2022-04-16
Indagato nel Covid-gate di Arcuri: ora è lo «spin doctor» di Speranza
Roberto Speranza (Imagoeconomica)
Sergio Iavicoli era dirigente Inail e componente del Cts: è accusato dai pm di Roma di falso ideologico. Avrebbe validato le mascherine fallate acquistate da Pechino. Il suo nuovo stipendio è di 200.000 euro.Il primo settembre scorso il ministro della Salute Roberto Speranza aveva esultato: «È una gran bella notizia che da oggi il ministero della Salute possa avvalersi del lavoro di altre due persone di grande qualità. Ho proposto Giuseppe Ippolito come direttore della ricerca e dell’innovazione e Sergio Iavicoli come direttore della comunicazione e dei rapporti internazionali». Contento lui, verrebbe da dire. Infatti in quel momento Iavicoli, cinquantasettenne medico del lavoro e dirigente Inail, era già indagato dalla Procura di Roma per falso ideologico, anche se la notizia era ancora riservata. Il team da lui creato ha dato un supporto decisivo, con i suoi pareri trasmessi al Cts, alla validazione delle mascherine acquistate dal Commissario straordinario. Tra i dpi «promossi» anche i 700 milioni ritenuti non conformi dalle indagini di due Procure e acquistati in Cina tramite il gruppo di mediatori guidati dall’ingegnere milanese Andrea Tommasi. Il 19 e 24 marzo e il 9 aprile 2021 i militari della Guardia di finanza si sono recati negli uffici del dipartimento di Medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Inail diretto da Iavicoli e hanno notificato a quest’ultimo un ordine di esibizione atti concernente tra l’altro l’acquisizione del «carteggio intrattenuto con il Comitato tecnico scientifico per la validazione dei dispositivi di protezione individuale importati dalla Cina» che facevano parte della maxi commessa intermediata da Tommasi & C. Nel momento delle validazioni Iavicoli era anche componente del Cts, che approvava in deroga le mascherine previo parere dell’Inail. Quindi, in qualche modo, chiedeva valutazioni a sé stesso.Il 14 giugno 2021 la Guardia di finanza consegna un’informativa su questo filone dell’inchiesta alla Procura di Roma e il 21 giugno i magistrati iscrivono sul registro degli indagati Iavicoli per falso ideologico. L’1 settembre il medico romano conquista il posto da direttore generale al ministero. Il 17 marzo 2022 i pm ritengono che «le indagini» nei suoi confronti «debbano proseguire». Il 13 aprile, la notizia compare sul Fatto quotidiano, ma non ha alcun effetto. In un appunto esplicativo consegnato alle Fiamme gialle Iavicoli spiega che l’Inail ha messo a disposizione del gruppo di lavoro, oggi considerato dagli inquirenti il buco nero nella catena delle certificazioni, personalità del suo dipartimento. Ma non avrebbero agito da soli, bensì di concerto con «personale della Direzione generale della Prevenzione del ministero della Salute» e avrebbero preso le loro decisioni «esclusivamente su base documentale». Iavicoli fa anche sapere che per rendere più produttiva l’attività di validazione del gruppo, l’Inail aveva messo a disposizione anche una casella di posta elettronica. Nel suo ruolo di capo dipartimento, il 30 maggio 2021, aveva inviato una nota con oggetto «razionalizzazione attività di supporto nell’emergenza sanitaria» e «costituzione gruppo di lavoro Dimeila». Nel testo si spiegava che il gruppo era stato costituito il 2 maggio e che era «coordinato dalla dottoressa Diana Gagliardi» e «partecipato dai ricercatori e tecnici del Dimeila». Il 16 maggio, in una nota inviata al capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, Agostino Miozzo, coordinatore del Cts, aveva inutilmente chiesto «di procedere con la massima urgenza alla convocazione di una conferenza dei servizi» con i vari soggetti coinvolti, compresa Inail «avente oggetto “elaborazione di protocolli condivisi sulle procedure di validazione dei dispositivi di protezione”». Alla mail inviata anche a Iavicoli, aveva risposto in modo sarcastico Domenico Arcuri: «Non sarei sicuro, per dirla eufemisticamente, che la conferenza dei servizi possa essere lo strumento utile per risolvere le problematiche descritte». In quel momento era già il partito il gruppo di lavoro di Iavicoli.Nelle conclusioni di