2024-07-07
L’intervista salvagente è un disastro. RimbamBiden continua ad affondare
Il candidato dem prova a rimediare al tragico duello con Donald Trump. Ma prima promette di batterlo «nel 2020» e poi ad Abc non è in grado di dire se ha rivisto il dibattito tv. Barack Obama e il partito ora vogliono defenestrarlo.Elezioni Iran: Massoud Pezeshkian supera al ballottaggio l’ultraconservatore Saeed Jalili con il 53%. Bassa l’affluenza (49,8%) in questa tornata, boicottata dai dissidenti. Vladimir Putin si congratula.Lo speciale contiene due articoli.Voleva rilanciare la sua candidatura e invece Joe Biden sta continuando a sprofondare nel baratro. Venerdì pomeriggio, durante un comizio in Wisconsin, il presidente ha confuso l’anno delle elezioni. «Sconfiggerò Donald Trump: lo batterò di nuovo nel 2020», ha dichiarato, per poi correggersi alcuni istanti più tardi. Non è andata meglio con l’intervista, trasmessa parzialmente l’altro ieri sera, che ha rilasciato ad Abc. Nonostante sia apparso leggermente più lucido del solito, Biden ha deluso le già magre aspettative in lui riposte. Minimizzando i sondaggi catastrofici che lo riguardano, il presidente ha confermato la volontà di non ritirarsi. «Credo che nessuno sia più qualificato di me per diventare presidente», ha detto, aggiungendo che solo «il Signore onnipotente» potrebbe convincerlo a fare un passo indietro. Inoltre, pur ammettendo la propria disastrosa performance televisiva durante il dibattito della scorsa settimana, ha negato di essere andato male a causa della scarsa lucidità mentale. «Ero esausto», ha dichiarato. «Ero malato, mi sentivo malissimo», ha aggiunto, riferendosi a un raffreddore. Tuttavia, quando il giornalista, George Stephanopoulos, gli ha chiesto se avesse rivisto il dibattito, il presidente ha replicato: «Non credo di averlo fatto, no». Una risposta ambigua: dobbiamo pensare che Biden non sia in grado di ricordare se ha rivisto o meno il confronto televisivo del 27 giugno scorso? Non solo. Il presidente ha anche glissato sulle sue condizioni di salute mentale. L’intervistatore gli ha chiesto se si sia sottoposto a un test per le malattie neurodegenerative. «No. Nessuno ha detto che dovevo farlo», ha risposto Biden. Incalzato, gli è stato anche chiesto se abbia intenzione di sostenere questo esame in futuro. «Ogni giorno faccio un test neurologico completo», ha replicato, riferendosi ai numerosi e rigorosi impegni quotidiani che l’incarico presidenziale comporta. Ciononostante, poche ore prima, il neurochirurgo Sanjay Gupta aveva detto alla Cnn che il presidente dovrebbe sottoporsi a un simile test: d’altronde, richieste in tal senso erano arrivate già nell’agosto del 2020. Ciononostante Biden si è sempre rifiutato e, nei referti medici pubblicati a novembre 2021, febbraio 2023 e febbraio 2024 non è stato incluso alcun esame di quel genere. Eppure attenzione. Ieri, il New York Post, basandosi sui registri delle visite della Casa Bianca, ha rivelato che, lo scorso 17 gennaio, si è tenuto un incontro, alla Casa Bianca stessa, tra il medico di Biden, Kevin O'Connor, e Kevin Cannard: importante neurologo ed esperto del morbo di Parkinson che lavora presso il Walter reed national military medical center. La domanda è allora lecita. Non è che, per caso, si è verificato qualche insabbiamento sulle condizioni di salute del presidente? D’altronde, per fugare dubbi e preoccupazioni, basterebbe che quest’ultimo si decidesse a sottoporsi a un test cognitivo. Per quale ragione continua a rifiutarsi di farlo? Insomma, anziché rilanciare la sua candidatura, l’intervista rischia di affondarla definitivamente. Un uomo vicinissimo a Barack Obama come David Axelrod ha criticato le parole di Biden alla Abc, accusando il presidente di essere «pericolosamente fuori dal mondo rispetto alle preoccupazioni che la gente ha sulle sue capacità di andare avanti e sulla sua posizione in questa corsa». Anche un altro ex consigliere di Obama, Van Jones, ha detto che, durante l’intervista, il presidente è apparso «distaccato dalla realtà». A lamentarsi delle parole di Biden ad Abc sono inoltre stati, secondo Politico, vari parlamentari e strateghi dem dietro anonimato. Dopo l’intervista, anche il famoso sondaggista Nate Silver ha invocato un passo indietro del presidente. D’altronde, la stessa Cnn ha titolato: «L'intervista di Biden alla Abc non fa nulla per placare la crisi esistenziale che circonda la sua campagna». Anche Donald Trump ieri ha criticato il presidente, chiedendogli sarcasticamente di restare in corsa. «Sleepy Joe dovrebbe continuare la sua campagna di distruzione americana e rendere di nuovo grande la Cina!», ha affermato il candidato repubblicano. Nel frattempo, sono diventati cinque i deputati dem a chiedere apertamente al presidente di farsi da parte: gli ultimi due, in ordine di tempo, sono stati Mike Quigley, venerdì sera, e Angie Craig, ieri mattina. La stessa governatrice democratica del Massachusetts, Maura Healey, ha dichiarato che Biden dovrebbe «valutare attentamente» l’ipotesi di un passo indietro. Tra l’altro, secondo il Washington