2019-08-07
«Ingiusti gli affidi a coppie gay. E gli assistenti sociali hanno davvero troppo potere»
Parla Andrea Coffari l'avvocato e amico di Claudio Foti e racconta la sua versione sul sistema Bibbiano: «Lui è un galantuomo, ha fatto solo del bene ai più piccoli. Su altri ho delle perplessità».Andrea Coffari è qualcosa di più dell'avvocato di Claudio Foti. Si conoscono da 15 anni, e Coffari non lascia passare un minuto senza spendere parole d'elogio per il suo amico e, sembra, mentore. Coffari ha di recente pubblicato un libro, Rompere il silenzio, con prefazione di Foti. Si chiama come l'associazione nel cui direttivo, oltre al terapeuta di Hansel e Gretel, sono presenti lo stesso Coffari e alcuni indagati nell'inchiesta «Angeli e demoni», come l'assistente sociale Francesco Monopoli e la compagna di Foti, Nadia Bolognini. In passato, Coffari ha pubblicato un libro molto forte, in cui racconta gli abusi subiti dal padre quand'era piccolo. Negli ultimi giorni, invece, ha pubblicato sui social network vari video per far passare la sue verità sul caso Bibbiano. In più occasioni, Coffari si è rivolto al nostro giornale, chiedendo di essere ascoltato, così abbiamo deciso di intervistarlo. È stata una conversazione fiume, di cui riportiamo i passaggi salienti. A Claudio Foti sono stati tolti i domiciliari, ma rimangono l'accusa di abuso d'ufficio in concorso e l'obbligo di dimora a Pinerolo. «Rimane questa accusa sugli appalti che a me non preoccupa. Dal punto di vista tecnico, per altro, siamo solo alla fase delle indagini. Per Foti i capi di accusa erano solo due e su uno si è pronunciato il tribunale delle libertà. Il che non significa archiviazione, certo. Ma resta che un collegio indipendente ha detto non ci sono gravi indizi di colpevolezza sull'ipotesi della frode processuale». Vado subito al punto. Colpisce che a Foti siano stati incarichi in affidamento diretto da persone che facevano convegni con lui, o che erano state formate da lui... «Questa faccenda dell'affidamente diretto, come suo avvocato, mi preoccupa meno, è una cosa tecnica. Foti è chiamato in concorso esterno per abuso d'ufficio, bisognerebbe dimostrare che era perfettamente consapevole del fatto che andasse fatto un appalto e non una assegnazione diretta... Ma si figuri: Foti, sui soldi e su questo genere di cose, è sulle nuvole. Se avesse voluto imbrogliare avrebbe fatto tutto di nascosto, nel sottobosco, non alla luce del sole». Il punto è il giro che si era creato. Sempre le stesse persone: convegni, master, associazioni... E guarda caso poi gli davano incarichi. «Questa è una lettura. Ci sta, ha una sua coerenza. La lettura che faccio io è diversa. Sono 30 anni che viene chiamato da mezza Italia. Lo chiamano perché lo stimano e gli chiedono di seguire i bambini o di tenere corsi. E quando viene chiamato in un posto poi si fanno convegni, si organizzano corsi di formazione. È una procedura ordinaria, avviene anche in altri ambienti».Pare che una delle indagate, Federica Anghinolfi, fosse anche stata in terapia da Foti. «Non è vero. Se n'è vantata in una telefonata, ma non è mai stata seguita da lui in qualità di terapeuta». In compenso, un altro degli indagati, l'assistente sociale della Val d'Enza Francesco Monopoli, è nel direttivo dell'associazione Rompere il silenzio di Foti, di cui fa parte anche lei. «Io ho partecipato a un paio di direttivi. C'era l'Anghinolfi, che ho visto in due o tre occasioni. Ho conosciuto superficialmente alcune di queste persone della Val d'Enza... Ma mi faccia dire una cosa». Prego. «Alcune delle critiche che il vostro giornale fa sugli affidi alle coppie omosessuali e a tutta questa teoria Lgbt che ci sta dietro, io le condivido. Come membro del Movimento per l'infanzia denuncio da tempo questa ideologia, così come la maternità surrogata. Uso toni diversi dai vostri ma la mia posizione è questa. Se la Anghinolfi dava i bambini a queste coppie omosessuali che oltretutto sembrano un po' squilibrate... Io su questo sono perfettamente d'accordo con voi. La ricchezza del padre e della madre e la diversità sessuale sono fondamentali. Con tutto il rispetto per le coppie gay, la ricchezza dell'identità femminile e maschile è un diritto per il bambino. Se manca è un impoverimento. Io penso che i bimbi andrebbero affidati a coppie eterosessuali». Il problema, però, non è tanto che gli affidi fossero a coppie Lgbt. È che erano coppie di amiche della Anghinolfi e persino ex fidanzate.