una corposa informativa depositata dalla Procura, gli investigatori, a seguito dell’analisi dei produttori delle mascherine arrivate con la maxicommessa, evidenziano come «le richieste di validazione dei dpi sono state trasmesse sia all’Inail di Monte Porzio Catone […] che all’Inail Direzione centrale ricerca […]». Quindi aggiungono: «Ebbene, all’esito della disamina documentale sostanzialmente basata sui medesimi test report forniti dai produttori, le due sedi Inail hanno emesso pareri contrastanti; infatti, mentre l’Inail di Monte Porzio Catone ha emesso un esito di valutazione positivo, l’Inail Direzione centrale ricerca ha emesso un esito di valutazione negativo». Altra anomalia: le fatture sarebbero «state regolate in molteplici casi, prima rispetto alla validazione da parte del Cts».Dunque il gruppo di Monte Porzio Catone avrebbe avuto le maglie larghissime e grazie alle sue valutazioni quasi tutte le mascherine avrebbero ottenuto il via libera. In una tabella riepilogativa, gli uomini nel Nucleo speciale di Polizia valutaria mettono graficamente a confronto i «pareri difformi emessi dalle due strutture Inail con riguardo a 17 produttori di dpi finora analizzati».Il risultato è senza appello: l’Inail centrale ha bocciato 16 produttori su 17, mentre quella di Monte Porzio Catone ha approvato in prima battuta i dpi di 9 fabbricanti e sanato la bocciatura degli altri 8 alla seconda presentazione di documentazione.Gli investigatori, a riprova dei presunti aggiustamenti delle pratiche, dedicano un paragrafo della loro annotazione «ai rapporti tra gli indagati e tra questi e la struttura commissariale». Qui si ritrovano diverse mail contenenti, tra l’altro, «le anticipazioni dei pareri positivi e/o negativi sui dispositivi sottoposti a valutazione da parte degli organi competenti». Viene sottolineata anche «la partecipazione attiva degli indagati nel predisporre per conto dei consorzi cinesi, le comunicazioni da inoltrare alla struttura commissariale al fine di risolvere eventuali problematiche sorte nella fase di valutazione dei dispositivi». Per esempio viene citata la mail inviata il 3 maggio 2020 dal responsabile unico del procedimento, Antonio Fabbrocini, a Tommasi «contenente il parere negativo del produttore “Wenzhou Jinyi Medical Devices” ». Ma anche alle bocciature si trovava rapido rimedio. Per esempio, agli atti, si trova anche il testo di una missiva predisposta dai mediatori e poi inviata da uno dei consorzi cinesi a Fabbrocini con «l’integrazione documentale». Sanatorie che quasi sempre sbloccavano la situazione. Caso emblematico è quello delle mascherine marchiate Celecare. Inizialmente anche l’Inail di Monte Porzio Catone aveva dato parere negativo, ma a seguito della consegna di un secondo test, l’ufficio ha acceso il semaforo verde. Il report risolutivo, annotano gli investigatori, «reca una data di emissione (20 aprile 2020) antecedente rispetto al primo invio effettuato dal produttore (29 aprile 2020) per l’ottenimento della validazione». Per questo la Guardia di finanza rimarca: «Appare anomalo che lo stesso non sia stato già trasmesso con il primo inoltro in quanto già apparentemente disponibile». Altra situazione opaca è quella relativa alla validazione delle mascherine Ffp3 del «produttore Wenzhou junyue bag making Co. Ltd» . I finanzieri evidenziano come «la struttura dell’Inail Direzione centrale ricerca, nell’emettere il parere negativo […], ha evidenziato che il laboratorio Jiangsu guojian testing technology Co. Ltd che ha emesso il test report […] ha dichiarato che lo stesso non è autentico». Eppure, l’Inail di Monte Porzio Catone, di fronte al documento patacca e a un secondo «ha emesso, in data 26 maggio 2020, parere positivo». Sedici mesi dopo, il creatore del gruppo, Sergio Iavicoli, è stato promosso a direttore generale comunicazione e rapporti europei e internazionali. La nuova avventura lavorativa è iniziata il 30 agosto 2021 e ha come scadenza il 29 agosto 2024. Lo stipendio lordo supera i 200.000 euro annui. Il sito del ministero segnala tra le sue prime trasferte una a Dubai, costata quasi 4.000 euro. Un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo.
Marta Cartabia (Imagoeconomica)