2025-06-19
Gaia Vitolo: «I successi Wp store nascono dalla ricerca»
Gaia e Carlotta Vitolo (Giacomo Maestri)
La rappresentante della terza generazione della famiglia che ha creato il gruppo di abbigliamento d’avanguardia, fra i protagonisti del Pitti uomo: «Ho una passione smodata per l’artigianato. Attraverso il progetto Relais puntiamo anche sull’ospitalità».Il là lo ha dato Giuseppe Calori nel 1982, la sinfonia l’ha proseguita la figlia Cristina, presidente del gruppo che nel 1985 aprì il primo Wp store a Bologna, «un contenitore di sogni», dove trovare brand sconosciuti e marchi di ricerca. Quarant’anni di successi, di avanguardia, di acquisizioni tanto da vantare nomi in portafoglio come Avon Celli, Barbour, Baracuta, B.D. baggies, Blundstone, Filson spiewak (marchio americano oggi prodotto da Itochu), tra i più gettonati di Pitti. Ne parliamo con Gaia Vitolo, figlia di Cristina, che con la sorella Carlotta rappresenta la terza generazione. Com’è stato crescere in una famiglia dove l’innovazione e la ricerca di qualità sono sempre state al centro? «Il vero leitmotiv è sempre stata la parola ricerca. Tutto ha sempre ruotato intorno a quello. Dai grandi viaggio oltreoceano per cercare nuovi marchi o capi da archiviare fino a un robivecchi o un mercatino. Diventa uno stile di vita che ho sempre portato avanti e cerco di trasmetterlo ai miei figli».Qual è il primo ricordo che la lega a Wp?«I magazzini pieni di ceste con migliaia di oggetti e capi spesso mai visti appena arrivati per la vendita nei Wp. Ma anche il fabuchi, quello strumento per fare i buchi nei fogli da raccoglitore, senza saperlo era un modo per conoscere chi ci lavorava». Oggi ricopre un ruolo chiave in Wp, tra la cura degli archivi e la direzione creativa degli store. Come ha fatto sua l’eredità di sua madre, Cristina Calori, e in che modo sta reinterpretando il marchio?«I pilastri su cui baso il mio lavoro sono frutto dell’eredità che mi è stata trasmessa: la ricerca, che è quel famoso leitmotiv di cui parlavo prima e il tentativo di comunicare un progetto, un’idea con un percorso mentale differente, in modo non convenzionale prendendo spunto da come si è sempre fatto in Wp. Per ultimo la passione smodata per la figura dell’artigiano. Sono costantemente alla ricerca di quelle figure che ti parlano di un ritmo lento, altri principi e attraverso i loro gesti e quello che realizzano parlano dello spirito del luogo in cui vivono. Un esempio : il pescatore di Santa Maria di Leuca che ci realizza i cesti con la tecnica delle nasse o una signora ottantacinquenne di Formentera che ci realizza i maglioni a righe con la lana, in parte delle pecore dell’isola».Gli archivi Wp - sia quello dei capi sia quello dei mobili - sono una vera e propria miniera di storia e stile. Come li cura e quali criteri usa per conservarli e farli vivere nel presente?«Tutto parte da una ricerca perpetua , incessante. La ricerca di nuovi capi e nuovi oggetti è per me una pratica quotidiana: la parte che preferisco del mio lavoro. Poi arrivano gli artigiani che in un caso mi reinterpretano capi che prelevo dall’archivio e che trasformo con l’utilizzo di stoffe , bottoni e altri dettagli sempre recuperati. Nell’altro caso, abbiamo un gruppo di artigiani Wp che lavorano in uno spazio adiacente agli archivi dei mobili e che ogni giorno sistemavano, trasformano e dipingono mobili che selezioniamo per un negozio, uno showroom, una vetrina o un Wp relais. Questo è il nostro modo di far rivivere le cose: nulla è da buttare grazie alle mani esperte del nostro team, che va oltre le nostre aspettative».In un’epoca in cui il consumo è spesso veloce e superficiale, il suo approccio alla moda sembra andare in controtendenza. Che valore ha per lei il tempo, nella ricerca di un capo o di un oggetto?«Mi piace focalizzarmi sul fatto che sempre più generazioni e con loro altri marchi di moda si affacciano ai concetti di recupero: che sia un capo, un mobile o un oggetto. Non mi sono mai dovuta adattare a nessuna moda o nuova esigenza della società! Il tempo investito nella ricerca è indispensabile e mai superfluo: nutre e riempie il contenitore della creatività che a forza di essere impiegata va in rosso». Oltre alla moda, si occupa anche del Wp relais, un progetto legato all’ospitalità. Come nasce questa estensione dell’identità Wp e che tipo di esperienza volete offrire a chi vi sceglie?«La ricerca riguarda ambiti infiniti. Mi occupo di questo progetto con mia sorella Carlotta e il mio compagno. Per raccontare come si intreccia la nostra storia di famiglia con la passione posso raccontare due brevi episodi. Carlotta scoprì che Babbo natale aveva “vesti familiari” da quando dietro al biglietto di auguri trovò una planimetria di qualche appartamento che in quel momento Cristina, nostra mamma, stava prendendo in considerazione per un possibile progetto. Carlotta, direi a 4 anni, invece di disegnare la casetta con i cipressi tra le montagne disegnava sì case ma in planimetria. Questo per dire che la passione per l’arredamento e l’immobiliare in generale si è respirata in famiglia dagli albori».Guardando al futuro, come immagina l’evoluzione di Wp e il suo ruolo all’interno dell’azienda nei prossimi anni? Ci sono nuovi progetti?«Ultimamente mi sto appassionando molto ai progetti con le università di moda e non solo. Questo è il mio ruolo a breve termine: un collante tra le università e l’azienda Wp. Collaborare con professori e studenti mi apre la mente su temi che per abitudine rimangono inesplorati o invariati. A lungo termine sicuramente un ruolo legato alla direzione creativa è il ruolo che a oggi mi è più calzante».
L'Assemblea Nazionale Francese (Ansa)
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