«Effettivamente suscita perplessità. C'è una lettura benevola, che però a me sembra improbabile. E cioè che, siccome conosceva queste donne, e sapeva che erano disposte a un atto di solidarietà, allora ha affidato loro i bimbi. Però mi lascia perplesso il fatto che, in realtà, poteva anche trattarsi di persone che avevano bisogno di un sostegno, e allora attraverso questo giochino si è dato a coppie di amici un aiuto anche economico». E infatti una coppia percepiva un contributo doppio rispetto al previsto. «Su questo sono d'accordo, vi vengo dietro». A proposito di amici. Dentro Rompere il silenzio c'è pure Romina Sani. Che gestisce una comunità a cui è stata affidata una bimba citata nell'inchiesta. A un certo punto questa bimba viene portata al centro La Cura di Bibbiano da Foti e gli altri. Sembra proprio che ci sia un sistema. «Questa cosa non lo capisco. La Cura era considerato un centro di eccellenza da tante persone. È normale che una bambina che ha bisogno la sì porti lì, dove magari c'è un terapeuta specializzato che può aiutarla». Sì, ma qui c'è una persona formata da Foti, che fa parte di un'associazione con lui, che partecipa a convegni e ottiene una bimba in affidamento. E poi la porta al centro di Foti. È un giro che per lo meno andrebbe chiarito, no? «Il giro di contatti c'è eccome. Ma questi contatti favoriscono l'interscambio professionale… Sono cose normalissime. Se qualcuno, come la Anghinolfi, o qualcuno ha fatto dei reati deve pagare. Ma non è vero che ci siano reti di affaristi che formano associazioni per ottenere dei vantaggi… C'è tanta generosità in queste associazioni». Alla casa famiglia della Sani l'Unione Comuni modenesi area Nord ha dato oltre 269.000 euro per gestire due bimbi... Non sono pochi. «Questo è un problema di tutto il sistema delle case famiglia che infatti voi avete denunciato. In Italia c'è un mare di vuoti legislativi, e lì ovviamente si creano interessi e conflitti di interessi. Se uno riceve soldi per salvare un bimbo da genitori folli, vuol dire che la società funziona. Se invece si continua la medicalizzazione dei bambini al fine di avere soldi si può essere minimo inadeguati, massimo dei criminali. Su questo sono perfettamente d'accordo. Il problema è che c'è un'enorme zona grigia». Dunque lei concorda sul fatto che c'è un grosso problema riguardante il sistema di gestione dei minori? «Sì, è un problema di sistema, e mancano i controlli. Ci sono casi di tutela vera dei bambini, però il sistema è qualcosa di spaventoso… Quando ci sono 200 giudici onorari che hanno interessi economici sulle case famiglia… È una cosa scandalosa. Nonostante ciò io ci tengo molto a difendere Foti, che è stato una ricchezza. A Bibbiano ha seguito tre casi. Sul primo abbiamo fornito 15 registrazioni e si vede che non suggestiona proprio nessuno. Sul secondo invece ha scritto due relazioni in cui si diceva di far tornare a casa il minore. Foti è un galantuomo. Ma che poi ci sia del marcio sui bambini da tanti punti di vista sono d'accordo con voi». Abbiamo elencato alcuni problemi che c'erano a Bibbiano, tra cui la questione degli affidi a coppie Lgbt. Ma gli operatori di Hansel e Gretel non vedevano tutto questo? «Ma loro intervengono in un momento successivo. Sono stati chiamati dalla Anghinolfi, hanno preso questi bambini su cui erano già state scritte relazioni. Poi possiamo contestare il metodo Foti, ma vero è che ad Hansel e Gretel arrivano bambini da Comune e Asl con relazioni che parlavano già di abusi sessuali. E ad Hansel e Grete hanno fatto quello che fanno da sempre: cercano di trattare i bimbi traumatizzati». Il metodo Foti esiste? «No. Anche se mi auguro che scriva un libro perché è talmente bravo... Usa due principi. Il primo è la psicologia del trauma: se si sta male è perché si ha avuto un trauma e allora il trauma va trattato». Secondo principio?«L'intelligenza emotiva. Significa essere vicino e ascoltare con rispetto. Come nel caso di quella ragazza di cui parlavamo prima».La sensazione è che da parte vostra, sua e di Foti ma non solo, ci sia molta insistenza sui «negazionisti degli abusi». Se uno psicologo dice che prima di accusare qualcuno di abusi bisogna andarci con i piedi di piombo non vuol dire che sia un negazionista della pedofilia. Non è che questa impostazione può portare a vedere abusi anche dove non ci sono?