
Il tentativo grottesco di darle vita ha compromesso un’idea che in sé sarebbe valida. Il solo modo per l’Europa di restare il centro del pallone è alzare il livello della sua offerta. E si può fare, anche senza svilire i campionati.Gabri Veiga nel suo piccolo fa una bella differenza. Nel mare di petrodollari riversato sull’Europa dalla Saudi Pro League - siamo a circa 800 milioni in pochi mesi - la firma dello spagnolo con l’Al-Ahli su un triennale da 12,5 milioni annui ha lo stesso effetto di un bel contropiede: chi lo mette a segno prende fiducia, chi lo subisce si domanda come sia potuto succedere. Intanto è successo. Un ragazzo di 21 anni, astro nascente del calcio iberico, corteggiato da mezza Europa, con un patto chiuso per 2,2 milioni l’anno col Napoli campione d’Italia sceglie invece l’Arabia, antepone il tintinnio del danaro alla musichetta della Champions League. Qui sta il nocciolo della questione: se giocare nel deserto saudita diventa il sogno dei ragazzini, per il calcio europeo la campana suona a morto. Chi conosce gli ingranaggi del fondo Pif, lo strumento finanziario con cui l’Arabia sta allungando le mani verso lo sport, garantisce che non si tratta di un fuoco di paglia. La famiglia reale vuole organizzare il mondiale del 2034 e con un decennio d’anticipo getta le basi per un campionato nazionale all-star. Siamo tutti esterrefatti dopo la prima campagna acquisti? Ecco, ne mancano altre nove. Col potere economico che si sta scatenando, i parametri del mercato calcistico sono destinati a mutare rapidamente verso l’alto. Il Vecchio Continente deve cambiare pelle e la soluzione più a portata di mano sta dietro una parola che non si può pronunciare: Superlega. C’è un peccato originale da mondare subito: non stiamo parlando - non su queste colonne perlomeno - del circolino di soli ricchi che tentò il blitz contro la Uefa salvo ammutinarsi da sé stesso nel breve volgere di 48 ore. L’esclusività, la scarsa considerazione dei campionati locali e la radice stessa di quel progetto risultarono irricevibili per i tifosi, che erano e restano la base di questo gioco e contribuirono fattivamente a bloccare l’operazione. Ma se dall’altra parte del mondo nasce una sorta di Nba del calcio, una lega chiusa in cui un solo uomo cura il mercato di tutti i club con l’unico obiettivo di generare spettacolo disponendo di fondi illimitati, aggrapparsi alla tradizione e al fascino delle nostre cattedrali del pallone equivale a cedere il passo. L’offerta del calcio europeo deve salire di livello: la Champions - massima competizione continentale - propone sfide davvero imperdibili solo dai quarti di finale in poi (se va bene). Una competizione in grado di produrre sistematicamente big match sarebbe la risposta a tanti bisogni, tratterrebbe le stelle da questa parte del pianeta e con esse riflettori, diritti tv e incassi. Non sarà bello ma è necessario. Non si può pensare al calcio solo in chiave romantica: è il denaro che fa rotolare la palla. La sfida è creare una Superlega che incastri con tutto il resto. Per farcela non si può prescindere dalla competitività trasversale. Per prima cosa, non può essere una lega esclusiva. Oltre a un nucleo fondativo di club di prima grandezza dev’esserci spazio per squadre diverse che possano accedere alla kermesse per merito sportivo. L’importante è che ci sia spazio per competere a ogni livello, nella Superlega come nei campionati nazionali (che potrebbero essere più aperti, se le favorite di rito fossero pesantemente assorbite dalla Superlega). Se tutti, non importa a che piano della piramide, hanno una possibilità di vincere, lo spettacolo è garantito. In questo la Conference League ha dato segnali intriganti: bollata dall’opinione pubblica come coppetta per scappati di casa, in realtà nelle sue prime due edizioni - lo sappiamo bene in Italia - ha infuocato le annate di società come Roma, Fiorentina, Feyenoord e West Ham, che non si giocavano un trofeo di peso da decenni, portando al centro della scena realtà periferiche come Tirana e Praga, mentre nel 2025 toccherà a Breslavia ospitare la finale. È una città della Polonia e dispone di uno stadio da 45.000 posti costruito nel 2011. Grazie alla Conference League, ora lo sapete. Se lo schema piramidale generasse gettito per tutti, si potrebbe ritrovare la via della sostenibilità irrimediabilmente perduta nella lunga notte della pandemia. Con qualche rimessa anche per i livelli inferiori, dove il discorso è sempre lo stesso: mancano fondi, stadi e progetti ma non la passione. Il Bari nella serie B italiana, per il semplice fatto di avere concrete possibilità di vincere il campionato e salire in A, lo scorso anno ha registrato una media spettatori di 25.000 unità, ben superiore a tanti club della massima serie (italiana o europee) inchiodati in partenza a una stagione mediocre. Ci fosse la Superlega, dubitiamo che anche un solo tifoso dei galletti perderebbe interesse verso la squadra cittadina. Al contrario, fiorissero chance di gloria per tutti, il circo d’oro arabo sembrerebbe molto meno splendente.
