2020-07-28
Indagano un politico che voleva pagare di tasca sua
Mai prima d'ora ci era capitato di vedere finire un politico sul banco degli imputati non per aver rubato, ma per aver cercato di pagare di tasca propria un conto. Tuttavia, neppure ci era mai capitato di imbatterci in un'ipotesi di reato per frode in fornitura pubblica, dove la frode non si sa bene in che cosa consista, se cioè nel non aver impedito che una società detenuta dai parenti del politico rifornisse l'ente pubblico o se, una volta resa nota la storia dell'appalto, la violazione della legge si sarebbe tradotta nell'aver voluto trasformare la fornitura in una donazione senza scopo di lucro. [...]O, peggio ancora, nell'interruzione di parte della donazione. Quale che sia la tesi della Procura e dei pubblici accusatori che da giorni tentano di bruciare sull'altare dello scandalo Attilio Fontana, governatore della Lombardia, la faccenda ha dell'incredibile, al punto che anche a spiegarla si fa fatica.Già, perché come si fa a rendere comprensibile una frode che non c'è, perché la Regione non ci ha rimesso un soldo? Come è possibile far capire che, alla fine di questo pasticcio, l'ente pubblico ci ha guadagnato, in quanto i camici che dovevano essere forniti al personale sanitario sono stati donati e non comprati? Come si può spiegare che il presidente della Lombardia è indagato per aver provato a risarcire il cognato a seguito della fornitura sfumata? Sì, tutta la vicenda è strampalata, forse perché Fontana si è comportato in modo ingenuo, pensando di sanare una questione che poteva essergli rimproverata come un possibile conflitto d'interessi. Ma muovendosi in questo modo egli ha creato ancora più guai di quelli a cui sarebbe andato incontro se si fosse scoperto che l'azienda del cognato riforniva la Regione di dispositivi di protezione a pagamento. Tutto naturalmente nasce dai giorni della grande emergenza, quando l'Italia e in particolare la Lombardia, si scoprono indifese davanti al Covid. In quei giorni, medici e infermieri lamentavano l'assenza di mascherine, guanti e camici, mentre la centrale d'acquisto della pubblica amministrazione sembrava in bambola, incapace di provvedere. Gran parte di quel materiale era infatti d'importazione, ma a causa dell'epidemia di coronavirus, nessun Paese era disposto a privarsene, dunque le esportazioni erano state all'improvviso bloccate. Che fare a questo punto? Molte imprese cominciarono a produrre in proprio mascherine e disinfettanti, oltre che camici, e tra queste anche una nota industria d'abbigliamento, la Dama Spa, proprietaria del marchio Paul & Shark. Peccato che l'azienda pronta a sfornare indumenti per medici e infermieri sia di proprietà del cognato del governatore e, per un 10 per cento, anche della moglie di Fontana. Insomma, il presidente della Lombardia rischiava l'accusa di aver favorito un parente in piena emergenza. Non so quando ai vertici del Pirellone si siano resi conto del pericolo, né se lo abbiano davvero ben valutato. Presi com'erano da una situazione drammatica, forse hanno sottovalutato la cosa, convinti in buona fede che, essendo la fornitura a prezzi di mercato, anzi un po' sotto i valori che si potevano spuntare per i camici, nessuno avrebbe avuto nulla da ridire. Invece eccoci arrivare a metà maggio, quando metà del materiale è già stato consegnato. Forse qualcuno parla con Fontana mettendolo in guardia dal rischio o forse no. Sta di fatto che il governatore chiede al cognato di donare i camici, cioè di non farseli pagare. Non solo: senza neppure parlarne con il fratello della moglie, il governatore prova a pagare di tasca propria, ordinando alla banca di bonificare 250.000 euro alla Dama. E qui il povero - si fa per dire, visto il patrimonio di cui adesso vi diremo – Fontana si mette nei guai grossi, perché il denaro arriva dalla Svizzera. Anzi molti anni fa quei soldi, riconducibili alla madre, erano alle Bahamas, ma poi furono fatti rientrare e, approfittando di uno dei molti condoni, vennero regolarizzati, ma lasciati in un caveau della vicina Confederazione. Scandalo: oltre a essere in conflitto d'interessi, il governatore ha pure i milioni all'estero, in quello che un tempo era considerato un paradiso fiscale. Già, un tempo. Ma ora è tutto regolare, tutto alla luce del sole. Prova ne sia che nessuno gli contesta di aver evaso le tasse, anche perché quei soldi stanno nella sua dichiarazione patrimoniale. Tuttavia, per qualcuno è sufficiente evocare la Svizzera per immaginarsi chissà quali maneggi. Allora, già che ci siamo, informiamo i vari indignati speciali che se la prendono con l'unico politico che mette i soldi invece di prenderli, di un segreto. Il governatore, oltre a un conto, di là dal confine ha anche una casa plurifamiliare con appartamento, box, giardino, ruscello e pure bosco: sta nell'elenco di oltre una trentina di immobili depositato in Regione. Ma il problema sono i camici a 6 euro.
Tyler Robinson dal carcere dello Utah (Ansa)
Tedros Ghebreyesus (Ansa)