2024-02-01
Niente congedi ai genitori Lgbt: Inps multato
Il giudice del lavoro di Bergamo ha sanzionato l’Istituto per «ingiustificata discriminazione», poiché non consente di richiedere i permessi parentali alle coppie dello stesso sesso. L’ente ha due mesi per adattarsi alla sentenza, in contrasto con le norme italiane.Le famiglie arcobaleno non sono giuridicamente riconosciute in Italia, ma in qualche tribunale sì. Il giudice del lavoro di Bergamo, Sergio Cassia, ha condannato l’Inps perché il suo sistema informatico non consente a coppie di gay o di lesbiche di completare le richieste per congedo parentale. È una «ingiustificata discriminazione a danno dei genitori dello stesso sesso», scrive il magistrato nella sua sentenza. L’istituto nazionale della previdenza sociale ha due mesi di tempo per modificare il portale. Trascorso questo termine, verrà sanzionato di 100 euro per ogni giorno di ritardo. «La persecuzione delle famiglie arcobaleno da parte dell’estrema destra italiana prosegue, ma la comunità Lgbtiaq+ resiste», segnala il portale Gay.it. Ed esulta, ovviamente, la Rete Lenford, avvocatura per i diritti Lgbt, che lo scorso maggio aveva promosso un’azione collettiva in collaborazione con la Cgil nazionale e con il contributo del patronato Inca di Bergamo. Già, perché quando c’è da difendere i lavoratori non binari, i sindacati sono volonterosi e rapidi. «Siamo felici di questo risultato e non dubitiamo che la collaborazione tra Cgil e Rete Lenford possa rinnovarsi in future occasioni nella ricerca di obiettivi condivisi», ha dichiarato Sandro Gallittu, responsabile dell’ufficio nuovi diritti e delle politiche per le famiglie e l’infanzia della confederazione. Ufficio che opera anche per «l’autodeterminazione nelle scelte sul corpo» e si occupa «delle nuove forme familiari, della libertà di scelta nel fine vita». Il tribunale di Bergamo ritiene che il congedo di paternità obbligatorio spetti pure alla lavoratrice in una coppia composta da due donne; che l’indennità economica riconosciuta dopo il parto con il congedo di paternità alternativo sia un diritto del «padre lavoratore» anche in una coppia di due uomini; che il congedo parentale, «periodo di astensione facoltativa dal lavoro concesso ai genitori per prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita», sia di diritto per due uomini o due donne che hanno cercato «figli», con la fecondazione eterologa o la maternità surrogata. Le coppie dello stesso sesso non hanno per la legge italiana diritti relativi al tema della filiazione, eppure il desiderio di genitorialità tra le persone Lgbt (cresciuto con l’introduzione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso), si è imposto in un’aula di tribunale. Alle famiglie omogenitoriali andrebbe riconosciuta la genitorialità sociale anche quando non coincide con quella biologica, secondo quanto stabilisce la sentenza che punisce l’Inps. «Il giochino delle lobby è sempre quello: si cerca un giudice sensibile, si presenta un ricorso pilota e si forza la legge», commenta l’avvocato ed ex senatore Simone Pillon. «Non ho capito perché un uomo dovrebbe avere il congedo di maternità, specie se si considera che la vera mamma è stata privata di ogni diritto e affittata come fosse una fattrice. Spero venga presto approvata anche al Senato la legge sul reato universale di utero in affitto, così la smetteremo con questa follia ideologica. La mamma è una sola, e anche il papà è uno».Per l’avvocato Francesco Rizzi, socio di Rete Lenford che ha patrocinato la causa insieme all’avvocato Alberto Guariso, l’Inps è un istituto «a cui si applica il divieto di discriminazione per orientamento sessuale imposto dal diritto dell’Unione europea», perciò «tutti i congedi devono essere accessibili anche alle coppie di genitori dello stesso sesso, che devono potersi suddividere i compiti di cura e assistenza, come avviene per tutti i genitori eterosessuali».«Gli avvocati della Rete Lenford si definiscono esperti in materia Lgbt e dichiarano apertamente che tra i loro scopi c’è quello di sostenere “azioni giudiziarie che possono provocare una trasformazione sociale verso l’inclusione e la non discriminazione”. Questo significa che, per loro stessa ammissione, non si muovono nel perimetro concesso dalla legislazione di volta in volta vigente, ma mirano a forzarla per promuovere i loro scopi associativi», precisa Alessandra Devetag, avvocato penalista. La decisione del giudice la lascia oltremodo perplessa. «Facile capire come la via giudiziaria sia il percorso agevolato per forzare l’impianto normativo, in questa come in altre materie, possibilmente senza che vi sia dibattito pubblico sul punto», dichiara. In quanto referente per il Friuli Venezia Giulia del Coordinamento internazionale associazioni per la tutela dei diritti dei minori (Ciatdm), l’avvocato ricorda che tra le iniziative dei legali di Lenford c’è «quella di forzare le carriere alias all’interno delle scuole, favorendo in modo acritico e sotterraneo l’assunzione, da parte di minori persino quattordicenni, di una identità diversa dalla propria biologica, addirittura a volte all’insaputa degli stessi genitori». Rispetto alla sentenza di Bergamo, l’Inps sta definendo con il ministero del Lavoro la posizione da assumere. C’è una direttiva europea, è vero, ma occorre anche rispettare la normativa vigente in Italia che non riconosce le famiglie omogenitoriali.