Post, il senatore dem Mark Warner starebbe coinvolgendo alcuni colleghi per spingere il presidente a ritirarsi. Come se non bastasse, Fox News ha rivelato che oggi il leader dei dem alla Camera, Hakeem Jeffries, terrà un incontro virtuale con i principali deputati dell’Asinello per parlare del destino di Biden. Senza trascurare che, qualche ora prima dell’intervista, Bloomberg News riportava come vari funzionari europei e alleati della Nato avessero espresso l’auspicio di un passo indietro dell’inquilino della Casa Bianca. Continua intanto il braccio di ferro di Jill e Hunter Biden con Obama: se i primi due non ne vogliono sapere di un siluramento, l’ex presidente dem sta spingendo invece in quella direzione. Obama punta a una crisi pilotata, ma non è tuttavia detto gli riesca, visto che, in sede di Convention aperta, l’ala più a sinistra del Partito democratico potrebbe decidere di dare battaglia, contestando i desiderata dall’establishment. Dall’altra parte, nonostante la catastrofe sondaggistica, un passo indietro di Biden si rivelerebbe assai rischioso: nessun presidente rieleggibile si è infatti mai ritirato a pochi giorni dalla data delle elezioni.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/intervista-salvagente-disastro-biden-affondare-2668695318.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="liran-sceglie-un-leader-riformista" data-post-id="2668695318" data-published-at="1720290238" data-use-pagination="False"> L’Iran sceglie un leader riformista Da ieri l’Iran ha un nuovo presidente: è il riformista Massoud Pezeshkian, medico cardiochirurgo ed ex ministro della Sanità, eletto con il 53% dei voti al secondo turno dove ha superato il candidato ultraconservatore Saeed Jalili. Il ballottaggio, così come il primo turno del 28 giugno, è stato caratterizzato da un’affluenza in forte calo, complici i numerosi appelli degli attivisti, compresi quelli in carcere, volti al boicottaggio delle elezioni. Su tutti Hossein Ronaghi, uno dei volti più noti delle proteste scoppiate in Iran nel 2022, che in un video su Instagram ha definito questa tornata elettorale un «teatrino ridicolo e finto». Il blogger ha inoltre spiegato che «la bassa partecipazione è stata una scelta potente delle persone per un cambiamento nel sistema ed è un’espressione di solidarietà per raggiungere la democrazia e la libertà». Un boicottaggio che ha avuto nei social network lo strumento utile per far da cassa di risonanza, con l’hashtag #ElectionCircus, riferimento a non votare, tra i più diffusi su X. Stando ai dati comunicati dalle autorità iraniane si calcola che hanno votato circa 30.530.157 aventi diritto su 61.452.321, con un’affluenza pari quindi al 49,8% e oltre 600.000 schede nulle. Pezeshkian va così a colmare quel vuoto di potere nel regime degli Ayatollah che si era venuto a creare lo scorso 19 maggio dopo la morte in un incidente in elicottero dell’ex presidente Ebrahim Raisi, motivo per cui sono state indette le elezioni anticipate rispetto alla naturale scadenza della precedente legislatura. La vittoria di Pezeshkian giunge in un momento storico tutt'altro che banale per la Repubblica islamica, non solo alle prese con il malcontento popolare diffuso e alimentato da anni di repressione di qualsiasi forma di dissenso, ma anche dal punto di vista economico e geopolitico, con Teheran che deve fare ancora i conti con le pesanti sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall’Unione europea, la crisi regionale con il conflitto tra Israele e Hamas che vede coinvolto di riflesso lo stesso Iran, e la questione relativa al programma di sviluppo nucleare. Il nuovo presidente, che in campagna elettorale aveva promesso aperture sui diritti umani e la ripresa del dialogo con l’Occidente per far riemergere l’Iran dall’isolamento internazionale, nel suo primo discorso dopo l’elezione ha usato parole al miele nei confronti del popolo: «Tenderemo la mano dell’amicizia a tutti. Ci sarà bisogno di tutti per il progresso del Paese». Le intenzioni sono buone, ma ora la palla dovrà passare ai fatti. Secondo molti analisti, però, il cambio al governo non significherà grossi cambiamenti. Non a caso, la guida suprema Ali Khamenei ha già avvertito Pezeshkian che si insedierà tra il 22 luglio e il 5 agosto, che il nuovo esecutivo dovrà proseguire nel solco di Raisi: «Consiglio al dottor Pezeshkian di confidare in Dio misericordioso, di guardare a orizzonti alti e chiari e di continuare il cammino del martire Raisi, avvalendosi delle abbondanti capacità del Paese, soprattutto di giovani, rivoluzionari e fedeli risorse». Tra i primi leader mondiali a congratularsi con il neo presidente iraniano non poteva che esserci Vladimir Putin. Lo zar ha mostrato ancora una volta la sua abilità nel muoversi all’interno dello scacchiere internazionale recapitando a Pezeshkian, stando a quanto riportato dall’agenzia di stampa russa Tass, un messaggio in cui confida la speranza di «rafforzare la cooperazione con Teheran su tutti i piani, compresa la sicurezza regionale».
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