2025-05-01
Covid, il superteste inguaia Delrio
Sentito dalla commissione d’inchiesta Alessandro Canali, ex dirigente di Adm, chiama in causa l’ex ministro e Guido Bertolaso: «Da loro insistenze per sdoganare le mascherine».Nel periodo più critico delle importazioni di mascherine sarebbe cominciato un pressing della politica sull’Agenzia delle Dogane. Per esempio «ci fu un interessamento di Graziano Delrio e di Guido Bertolaso per alcuni sdoganamenti». Alessandro Canali, che di Marcello Minenna, ex direttore dell’Agenzia delle Dogane in quel momento era il braccio destro, lo spiega alla Verità dopo la sua audizione in Commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia. Graziano Delrio era il capogruppo del Pd alla camera, Guido Bertolaso, invece, era il consulente Covid della Regione Lombardia. I due però, a sentire Canali, non erano gli unici: «Di telefonate dal panorama politico ne arrivavano parecchie». Dopo oltre quattro ore di sommarie informazioni in Aula, tra momenti pubblici e spezzoni secretati, però, Canali dice di essere «confuso e stanco». E taglia corto. D’altra parte è stata un’audizione fiume. Durante la quale, per esempio, è saltato fuori anche che da un controllo dell’Agenzia delle dogane sulle importazioni di mascherine del Commissario straordinario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri era emerso che il prezzo di acquisto era superiore a quello medio di mercato. «Minenna», ha spiegato ai commissari Canali, «chiese una relazione sui prezzi. Il primo report confermava che le mascherine venivano pagate molto di più. A quel punto Minenna mi dice che era grave e che bisognava informare il governo». Il presidente del Consiglio era Giuseppe Conte. E Canali ricorda che Minenna gli avrebbe detto anche che «avrebbe informato il capo di gabinetto di Conte, che all’epoca era Goracci (Alessandro, ndr)». Ma c’è un secondo passaggio in cui il testimone conferma l’esistenza del report inviato al governo: Miguel Martina, che alle Dogane si occupava di antifrode, era «altrettanto a conoscenza di questo fatto perché fu lui stesso a comunicare direttamente la criticità a Palazzo Chigi». E ancora: «Montemagno (Maurizio, altro dirigente delle Dogane, ndr)», aggiunge Canali, «mi conferma che sul costo alto delle mascherine era stata inviata una segnalazione alla Procura di Roma». Il procedimento sarebbe finito al pm Gennaro Varone. E in questo preciso momento l’audizione viene secretata. «Lo appuntai tra le mie note», dice ancora Canali, «perché avevo la delega ai rapporti con l’autorità giudiziaria e questa cosa non era passata da me». Nonostante la gravità delle segnalazioni, però, la risposta del governo sarebbe stata tutt'altro che tempestiva, anzi, decisamente controproducente. I controlli sarebbero stati esclusi completamente. E l’esame della merce avveniva a campione. «Se veniva segnalato un controllo materiale in base al criterio di rischio», spiega Canali, «bisognava verificare la merce», ma un provvedimento interno, che avrebbe recepito una direttiva del Commissario Arcuri, secondo Canali, avrebbe dato ai funzionari delle Dogane «la possibilità di non andare». Ovvero di non effettuare le verifiche sul campo. «La deroga era questa», afferma l’ex numero due delle Dogane: «I funzionari antifrode dovevano fare comunque dei controlli, ma questi slittarono nel tempo». Di fatto era una deroga. Della quale avrebbe goduto anche la Wenzhou, una delle tre aziende intermediate dall’ex giornalista Mario Benotti: «All’epoca», ricorda Canali, «sentii che al 20 o il 30 per cento delle importazioni Wenzhou si applicava il modello A22 (il codice interno per la deroga ai controlli, ndr). Si trattava di grosse importazioni e questo era il motivo di scontri in Agenzia delle dogane». Perché, a parere di Canali, «tutte le procedure semplificate perdono in accuratezza». E il punto più allarmante è questo: «Ci fu», ricorda Canali, «un abbattimento generalizzato dei controlli». Che non avrebbero più previsto lo spacchettamento della mascherina e l’apertura della merce «con verifica delle stampigliature sulle etichette». Il testimone, però, precisa: «Io non ho mai assistito ai controlli». Tutto sarebbe avvenuto nel 2020, quando il commissario «aveva previsto», secondo Canali, «che le mascherine importate da lui andassero tutte a controllo documentale e non a verifica materiale». E nonostante i «forti dubbi» che Canali segnalò rispetto alla «possibilità che una norma commissariale agisse su una norma dell’Unione europea», è quello che sarebbe avvenuto. «Palazzo Chigi sarebbe stato informato del rischio concreto che le mascherine importate fossero inidonee nonché pagate di più rispetto al prezzo medio praticato all’epoca. E, nonostante circolassero anche alert su consegne di mascherine con certificazioni fasulle, il governo e la struttura commissariale guidata da Arcuri avrebbero chiesto di velocizzare i controlli come effettivamente avvenne dal primo luglio 2020 con l’ordine di sdoganamento automatico», ha puntato il dito la capogruppo in Commissione Covid Alice Buonguerrieri di Fratelli d’Italia, ritenendo questo approccio «quantomeno spregiudicato». «Sono notizie sconcertanti che impongono un accertamento immediato da parte della Procura», ha aggiunto il capogruppo di Fdi alla Camera Galeazzo Bignami, annunciando la trasmissione dei verbali.
Ecco #DimmiLaVerità del 27 ottobre 2025. Ospite Marco Pellegrini del M5s. L'argomento del giorno è: "La follia europea di ostacolare la pace tra Russia e Ucraina"
Matteo Salvini (Ansa)
«Chiederò che sul Piano casa, scoperto nel 2026, parte dei fondi arrivi con gioia ed entusiasmo da parte di un sistema, quello delle banche, che sta facendo margini notevolissimi». Così il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini. «Non c'è nessun accanimento nei confronti delle banche. Mi limito a leggere i bilanci. Negli ultimi tre anni le banche hanno fatto 112 miliardi di euro di utili, spesso una parte di questi investimenti coperti da garanzie dello Stato e, quindi, nel caso che tutto andasse bene si va a utile, nel caso non andasse c'è lo Stato che copre e garantisce». Il vicepremier ha spiegato che la richiesta non nasce da una volontà punitiva, ma dal principio di equilibrio e collaborazione tra pubblico e privato. Secondo Salvini, le banche, dopo anni di margini record, possono contribuire concretamente a sostenere misure sociali e infrastrutturali, come il Piano casa, considerato «Una priorita' nazionale per dare risposte a chi oggi non può permettersi un alloggio dignitoso».
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