2021-04-20
Inps cieco sui redditi di cittadinanza truffa
Il procuratore a capo dell'inchiesta di Genova sul Rdc incassato illegalmente da centinaia di stranieri: «Quasi tutte le segnalazioni arrivano dalla Finanza». Ma i controlli spetterebbero ai Comuni e all'ente di previdenza. Lo scandalo rischia di travolgere il M5s.Lo spietato giudizio che si ricava dal fenomeno dei furbetti del reddito di cittadinanza fotografato dall'inchiesta del procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati e della Guardia di finanza si abbatte oltre che sull'Inps, anche sui Comuni, dai quali non arrivano denunce. È lì che sembra incepparsi il meccanismo che piazza su una graticola incandescente il presidente dell'Inps Pasquale Tridico e gli ufficiali comunali dell'anagrafe. Da Inps e Comuni sono arrivate comunicazioni sui furbetti? «Le segnalazioni», spiega il procuratore aggiunto, «arrivano quasi tutte dalla Guardia di finanza, che verifica e cerca di individuare chi ha avuto accesso alla misura indebitamente».Perché non è solo il sistema dei controlli che sembra essere stato organizzato come se si volesse arginare un fiume in piena con un semplice colapasta. Anche il secondo step, quello della segnalazione all'autorità giudiziaria, stando all'inchiesta genovese, sembra essere stato demandato esclusivamente alle Fiamme gialle. E, così, in Procura a Genova i fascicoli sui furbetti crescono a vista d'occhio. A marzo si parla di oltre 250 persone sotto inchiesta, che adesso sarebbero raddoppiate, visto che solo negli ultimi quattro mesi sono arrivate almeno 250 nuove segnalazioni e altre 500 posizioni sarebbero al vaglio degli investigatori. Numeri che trasformano in una Caporetto la misura voluta dai pentastellati. Gli artifizi e raggiri, spiega chi indaga, consistono nelle false dichiarazioni presentate all'Inps: «A volte si tratta di omissioni sui redditi percepiti, in altri casi si riscontrano precedenti penali non dichiarati e un numero consistente di verifiche riguarda false attestazioni di residenza». Eppure i controlli, almeno in teoria, non spetterebbero alla Guardia di finanza, ma ai Comuni. Il rispetto dei requisiti di residenza previsti dalla normativa, in base a un accordo approvato a luglio 2019 deve essere verificato entro 30 giorni e «le risultanze delle verifiche anagrafiche nel Comune di ultima residenza sono comunicate […] alla piattaforma digitale per il cui tramite sono rese disponibili all'Inps». La piattaforma che dovrebbe essere usata per i controlli è la Gepi, acronimo di Gestione patti per l'inclusione sociale, sviluppata dal ministero del Lavoro che le ha dedicato una pagina sul suo sito web ed evidenzia proprio che la piattaforma «serve, inoltre, per lo scambio di dati tra l'Inps e i Comuni, necessari a effettuare i controlli sui requisiti e restituirne l'esito all'Inps». Sulla carta Gepi prevede anche controlli approfonditi, con una funzionalità che permette al Comune di ultima residenza di mettere in moto, attraverso altri Comuni, una verifica a ritroso. Ma quali sono i parametri non rispettati nelle centinaia di casi del capoluogo ligure? Essere stati residenti in Italia per almeno dieci anni, di cui gli ultimi due continuativi. Dagli accertamenti svolti dagli inquirenti è però emerso che, contrariamente a quanto dichiarato con autocertificazione, il primo ingresso registrato in Italia per gli indagati risulta in epoca più recente. Un requisito che sarebbe dovuto emergere tramite i controlli comunali. Nel frattempo la Procura cerca di arginare la fuga dei soldi percepiti indebitamente: «Finora non abbiamo disposto misure personali ma ci sono state misure reali», sottolinea il procuratore aggiunto Miniati, «ovvero, quando abbiamo gli elementi per sostenere che sono stati percepiti contributi non dovuti cerchiamo di recuperarli, con tutte le difficoltà del caso». I soldi, infatti, spariscono velocemente dai conti correnti. E in molti casi i furbetti trasferiscono subito i contanti nel loro Paese di origine, rendendo vani i tentativi di recupero. Per quanto riguarda gli stranieri, poi, l'inchiesta si è concentrata anche su un Caf del centro storico genovese dal quale sarebbe partita la maggior parte delle domande. Il procuratore aggiunto è molto abbottonato su questo dettaglio. E parla di «accertamenti in corso». Ma da indiscrezioni pare che l'indagine sia già a buon punto e che sia andata ben oltre l'iscrizione nel registro degli indagati. Un aspetto delicato, che apre un altro fronte, come viene sottolineato dal procuratore Francesco Cozzi: «Bisogna capire se questa tipologia di richiedenti era in grado di capire quello che dichiarava. Qui si presenta il problema dei Caf, che non hanno un potere o un dovere di controllo». Un vuoto legislativo che potrebbe aver permesso a qualche suggeritore di indicare ai richiedenti cosa inserire nelle domande per ottenere il risultato. E anche se per ora non ci sono procedimenti definiti con una sentenza, presto, per una prima nutrita schiera di indagati, potrebbero partire le prime richieste di rinvio a giudizio. «Non è che Genova ha deciso di aprire un maxi procedimento sul reddito di cittadinanza», spiega Miniati, «ma si è verificato questo fenomeno, con centinaia di segnalazioni che arrivano dalla Guardia di finanza. Sono convinto, però», afferma il magistrato, «che questa stessa situazione si stia verificando in tantissime altre Procure». Se la profezia di Miniati dovesse avverarsi, la debacle del provvedimento simbolo del Movimento 5 stelle finirebbe probabilmente con il travolgere anche l'altra loro bandiera, quella di baluardi della legalità.