2020-12-03
Il reddito di cittadinanza finisce ai terroristi
Due nordafricani, oltre a percepire indebitamente l'assegno tanto caro al M5s, spartivano con un jihadista in lista nera il denaro sottratto ai contribuenti italiani. E per farlo usavano i money transfer, a cui la sinistra vuole togliere le tasse messe dalla Lega. Hanno adottato un foreign fighter a distanza. Dall'Italia, due tunisini di 33 e 50 anni gli spedivano una parte del loro reddito di cittadinanza tramite un money transfer. Fino allo scorso aprile i soldi arrivavano a uno jihadista iscritto nelle liste antiterrorismo del Belgio e localizzato in Tunisia. I movimenti «anomali» di denaro partivano da Ferrara, città nella quale risiedevano i due. E non sono sfuggiti alle attività antiriciclaggio della Guardia di finanza. Il Gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata del nucleo di polizia economico-finanziaria di Bologna ha subito elaborato una segnalazione per la Procura (l'inchiesta è stata coordinata dal pm bolognese Antonio Gustapane) dettagliando i profili dei due mittenti e anche quello del destinatario. Dall'analisi dei flussi dei conti correnti bancari e grazie al ricorso agli strumenti di cooperazione internazionale messi a disposizione dall'Europol attraverso il Terrorism finance tracking program, sono emerse subito le connessioni dei due tunisini con il connazionale segnalato per terrorismo. Intercettazioni, appostamenti, pedinamenti e perquisizioni hanno arricchito il quadro probatorio. I due tunisini sono stati denunciati oltre che per l'indebita percezione del reddito di cittadinanza, anche per il reato di invasione di edifici, perché dal 2011 occupavano un alloggio popolare al quale era stata forzata la serratura. Il trentatreenne, poi, alloggiava in subaffitto, versando anche un canone mensile. I due, insomma, pur non avendo un regolare contratto di affitto, erano riusciti a ottenere il reddito di cittadinanza. Le indagini finalizzate anche all'individuazione delle fonti reddituali dei due indagati hanno permesso di accertare che i due stranieri hanno percepito in modo indebito il reddito di cittadinanza. Valore incassato: circa 12.000 euro. Parte dei quali sono finiti nelle casse della causa jihadista. Il cinquantenne aveva anche lasciato l'Italia e per un po' ha vissuto in Francia dove, come rivelato da alcune buste paga recuperate dalle Fiamme gialle, ha lavorato in alcuni cantieri edili, percependo circa 10.000 euro. Il connazionale, invece, ha lavorato in nero. E nella compilazione dei moduli ha dichiarato di avere figli a carico, residenti con lui, che in realtà non hanno mai varcato il confine tunisino.«Sul reddito di cittadinanza avevamo letto di tutto. Percepito da mafiosi, brigatisti, pessimi elementi appartenenti o meno ad associazioni malavitose e adesso perfino il peggior terrorismo internazionale degli ultimi anni, che tanti lutti e tragedie ha causato in Europa e nel mondo. Cos'altro deve succedere perché si ponga fine a questa vergogna?», ha commentato il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri. La misura voluta dai pentastellati è stata definita una «manna per delinquenti» dal capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera Francesco Lollobrigida, che ritiene questa dinamica «un pericolo per gli italiani». E dopo i furbetti, i mafiosi, gli usurai e ora anche i terroristi col reddito di cittadinanza, anche dalla maggioranza c'è qualcuno che comincia a dubitare. Ieri Debora Serracchiani, presidente della commissione Lavoro della Camera, ha ammesso che sarebbe «bene aprire una discussione, così il reddito di cittadinanza non funziona perché una cosa è la lotta sacrosanta alla povertà e al disagio, altra cosa sono le politiche attive del lavoro». Non è la prima volta che dall'Emilia Romagna partono fondi per il terrorismo jihadista. Nel giugno scorso, a Bologna, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio di tre stranieri accusati di aver raccolto e inviato in Somalia denaro destinato all'acquisto di armi e munizioni per i gruppi terroristici Al Shabaab e Onlf (Ogaden national liberation front). Tra le somme spedite, sempre con money transfer, c'erano oltre 6.000 euro provenienti da una misura del welfare francese che uno di loro aveva ottenuto grazie allo status di rifugiato. È l'ennesima prova che il money transfer è lo strumento preferito anche dai terroristi. Il governo, però, su questo tema si è voltato dalla parte opposta. E nella relazione che accompagna la legge di bilancio, sulla quale è stata posta la fiducia alla Camera, ha inserito un articolo per cancellare la tassa dell'1,5% voluta dal Carroccio quando Matteo Salvini era ministro dell'Interno. Il motivo? «L'assenza di un apparato sanzionatorio specifico». L'allarme sui money transfer, gli sportelli disseminati nelle città di tutta Italia che raccolgono denaro contante che viene poi ritirato ovunque nel mondo presso esercizi del medesimo circuito, era stato lanciato anche dai servizi d'intelligence e da Bankitalia. Nel 2018 si era arrivati al record di segnalazioni per operazioni sospette: 5.200. Da qui la volontà dell'ex ministro dell'Interno di imporre una prima forma di imposta su quelle che vengono definite «banche ombra» dagli analisti. Il testo all'epoca depositato dalla Lega prevedeva inoltre che i trasferimenti di denaro, escluse le transazioni commerciali, venissero perfezionati «esclusivamente sul canale di operatori finanziari che ne consentissero la piena tracciabilità dei flussi». Il money transfer tornerà quindi a essere il primo canale per chi vuole schermare il trasferimento di fondi non trasparenti.