemerata di George Clooney contro Joe, che viene accusato in sostanza di essere un vecchio rincoglionito. Basta una piccola ricerca sul sito del New York Times per trovare una robusta pila di articoli dedicati proprio al tema del razzismo su base anagrafica, e sui terribili danni che può causare alle persone. Eppure, senza pensarci due volte, il quotidiano portabandiera del pensiero liberal ha chiesto la testa di Biden in virtù della sua evidente bollitura. Beghe politiche a parte, la questione è molto seria. Non è sufficiente, infatti, rilevare l’incoerenza dem (che tanto ormai è proverbiale). Tocca andare un poco oltre e rivedere - con garbo ma con fermezza - l’intero discorso sulle discriminazioni. Il punto è: possiamo ripetere fin che vogliamo che le mancanze fisiche siano «un superpotere», come si usa dire nei ragionamenti politicamente corretti. Possiamo fingere che le differenze non esistano, e che la realtà sia solo un costrutto sociale. Poi, però, si manifestano i fatti. E i fatti sono che una modella obesa non è «bellissima», o magari lo è ma ha anche un bel problema di salute. Un bambino autistico non ha, appunto, un superpotere: ha una malattia di cui bisogna prendersi cura con attenzione, amore e rispetto, senza negarla o nasconderla dietro parole dolci (e ipocrite). Allo stesso modo, se si fa notare che un uomo anziano e disorientato non può operare come uno più giovane e lucido non si sta peccando di «ageismo»: si sta ribadendo una verità. Ora se ne rende conto pure la sinistra americana e occidentale, la quale ha rapidamente accantonato il buonismo e la melassa inclusiva non appena si è trovata a fare i conti con una probabile perdita di potere e di denaro. Ieri persino Michele Serra scriveva che «un candidato dem in buona salute, e di età energica, avrebbe permesso di puntare quasi tutti i riflettori su Trump, che è il vero problema, la vera anomalia, il vero scandalo delle elezioni del prossimo novembre. Un candidato inqualificabile che elettori disposti a tutto avrebbero votato a dispetto di qualunque evidenza di indegnità. Ma una fascia di incerti non piccola, anzi decisiva, magari qualche domanda sulla natura umana di Trump se la sarebbe fatta, se non fosse costretta a farsi domande sull’età di un gentiluomo non più nelle condizioni di battersi».Come è vero che la vecchiaia non è una colpa (e che per altro non tutti i coetanei di Biden sono nelle stesse condizioni, anzi) è anche vero che a ogni età e a ogni condizione fisica corrisponde una serie di possibilità. E le possibilità di Biden sono molto limitate. Così come chi scrive non può vincere un concorso come Mister Universo, Joe non può guidare una nazione. Fingere che non sia così - come hanno fatto per mesi e mesi i dem americani - è scorretto e pericoloso. Così come, più in generale, è scorretto e ingiusto nascondersi dietro il linguaggio cosiddetto inclusivo nella speranza di evitare la realtà. Contro gli eccessi della correttezza politica si schierano con determinazione pure molti disabili, fatto di cui sempre ieri proprio Repubblica ha dato conto, intervistando attivisti e autori «stanchi di definizioni generiche e mielose» riguardanti la disabilità. Tra questi Giovanni Fornaciari che dichiara: non si dice non vedente, «la definizione corretta è cieco». Non si tratta solo di evitare eufemismi ridicoli, ma di rimarcare attraverso la lingua una diversità. Che non significa minorità o patologia, ma differente attenzione nel rispetto e nella cura. Questa differenza sono tutti buoni a negarla e a occultarla, almeno fino a che non ne vengono direttamente toccati. O fino a che non ne va dei loro interessi. Come avviene negli Usa: di discriminazioni, ageismo e inclusione, statene certi, si tornerà a parlare a breve. Giusto il tempo di fare fuori Joe Rimba.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






