2025-09-15
        Cruciani: «Sinistra e sigle Lgbt rivelano la loro natura intollerante»
    
 
Il giornalista: «In tv l’intellighenzia progressista mostrifica la vittima. Bisognerebbe scendere in piazza in difesa del libero pensiero: vedremmo chi davvero vuole il dialogo».Giuseppe Cruciani che cosa ti ha colpito delle reazioni alla morte di Charlie Kirk?«Mi ha colpito subito la mostrificazione di Kirk fatta da alcune frange della sinistra, anche moderata, e dall’intellighenzia progressista della tv e della comunicazione. E poi mi ha colpito la reazione, soprattutto sui social, di associazioni Lgbtq e simili. Mi ha colpito appunto la mostrificazione dell’avversario, l’assoluta assenza di pietà. Non che avere pietà sia un obbligo, ma in questo caso, anche di fronte alla morte, non hanno perso occasione per dimostrare quello che sono in realtà, cioè intolleranti».A sentire certi commenti sembra che Kirk se la sia cercata...«Dicono che Kirk era un intollerante e per questo si sarebbe in qualche modo meritato la morte per via delle sue posizioni, ma in realtà gli intolleranti sono loro, perché ovviamente mostrificano l’avversario anche quando è sottoterra. Già prima lo avevano trasformato in un mostro e oggi dicono: “Non era uno che promuoveva il libero dibattito, non era uno che promuoveva la discussione democratica, ma era uno che odiava, che promuoveva l’odio”. Quando tu dici che promuoveva l’odio è evidente che poi ci può essere qualcuno che si alza la mattina e pensa di spegnere quest’odio attraverso una pallottola...».Già. Dicono che fosse un fomentatore di odio, proprio come lo dicono Trump. Dunque avrebbe contribuito a creare un clima violento...«Ma questo non è un discorso sensato, è un discorso aberrante. La cosa più rilevante di Kirk non erano tanto le sue posizioni che possono essere ovviamente discutibili, è il modo in cui si poneva, è il modo in cui le affrontava, il modo in cui le dispiegava. Certo guadagnandoci anche un sacco di soldi, per carità: format televisivi, donazioni, visualizzazioni... Ma questo fa parte del gioco della democrazia. Lui aveva un approccio dialogante, si faceva prendere in giro, si faceva attaccare, cercava la dialettica, cercava di smontare pezzo per pezzo le argomentazioni dell’avversario, affrontava con il proprio corpo, si potrebbe dire con il proprio sangue alla fine, le persone che erano considerate i suoi avversari politici. Non si nascondeva dietro parole rotonde, arrivava al punto. Diceva io sono cristiano, sono conservatore, credo in alcuni principi, e però accettava il resto, il diverso. Oggi prendere delle singole frasi che lui ha detto, spesso provocatorie, trasformarle in una specie di clava nei suoi confronti è ancora più vergognoso».Questa ricerca del confronto è tra le lezioni più importanti di Kirk. Anche perché qui da noi sembra che un confronto vero non si riesca o non si possa fare. C’è sempre qualcuno che si ritiene moralmente superiore. Che ne pensi?«È proprio così, in Italia chi ha posizioni come quelle di Kirk e vuole confrontarsi con i suoi avversari trova grandi difficoltà perché non ti riconoscono come interlocutore, non ti riconoscono come un essere umano e dunque è molto complicato confrontarsi. Ti dicono che sei al servizio di questo, ti dicono che fai schifo, ti dicono che hai detto questo, che hai detto quest’altro, che hai sostenuto quella posizione e poi magari prendono semplicemente dei pezzi della tua vita e te li buttano in faccia, dei pezzi di cose che hai detto. Qui in Italia siamo a compartimenti stagni, soprattutto a sinistra ovviamente, manca la capacità del confronto. Un format come quello di Kirk sarebbe impossibile da fare, tipo Surrounded: lui circondato da 25 progressisti che lo attaccano».Perché impossibile?«Semplicemente perché i progressisti non vengono, perché ti hanno già bollato, classificato come mostro fuori dall’umanità, fuori dal consesso civile e dunque non ti vogliono riconoscere un ruolo nella società: ti considerano semplicemente un propagandista. Quando dicono di Kirk “era un propagandista di Trump”, “era un negazionista del cambiamento climatico”, come se fosse un’onta, o “era un negazionista del Covid” (e lo hanno fatto anche i titoli di alcuni giornali mainstream), è perché lo vogliono bollare come impresentabile, come incivile, come una persona con cui non avere nulla a che fare, figuriamoci confrontarsi».Per tutti questi motivi, secondo te, dopo la morte di Charlie, sarebbe opportuna una grande manifestazione a favore della libertà di pensiero, aperta a tutti i partiti?«Sarebbe una grandissima iniziativa a cui parteciperei volentieri e in cui bisognerebbe chiamare a raccolta soprattutto movimenti di sinistra, e vedremo se accetteranno. Una volta la sinistra era per la tolleranza, per l’apertura, per il dialogo. Oggi invece i movimenti di sinistra - ma anche la sinistra tradizionale, anche la sinistra politica - sono ancorati al disprezzo per le idee altrui. Sono impegnati a classificare gli altri come omofobi, come razzisti, come pezzi di merda, come infami, come pericolosi, e dunque dubito che qualcuno alla fine parteciperebbe a una manifestazione simile. Ci sarebbe sicuramente qualche eccezione, per carità. In ogni caso sarebbe sicuramente una grande iniziativa, una cartina di tornasole capace di mostrare chi oggi è aperto al dialogo e chi invece lo rifiuta».Ma da dove nasce secondo te questo disprezzo per gli avversari che si vede così spesso a sinistra?«Non so da dove nasca esattamente. Forse nasce dal dopoguerra italiano, nasce dal fatto che il pensiero conservatore, liberale, in Italia dal punto di vista culturale è stato sempre considerato dalla sinistra qualcosa di poco importante o comunque di spregevole, colluso con i poteri, con le mafie addirittura, colluso con altri interessi. Ma soprattutto nasce dal fatto che l’occupazione del potere culturale in Italia, dalla televisione pubblica alle università, è stato appannaggio soprattutto della sinistra, per cui qualsiasi cosa esca da un mondo che non è il loro (soprattutto poi se il mondo è quello della destra tradizionale) è considerato uno schifo, qualcosa di repellente. Ma è solo una questione di occupazione del potere, non c’è nient’altro».Una cosa colpisce: perché dopo l'attentato a Charlie Hebdo erano tutti Charlie, ma questo non vale per Charlie Kirk?«Guarda che non è così vero. Non è vero che erano tutti Charlie Hebdo, perché anche lì qualcuno diceva che se l’erano cercata. La stessa cosa avviene adesso: qualcuno esplicitamente lo dice che Kirk se l’è cercata, non solo nei meandri dell’Internet e tra le persone che stanno su Instagram o tra i militanti di qualche associazione estremista Lgbt. Ma anche autorevoli professori o giornalisti sostengono sostanzialmente che siccome lui propagandava l’odio allora in qualche modo gli hanno reso pan per focaccia. In realtà anche con Charlie Hebdo non c’era questa unanimità. Qualcuno pensava che disturbare i musulmani o in qualche modo fare ironia su un Maometto fosse sbagliato. Lo dicevano in tanti, non è che lo dicevano solamente gli islamisti, lo dicevano anche progressisti europei, conservatori europei in parte. Per cui come non erano tutti Charlie Hebdo, sicuramente adesso ancora di meno sono tutti Charlie Kirk. Pochi sono Charlie».
        Luciana Littizzetto (Getty Images)
    
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