2024-11-02
L’esistenza complicata (ma felice) di quei contadini italiani in Francia
La scrittrice Inès Cagnati (1937-2007)
Adelphi riscopre la scrittrice Inès Cagnati, figlia di emigranti veneti trasferitisi oltralpe, che racconta il mondo di sofferenza e povertà dei nostri espatriati, ma in cui non viene mai meno la gioia di vivere.Ogni tanto accade. Ogni tanto l’ingrato mondo delle patrie lettere si accorge di aver lasciato qualcuno, o qualcuna, indietro. Non spesso, e quando capita in genere se ne occupano editori piccoli o medi, comunque diretti da lettori che non si accontentano dei numeri di vendita e della pagine sul Corriere o Repubblica. Raramente se ne occupano pesi massimi della nostra editoria. È invece il caso di Inès Cagnati (da leggersi ovviamente con l’accento piombante sulla i), recuperata dagli esploratori di Adelphi che in una manciata di anni ci ha restituito quasi integralmente l’opera di una scrittrice che in Francia fu per alcuni anni amata, tanto da essere poi ripubblicata nella diffusissima ed economica serie Folio. Con l’uscita in queste settimane della raccolta di racconti I pipistrelli (1989, Premio del racconto dell’Accademia Francese), abbiamo finalmente disponibile l’opera di questa curiosa autrice. Negli anni scorsi infatti erano già usciti, con crescente attenzione dei nostri lettori-recensori, i romanzi Giorno di vacanza (1973, Premio Roger Nimier) e Génie la matta (uscito nel 1976, Premio des Deux Magots). Le traduzioni sono di Lella Marchi, attenta studiosa di tanta buona letteratura francofona, Lorenza di Lella e Francesca Scala. Manca all’appello soltanto il romanzo Mosé o la lucertola che piangeva (1979).Anzitutto: chi è stata Ines Cagnati? Per vedere il viso di questa donna ho recuperato un’edizione francese della collana Biblioteque du Temps Présent, edito nel 1977, che si apre con una fotografia ed un’intervista che possiamo leggere al fine dell’edizione italiana di Génie la matta. Figlia di immigrati veneti, è nata nel 1937 nel piccolo comune agricolo di Monclar-d’Agenais, è cresciuta nell’emarginazione destinata agli italiani e vivissima fino a pochi decenni fa, dalla quale si è estraniata grazie allo studio, come è stato invero per tanti figli di contadini, artigiani e operai. Diventata insegnante, ha iniziato a coltivare la scrittura e ha debuttato a trentasei anni col suo primo romanzo, riscuotendo i primi riconoscimenti di stima. Si sposa con un ingegnere franco-italiano, Yves Angioletti, col quale fa un figlio, Bruno. Viaggia, per seguire la famiglia e poi insegna. Resterà sempre in disparte rispetto alla ribalta dell’editoria, anzitutto per una questione di carattere, ma d’altronde dove sta scritto che bisogna frequentare assiduamente caffè, salottini e programmi radiofonici per essere scrittori? Mica sono tutti come quelli che ci abituiamo ad incontrare sugli schermi televisivi oggigiorno, ai quali sembra non bastare mai. D’altronde è sufficiente infilare gli occhi in uno dei suoi tre fiammanti libri per capire quale mondo, la Cagnati, ha tentato di decriptare e si è cucita addosso. Muore nel 2007 a Orsay, cittadina a trenta km da Parigi.Le trame dei due romanzi, in oscenico breve, trattano di solitudini, emarginazione, ignoranza, ma anche d’inventiva, del piacere di vivere nonostante tutto, certo, in case che noi probabilmente non saremmo più pronti ad abitare, senza particolari prospettive nel futuro ma radicatissimi nella terra, contadini, raccoglitrici di erbe, pastori, mercanti, osservatori dei più elementari istinti che dominano, o dominavano le piccole comunità del tempo, non poi così diverse dalle nostre, che fossero, in tempi di trionfante fascismo, di guerra o dei più politicizzati anni Cinquanta, la campagna della Nuova Aquitania o la bassa bergamasca, le risaie novaresi o semmai il Tavoliere foggiano. Giorno di vacanza: Galla è una ragazza, pelle scura, da zingara, abita nella povertà ma vorrebbe fuggire e allora inforca la sua bicicletta e si mette in viaggio per raggiungere la madre. Attraverserà un mondo ostile, meraviglioso forse ai nostri occhi così attenti alle particolarità botaniche e ambientali, ma misero, chiuso, costantemente offensivo e respingente. Génie la matta: c’è una donna, Eugenie, che è stata violentata, incinta del diavolo ha partorito una figlia bastarda e questo è bastato per essere messa all’indice, ostracizzata e ripudiata dai famigliari; quanto erano meravigliose e comprensive le famiglie in quelle lande spesso tanto idealizzate… il tutto visto dagli occhi della figlia, Marie, che alla madre vuole bene, eccome, e che il mondo non sempre riesce a capirlo, anzi, quasi mai. I pipistrelli: sette racconti. Basti per tutti L’infedele, ritratto di un cane senza padrone, che la voce narrante ama, le fa compagnia, lo vorrebbe sempre con sé ma invece se ne va a zonzo e quando ritorna è spesso malmesso. Dolcezza, asprezza, storie della vita di un tempo. C’è speranza anche tra queste pagine? La poesia non è morta? Oltre la cattiveria gratuita dell’essere umano e le condizioni di quei mondi, le persone cercano comunque di godersi quel che possono, e si legga questo passo da un altro racconto, Le carovane del sale: «Ho guardato le vigne tempestate di tulipani selvatici, quelli gialli lunghi ed esili, quelli rossi più paffuti, e di ornitogalli che mia madre chiama stelle dei campi. L’erba del terrapieno era scintillante di sole. Mi riempiva di gioia vedere tanta bellezza. Allora mi sono messa a ballare dondolando forte la cesta». L’ornitogallo è una bulbosa autunnale con abbondante fioritura a petali bianchi, detta anche Stella di Betlemme.Lasciamo che sia la stessa autrice a dirci qualcosa del suo mondo di parole: «Non sono stata una bambina molto felice… […] Penso che di infanzie-paradiso non ce ne siano molte. Se l’adulto sogna spesso di rivivere l’infanzia è solo perché si figura che ora saprebbe riviverne una felice al sole… […] I diseredati sono a tal punto incapaci di vivere, di essere un po’ felici che spesso la società e il mondo appaiono loro come una muraglia… […] Sono figlia di contadini e di conseguenza ho fatto tutti i lavori della fattoria. Li conosco, insomma: le mie sorelle e io, inoltre, siamo andate ogni estate a servizio da altri per comperarci vestiti o semplicemente da mangiare. Mi è rimasto l’amore per la terra, l’acqua, gli alberi e il sole. Ma mi è rimasto anche il piacere del silenzio e della pazienza» (dall’intervista citata alcune righe sopra).Uno degli articoli più puntuali usciti sul - per noi - nuovo caso della Cagnati l’ha composto Cristina Marconi sulle pagine del Foglio, un annetto fa, ricostruendone la vita e la parabola editoriale: «L’infelicità dell’infanzia è qualcosa da cui non si guarisce e che si può guardare in faccia solo articolandola, restituendola attraverso delle immagini, tra cui quella centrale della madre […] tutto è espresso in una maniera più rude, dura, con una bestialità da cui non ci si emancipa», scrive la Marconi. Non ci si emancipa? Mai? Nemmeno attraverso l’arte? La maturazione? La distanza? Chissà.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.