Gertrude O'Brady.Il chiosco, s.d./LaM, Musée d’art moderne, d’art contemporain et d’art brut de Lille Métropole, Villeneuve d’Ascq© Philip Bernard
Dal Cubismo all’Art Brut, a Palazzo Zabarella di Padova in mostra (sino al 25 gennaio 2026) oltre 60 opere di 30 diversi artisti delle avanguardie del primo e del secondo dopoguerra, tutti provenienti dal LaM di Lille. Fra capolavori noti e meno conosciuti, anche cinque dipinti di Pablo Picasso e sei straordinarie tele di Amedeo Modigliani.
Susanna Tamaro (Getty Images)
La scrittrice Susanna Tamaro: «La società dimentica che la vita non ci appartiene, ma la morte non si affronta con le carte bollate. La lotta con il destino è essenziale perché dalla fragilità dell’esistenza è impossibile scappare».
Il punto di vista di Susanna Tamaro sul tempo presente è sempre originale. Nell’ultimo saggio, intitolato La via del cuore. Per ritrovare senso nella vita (Solferino), sulla scorta dell’inventore dell’etologia, Konrad Lorenz, utilizza le osservazioni sulla natura e gli animali per studiare la società contemporanea. A ben guardare, però, questo memoir può essere letto anche come una lunga preghiera per lo stato del pianeta. «È così», ammette la scrittrice, «non condivido la tendenza all’angelicazione dell’uomo o a vederlo come frutto dell’evoluzione».
Il principale operatore della rete elettrica nazionale registra ricavi pari a 2,88 miliardi (l’8,9% in più rispetto al 2024) e accelera nei progetti Tyrrhenian Link e Adriatic Link, al centro della strategia per la decarbonizzazione. Aumenta il peso delle rinnovabili.
Nei primi nove mesi del 2025 Terna, principale gestore della rete elettrica nazionale, ha consolidato la propria posizione strategica nel settore, segnando un’intensa crescita economico-finanziaria e un’accelerazione significativa degli investimenti a supporto della transizione energetica. Il consiglio di amministrazione, guidato da Igor De Biasio e con la presentazione dell’amministratore delegato Giuseppina Di Foggia, ha approvato risultati che provano la solidità del gruppo e il suo ruolo determinante nel percorso di decarbonizzazione del Paese.
Nel periodo gennaio-settembre, il fabbisogno elettrico italiano si è attestato a 233,3 terawattora (TWh), di cui circa il 42,7% è stato coperto da fonti rinnovabili. Tale quota conferma la crescente integrazione delle fonti green nel panorama energetico nazionale, un processo sostenuto dal potenziamento infrastrutturale e dagli avanzamenti tecnologici portati avanti da Terna.
Sul fronte economico, i ricavi del gruppo hanno raggiunto quota 2,88 miliardi di euro, con un incremento dell’8,9% rispetto agli stessi mesi del 2024. L’Ebitda, margine operativo lordo, ha superato i 2 miliardi (+7,1%), mentre l’utile netto si è attestato a 852,7 milioni di euro, in crescita del 4,9%. Risultati, questi, che illustrano non solo un miglioramento operativo, ma anche un’efficiente gestione finanziaria; il tutto, nonostante un lieve aumento degli oneri finanziari netti, transitati da 104,9 a 131,7 milioni di euro.
