2022-06-01
Sull’indipendenza delle Generali Donnet tira in ballo Intesa Sanpaolo
Philippe Donnet (Imagoeconomica)
In Aula: «Pericoli non dalla Francia, nel 2017 dall’Italia». La Procura indaga sul board.«Sono francese e anche italiano, sono arrivato dieci anni fa per gestire Generali Italia e da nove anni leggo sulla stampa di un interesse dei francesi per Generali, ma è un’invenzione, una fantasia di giornalisti, non esiste, viene strumentalizzata per motivi che non conosco e non capisco. Se c’è stata una minaccia, cinque anni fa, per l’indipendenza di Generali è nata in questo Paese». Durante la sua audizione alla commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario, l’amministratore delegato del Leone, Philippe Donnet, a un certo punto è sbottato rispondendo a una domanda sugli eventuali rischi per l’italianità del gruppo. E, nel sottolineare che «spesso» i pericoli per il gruppo «non vengono da fuori ma dall’Italia», non ha evocato l’ultima battaglia consumata in assemblea ma - senza citarla direttamente - l’operazione avviata nel 2017, e poi abortita, da Intesa Sanpaolo che era arrivata a detenere oltre il 3% della compagnia triestina. Donnet ha anche escluso un’ipotesi di aggregazione tra Generali e Unicredit: «Non c’è un progetto, non rientra nella nostra strategia, non ha senso. Sono business completamente diversi, le assicurazioni sono una cosa, le banche un’altra cosa, non c’entrano niente, non ci sono sinergie. Sarebbe un indebolimento per entrambi, non vedo nessuno beneficio e questo vale per qualsiasi banca», ha detto rispondendo a un’altra domanda in commissione. Quanto alla sfida vinta contro Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio, che avevano presentato in assemblea la lista alternativa a quella del cda uscente, Donnet ha comunque sottolineato che «bisognava migliorare anche la governance e passare a questo standing che si vede nelle società internazionali, dando al cda la possibilità di presentare una propria lista. Generali è importante per il Paese, ma proprio per questo non deve essere proprietà di alcune famiglie, di alcuni imprenditori, ci vuole una governance da public company. Alcuni avevano una visione diversa, è giusto che ci siano, allora è stata proposta una scelta agli azionisti che hanno votato per questa governance. Le Generali non sono proprietà di alcuno, sono un bene comune». Sulla spaccatura all’interno del cda con i consiglieri della lista Caltagirone (che si è dimesso dal board nei giorni scorsi) circa la formazione di un comitato per le operazioni strategiche, è invece intervenuto in audizione il presidente, Andrea Sironi: «Stiamo lavorando a una soluzione di mediazione. Il cda è sovrano, io sono ottimista che si arrivi a una soluzione che soddisfi maggioranza e minoranza. Mi sono assunto la responsabilità di aver sottovalutato la sensibilità sulla formazione di questo comitato», ha aggiunto, «la mia proposta prevedeva che fossero portate all’attenzione direttamente del cda, così come accade per i principali gruppi. L’ipotesi che siano istruite prevalentemente da un comitato è percorribile, ci sono vantaggi e svantaggi». Nel frattempo, la Procura di Milano ha aperto un’inchiesta a carico di ignoti con le ipotesi di reato di diffamazione e manipolazione del mercato su una presunta campagna di delegittimazione del board in vista dell’assemblea che lo scorso 29 aprile aveva nominato il consiglio di amministrazione. Il fascicolo, come anticipato ieri dalla Stampa, è stato aperto dopo la presentazione di un esposto del precedente cda in cui si contestano due interviste: la prima rilasciata il 25 marzo da Francesco Gaetano Caltagirone al Sole 24 ore e l’altra alla Stampa da Luciano Cirinà, ex responsabile dell’Austria e del Centro ed Est Europa e candidato ad della lista dell’imprenditore romano al posto di Donnet. Stando all’esposto, le dichiarazioni a ridosso dell’assemblea degli azionisti avrebbero «travalicato» i limiti del consentito nella «battaglia elettorale» per il rinnovo del cda e condizionato il mercato in un momento delicato per la compagnia triestina.
La Uss Gravely (DDG-107), una nave da guerra lanciamissili della Marina degli Stati Uniti, arrivata al porto di Port of Spain in Trinidad e Tobago (Getty Images)
(Guardia di Finanza)
Nei giorni scorsi, militari del Comando Provinciale della Guardia di finanza di Napoli, nell’ambito delle attività di controllo economico del territorio e di contrasto ai traffici illeciti, hanno sequestrato, a Lettere, 142 kg. di infiorescenze di cannabis già pronte per il confezionamento e la vendita, oltre a 5.750 piante in essicazione e 390 piante in avanzato stato di vegetazione e maturazione, per un peso complessivo di oltre 1.000 kg., nonché denunciato un soggetto incensurato per produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti.
In particolare, i finanzieri della Compagnia Castellammare di Stabia hanno individuato, sui Monti Lattari, un capannone strutturato su due livelli, convertito in laboratorio per la lavorazione di cannabis. Il manufatto era dotato di una rete di fili di ferro al soffitto, essiccatoi e macchinari di separazione. All’interno della serra sono state rinvenute le piante in vegetazione, incastonate tra fili di nylon per sostenerne la crescita e alimentate con un percorso di irrigazione rudimentale.
Dai riscontri delle Fiamme Gialle è emerso che la produzione era destinata al consumo di droghe per uso personale dato che, nel prodotto finito, risultavano già separate le infiorescenze dalla parte legnosa, pronte per il confezionamento in dosi.
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Donald Trump e il premier cambogiano Hun Manet al vertice di Kuala Lumpur (Getty Images)