
L'ex premier sostiene di non aver comprato nessuna «villa faraonica». Sarà, ma non molti italiani possono permettersi abitazioni da 1,3 milioni. Nega d'avere a che fare con l'aereo di Stato, però i voli erano pronti per lui.Come fa Matteo Renzi a neutralizzare le presunte fake news contro di lui? Sparandone altre. Le bufale le produce in casa, anzi nella stanzetta del Senato che usa come studio tv per le sue dirette Facebook. Mercoledì, Matteo, in attesa di concludere l'acquisto da 1,3 milioni di euro della sua nuova magione di via Tacca a Firenze, si è scagliato contro la falsa notizia «sulle ville faraoniche che avrei acquistato». Forse non sarà faraonica, ma certo non è alla portata di tutti e non lo era neppure alla sua, sino a quando non è diventato premier. In ogni caso il trasloco è quasi pronto e la caparra da 400.000 euro in assegni circolari versata. Ma passiamo a un'altra fake news di cui si lamenta colui che a scuola aveva meritato il soprannome di «Bomba» per il suo gusto dell'iperbole.L'ex segretario Pd se l'è presa con il mattacchione che su Internet ha pubblicato la foto di un vitellone sulla quarantina corredata da questa didascalia: «Lui è Gianni Renzi fratello ed ex portaborse di Matteo Renzi. 53.000 euro al mese. Assenteista fa la bella vita alle spalle degli italiani. Condividi se sei indignato». Il guaio non è che 40.000 persone abbiano condiviso questo post, ma che lo abbiano ritenuto verosimile. E la colpa di questo, probabilmente, non è loro, ma di Matteo e della sua famiglia pasticciona. Però a far inalberare il «senatore semplice» fiorentino è soprattutto il tormentone sul cosiddetto Air Force Renzi, anche perché due giorni fa è uscito l'ultimo informato articolo sulla cifra spropositata costata allo Stato italiano. Secondo Il Fatto Quotidiano il valore del contratto firmato dal governo Renzi valeva 144 milioni di euro, di cui circa 70 necessari per il leasing, il restante per le altre spese, dalla manutenzione al ricovero, all'addestramento dei piloti. Per fortuna sono rimasti sulla carta i 20 milioni che erano stati previsti per la riconfigurazione Vip del jet, voluta da Renzi, ma messa in soffitta dopo la sua sconfitta. Nel 2018 Matteo sembra essersi pentito per quell'investimento e lo denuncia come la madre di tutte le bufale sul suo conto. Per questo, durante la diretta Facebook, ha estratto a sorpresa la riproduzione in miniatura del velivolo e l'ha fatta atterrare sulla scrivania. «Questo modellino ci ricorda una delle più grandi fake news» ha ribadito. «Io su questo aereo, su quello vero, non ci sono mai salito perché è un aereo a disposizione della Repubblica italiana per le missioni internazionali. Spero che il ministero dello Sviluppo economico continui a fare le missioni all'estero come avevamo iniziato a fare prima» ha protestato. In realtà Renzi sul A340 non ha avuto tempo di salirci, perché gli italiani lo hanno rispedito a casa con i loro No al referendum del 4 dicembre 2016. Pochi giorni prima di quella votazione spiegammo ai lettori perché l'allora premier non fosse mai salito in cielo con quel mastodonte: l'Airbus 340 «langue dentro a un hangar dell'Alitalia a Fiumicino» scrivemmo. «A quanto risulta alla Verità ha effettuato solo qualche volo di prova, visto che i piloti del 31° Stormo dell'aeronautica militare non erano abilitati a pilotare questo velivolo. Si vocifera che abbia trasportato anche qualche sottosegretario-cavia, ma non il presidente». Quindi aggiungemmo: «Non darebbe ancora sufficienti garanzie di affidabilità». A fine agosto 2016 era pronto per trasportare il premier Renzi e la sua corte in Cina, ma all'ultimo il Servizio voli di Stato della presidenza del Consiglio cambiò programma e in aeroporto giunse questa mail: «A parziale modifica di quanto richiesto il 22 agosto (…) si richiede di porre in essere tutte le predisposizioni affinché l'Airbus 340 (…) sia preparato quale velivolo di riserva per l'effettuazione dell'eventuale missione per il giorno 2 settembre. Nel medesimo giorno il velivolo sarà impegnato in un volo addestrativo». L'Airbus 340 venne declassato in extremis a riserva. Si verificò lo stesso cambio di piano anche alla vigilia della strombazzatissima visita alla Casa Bianca di Renzi e del suo entourage, uno spottone offerto da Barack Obama in vista del referendum. L'Air force Renzi il 16 ottobre 2016 era pronto a partire, ma il giorno successivo gli venne preferito l'A319. Il 16 la Polizia di frontiera in un report destinato alla presidenza del Consiglio e a tutte le autorità competenti comunicava quanto segue: «Si rende noto che alle 11:45 del 17 ottobre 2016 partirà da questo scalo aereo con il volo speciale Iam3130 (A 340 500 Italy) dell'aeronautica militare italiana diretta a Washington Dc, via Pisa, il presidente del Consiglio dei ministri. La personalità farà rientro alle ore 7:45 del 20 ottobre con il volo Iam 3130». Le stesse informazioni ufficiali vennero diffuse dalla società Aeroporti di Roma. Dal dispaccio si apprendeva che insieme con Renzi e la moglie Agnese Landini c'erano almeno altri 9 passeggeri, tra cui il presidente dell'Anac Raffaele Cantone, il capo segreteria tecnica Benedetto Zacchiroli (lo stesso con cui Renzi è volato su un jet privato a inizio giugno Washington per la commemorazione di Bob Kennedy), il consigliere del presidente Giuliano Da Empoli, Eleonora Chierichetti, la segretaria particolare di Luca Lotti originaria di Rignano sull'Arno. Previsti a bordo anche il «dott. Roberto Benigni, attore» e la sig.ra Nicoletta Braschi «consorte».Ma all'ultimo l'Air force Renzi non partì e venne sostituito dall'Airbus 319 che appare nelle foto ufficiali dell'atterraggio in terra statunitense. Furono problemi tecnici o questioni di opportunità mediatica (le polemiche sull'acquisto del jet erano già esplose) a far optare Palazzo Chigi per il cambio di programma? Non abbiamo la risposta, ma è certo che quell'aereo era stato acquistato innanzitutto per le trasferte del premier. E quindi il fu Rottamatore farebbe bene a non usare l'Airbus 340 come paradigma di bufala. Come dovrebbe risparmiarsi un altro suo cavallo di battaglia, quello sull'inchiesta Consip. Nella sua ultima diretta Facebook ha collegato le «false notizie» alle «false prove» e ha citato senza citarlo il maggiore dei carabinieri Gianpaolo Scafarto, definito da Renzi «il principale accusato di aver fabbricato prove false contro di me e contro la mia famiglia». Ma l'ex premier non ha ricordato ai suoi (pochi) spettatori che il Tribunale del Riesame e la Suprema Corte di Cassazione hanno clamorosamente ridimensionato le contestazioni della Procura di Roma contro l'ufficiale, declassandole a errori non dolosi. Alla fine della diretta Matteo ha aggiunto: «Un vecchio senatore diceva: “A pensar male si fa peccato"». Appunto.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
iStock
In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