Elemento di rilievo sono gli investimenti, che hanno superato i 2 miliardi di euro (+22,9% rispetto ai primi nove mesi del 2024, quando il dato era di 1,7 miliardi), un impegno che riflette la volontà di Terna di rafforzare la rete di trasmissione e favorire l’efficienza e la sicurezza del sistema elettrico. Tra i principali progetti infrastrutturali si segnalano il Tyrrhenian Link, il collegamento sottomarino tra Campania, Sicilia e Sardegna, con una dotazione finanziaria complessiva di circa 3,7 miliardi di euro, il più esteso tra le opere in corso; l’Adriatic Link, elettrodotto sottomarino tra Marche e Abruzzo; e i lavori per la rete elettrica dedicata ai Giochi olimpici e paralimpici invernali di Milano-Cortina 2026.
L’attenzione ai nuovi sistemi di accumulo elettrico ha trovato un momento chiave nell’asta Macse, il Meccanismo di approvvigionamento di capacità di stoccaggio, conclusosi con l’assegnazione totale della capacità richiesta, pari a 10 GWh, a prezzi molto più bassi del premio di riserva, un segnale di un mercato in forte crescita e di un interesse marcato verso le soluzioni di accumulo energetico che miglioreranno la sicurezza e contribuiranno alla riduzione della dipendenza da fonti fossili.
Sul piano organizzativo, Terna ha visto una crescita nel personale, con 6.922 dipendenti al 30 settembre (502 in più rispetto a fine 2024), necessari per sostenere la complessità delle attività e l’implementazione del Piano industriale 2024-2028. Inoltre, è stata perfezionata l’acquisizione di Rete 2 S.r.l. da Areti, che rafforza la presenza nella rete ad alta tensione dell’area metropolitana di Roma, ottimizzando l’integrazione e la gestione infrastrutturale.
Sotto il profilo finanziario, l’indebitamento netto è cresciuto a 11,67 miliardi di euro, per sostenere la spinta agli investimenti, ma è ben bilanciato da un patrimonio netto robusto di circa 7,77 miliardi di euro. Il consiglio ha confermato l’acconto sul dividendo 2025 pari a 11,92 centesimi di euro per azione, in linea con la politica di distribuzione che punta a coniugare remunerazione degli azionisti e sostenibilità finanziaria.
Da segnalare anche le iniziative di finanza sostenibile, con l’emissione di un Green Bond europeo da 750 milioni di euro, molto richiesto e con una cedola del 3%, che denuncia la forte attenzione agli investimenti a basso impatto ambientale. Terna ha inoltre sottoscritto accordi finanziari per 1,5 miliardi con istituzioni come la Banca europea per gli investimenti e Intesa Sanpaolo a supporto dell’Adriatic Link e altri progetti chiave.
L’innovazione tecnologica rappresenta un altro pilastro della strategia di Terna, con l’apertura dell’hub Terna innovation zone Adriatico ad Ascoli Piceno, dedicato alla collaborazione con startup, università e partner industriali per sviluppare soluzioni avanzate a favore della transizione energetica e della digitalizzazione della rete.
La solidità del piano industriale e la continuità degli investimenti nelle infrastrutture critiche e nelle tecnologie innovative pongono Terna in una posizione di vantaggio nel garantire il sostentamento energetico italiano, supportando la sicurezza, la sostenibilità e l’efficienza del sistema elettrico anche in contesti incerti, con potenziali tensioni commerciali e geopolitiche.
Il 2025 si chiuderà con previsioni di ricavi per oltre 4 miliardi di euro, Ebitda a 2,7 miliardi e utile netto superiore a un miliardo, fra conferme di leadership e rinnovate sfide da affrontare con competenza e visione strategica.
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Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (Getty Images)
L’operazione Southern Spear lanciata da Washington fa salire il rischio di escalation. Maduro mobilita 200.000 militari, denuncia provocazioni Usa e chiede l’intervento dell’Onu, mentre l’opposizione parla di arruolamenti forzati e fuga imminente del regime.