«Questo problema era vivo e vero in Italia nella seconda parte degli anni Novanta. Quando la comunità adulta si svegliò sul problema degli abusi ci fu un'ondata di “verificazionisti" o “abusologi" che tendevano a insistere con domande pressanti eccetera. Era una ondata di entusiasmo ma anche di forzature. Questa modalità si corresse nel giro di 10 anni. Quando parlo di negazionisti parlo di quelli che usano la letteratura pro pedofilia. Per il resto io per primo sono garantista. E Foti è corretto. Non suggestiona né cerca di far emergere ricordi che i bimbi non hanno. I bimbi i ricordi li hanno eccome... Foti ascolta, non suggerisce nulla e cerca di far elaborare il trauma». Però ci sono stati vari casi in cui gli abusi erano inesistenti. A parte Veleno anche Rignano Flaminio, altri in Piemonte. E poi c'è la famiglia di Biella che, accusata di abusi, si è suicidata... Due nonni e due genitori. «I reati sessuali sui bambini sono la cosa più difficile da provare. Hai testimoni deboli e immaturi di fronte a testimoni maturi che sono gli adulti. E il debole può non essere creduto. In ambito penale ci vuole la convinzione oltre ogni ragionevole dubbio. Se ci sono dubbi anche piccoli il giudice assolve. Significa che comunque c'è un'area grigia. Non si può dire “poveri adulti che vengono colpiti". Oggi non si dà più la caccia ai mostri. Non possiamo evitare di fare processi su un male oscuro della società solo per evitare il fastidio che ci dà l'idea che qualcuno possa essersi macchiato di abusi. Tanto più che i casi che lei mi cita si sono conclusi con assoluzioni, segno che la macchina della giustizia funziona». Si sono conclusi anche con suicidi e vite distrutte. «Per i suicidi si riferisce al caso di Biella? Mi sembra che quella famiglia si sia suicidata perché qualche patologia c'era. Il suicidio non è certo una prova di innocenza. A Rignano nessuno si è suicidato, anzi hanno avuto la solidarietà del paese… Mi ricordo manifestazioni pubbliche non per le vittime, ma per le maestre». Non mi dica che hanno vissuto una esperienza piacevole, a Rignano...«Non possiamo pensare di risolvere il problema abusi punendo e criminalizzando chi difende i bimbi perché così ci togliamo un fastidio… Il problema della violenza sui bambini esiste».Torniamo a Bibbiano. Possiamo dire che c'era un sistema che non andava bene? Che dalle carte dell'inchiesta emerga lo strapotere dei servizi sociali?«Nel caso di Bibbiano si sommano tanti problemi. Uno dei punti focali è lo strapotere dei servizi sociali. Poi ci sono i giudici minorili che delegano e non si interessano. La critica che faccio è a monte, è profonda. Lo dico da tanti anni. Noi abbiamo una cultura adultocentrica. Ci mancano proprio le categorie per proteggere i bambini. In Inghilterra fanno report per ogni bimbo inserito in casa famiglia, noi non sappiamo neanche chi siano questi bimbi. È un caos. I servizi sociali con una relazione ti prendono il bambino e te lo portano in casa famiglia. E sui servizi non c'è alcun tipo di controllo interno. È un problema generale, di cui parlo da anni». Una delle assistenti sociali coinvolte ha ammesso di aver falsificato relazioni e ha detto che a Bibbiano c'era un clima da caccia alle streghe. «Devo leggere quella confessione...». Lo ha detto anche a questo giornale. «Se c'era un clima del genere... È una cosa molto brutta. Se l'Anghinolfi faceva pressioni e c'era davvero quel clima, non va bene. Ripeto: se qualcuno ha commesso reati va condannato. Guardi io non sono del Pd, ma mi sembra che questo sindaco del Pd, gli altri sindaci della Val d'Enza e Foti non c'entrino nulla. Se poi all'interno dei servizi sociali della Val d'Enza sono stati commessi crimini, beh, per fortuna qualcuno li persegue». Per Foti si parla di una indagine per maltrattamenti in famiglia. «A Torino ancora non è arrivato nulla su questo. Ma è una accusa sbagliata. Foti e sua moglie sono psicologi, quando litigano non si dicono parolacce ma cose tipo “sei un maltrattante". Tutto nasce perché la moglie gli ha dato del maltrattante, ma è il loro linguaggio. Foti e Bolognini hanno avuto crisi coniugale che li ha fatti molto soffrire, e lui in una discussione ha rotto uno o due piatti, punto. Ora lui sta in un appartamento a Pinerolo e lei altrove. Ma non c'è stato alcun maltrattamento».