Nel Mar dei Caraibi la tensione fra Venezuela e Stati Uniti resta altissima e Washington, per bocca del suo Segretario alla Guerra Pete Hegseth, ha appena lanciato l’operazione Southern Spear. Questa nuova azione militare è stata voluta per colpire quelli che l’amministrazione Trump ha definito come i narco-terroristi del continente sudamericano ed ha il dichiarato obiettivo di difendere gli Stati Uniti dall’invasione di droga portata avanti da questi alleati di Maduro. Intanto è stata colpita la 21ª imbarcazione, accusata di trasportare droga verso il territorio statunitense, facendo arrivare a circa 80 il numero delle vittime.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ordinato alle forze armate di essere pronte ad un’eventuale invasione ed ha dispiegato oltre 200mila militari in tutti i luoghi chiave del suo paese. il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez sta guidando personalmente questa mobilitazione generale orchestrata dalla Milizia Nazionale Bolivariana, i fedelissimi che stanno rastrellando Caracas e le principali città per arruolare nuove forze.
L’opposizione denuncia arruolamenti forzati anche fra i giovanissimi, soprattutto nelle baraccopoli intorno alla capitale, nel disperato tentativo di far credere che la cosiddetta «rivoluzione bolivariana», inventata dal predecessore di Maduro, Hugo Chavez, sia ancora in piedi. Proprio Maduro si è rivolto alla nazione dichiarando che il popolo venezuelano è pronto a combattere fino alla morte, ma allo stesso tempo ha lanciato un messaggio di pace nel continente proprio a Donald Trump.
Il presidente del Parlamento ha parlato di effetti devastanti ed ha accusato Washington di perseguire la forma massima di aggressione nella «vana speranza di un cambio di governo, scelto e voluto di cittadini». Caracas tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario Generale António Guterres per chiedere una condanna esplicita delle azioni provocatorie statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi.
Diversi media statunitensi hanno rivelato che il Tycoon americano sta pensando ad un’escalation con una vera operazione militare in Venezuela e nei primi incontri con i vertici militari sarebbe stata stilata anche una lista dei principali target da colpire come porti e aeroporti, ma soprattutto le sedi delle forze militari più fedeli a Maduro. Dal Pentagono non è arrivata nessuna conferma ufficiale e sembra che questo attacco non sia imminente, ma intanto in Venezuela sono arrivati da Mosca alcuni cargo con materiale strategico per rafforzare i sistemi di difesa anti-aerea Pantsir-S1 e batterie missilistiche Buk-M2E.
Dalle immagini satellitari si vede che l’area della capitale e le regioni di Apure e Cojedes, sedi delle forze maduriste, sono state fortemente rinforzate dopo che il presidente ha promulgato la legge sul Comando per la difesa integrale della nazione per la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale. In uno dei tanti discorsi alla televisione nazionale il leader venezuelano ha spiegato che vuole che le forze armate proteggano tutte le infrastrutture essenziali.
Nel piano presentato dal suo fedelissimo ministro della Difesa l’esercito, la polizia ed anche i paramilitari dovranno essere pronti ad una resistenza prolungata, trasformando la guerra in guerriglia. Una forza di resistenza che dovrebbe rendere impossibile governare il paese colpendo tutti i suoi punti nevralgici e generando il caos.
Una prospettiva evidentemente propagandistica perché come racconta la leader dell’opposizione Delsa Solorzano «nessuno è disposto a combattere per Maduro, tranne i suoi complici nel crimine. Noi siamo pronti ad una transizione ordinata, pacifica e che riporti il Venezuela nel posto che merita, dopo anni di buio e terrore.»
Una resistenza in cui non sembra davvero credere nessuno perché Nicolas Maduro, la sua famiglia e diversi membri del suo governo, avrebbero un piano di fuga nella vicina Cuba per poi probabilmente raggiungere Mosca come ha già fatto l’ex presidente siriano Assad.
Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per i cittadini italiani detenuti nelle carceri del Paese, sottolineando l’impegno della Farnesina per scarcerarli al più presto, compreso Alberto Trentini, arrestato oltre un anno fa.
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