2020-10-02
In Rai è iniziata la caccia al cronista ribelle
Francesco Giorgino (Ansa)
Mentre Emanuele Fiano attacca in diretta Francesco Giorgino, dandogli del leghista, il renziano Davide Faraone «sanziona» Andrea Romoli, del «Tg2». È il segnale che in viale Mazzini i residui spazi di libertà per chi non è allineato si stanno restringendo sempre di più. Altro che tv sovranista...Mancava solo lo «shut up, man!» con cui il tenero Joe Biden ha apostrofato Donald Trump nella rissa elettorale di Cleveland. Emanuele Fiano non ha avuto il coraggio di dire «Stai zitto pirla» (traduzione a senso) ma c'è arrivato vicino nella querelle con Francesco Giorgino, giornalista di punta del Tg1, che durante la trasmissione Agorà aveva osato esprimere un parere non appiattito sulla vulgata di sinistra riguardo all'esito delle Regionali. Poiché si era su Raitre, dove anche gli asini volano purché rossi, la verità ha avuto un effetto straniante, lunare. Con il piddino Fiano a insinuare: «Nonostante i peana difensivi di Giorgino sulla Lega». E poi ad affondare il colpo a freddo: «Lei dovrebbe fare il giornalista obiettivo e non il difensore di un partito», seguita dalla stucchevole pantomima sul rimango o me ne vado. In Rai tira una pessima aria, gli episodi di intolleranza politica nei confronti dei giornalisti non allineati si susseguono nel silenzio compiacente del sistema mediatico mainstream impegnato a individuare fascisti su Marte. Giorgino non è l'ultimo della fila: conduttore del telegiornale, inviato di esperienza, da 25 anni in prima linea sui grandi eventi. Eppure il manganello rieducativo di Fiano è calato sulla sua schiena senza riguardi. Il giornalista ha saputo rispondere per le rime: «Ho il diritto di dire quello che penso, non quello che vuole in Pd. Lei è una persona poco corretta, questo è quello che fa male al giornalismo, l'intimidazione».A conferma che non si è trattato di un episodio determinato da eccessi d'istinto ma un agguato, qualche ora dopo è arrivato il siluro ufficiale dal Nazareno per bocca del parlamentare Andrea Romano: «Com'è accaduto che Francesco Giorgino, conduttore del Tg1 e giornalista della Tv pubblica, abbia assunto le vesti di portabandiera di Salvini nel dibattito televisivo? E come si permette di attaccare il deputato del Pd, Fiano, per avergli ricordato l'evidente partigianeria dei suoi commenti politici?». Uno lo teneva fermo e l'altro lo menava. A chiudere la gazzarra ha dovuto intervenire il comitato di redazione: «È un vizio diffuso e duro a morire, esponenti politici che danno pagelle ai giornalisti. Lo diciamo ancora una volta a tutti i partiti: tenete i giornalisti fuori dalla polemica politica». È un periodo sfortunato perché solo due settimane fa anche al Cdr è sfuggita una vicenda analoga: il renzianissimo senatore Davide Faraone ha chiesto alla Commissione di vigilanza Rai di prendere provvedimenti contro il giornalista del Tg2 Andrea Romoli che, sul suo profilo Facebook a proposito del sacerdote comasco assassinato da un immigrato irregolare tunisino, aveva scritto: «È stato ucciso da un immigrato violento e clandestino, non da un folle isolato». La pura verità. Ma erano le ore dell'omelia pelosa sull'indifferenza collettiva e sul gesto inconsulto di un matto. Poi il giudice avrebbe stabilito che quell'uomo è imputabile di omicidio premeditato ed è in grado di intendere e di volere, però la narrazione a sinistra è rimasta la stessa e Faraone ha manganellato a prescindere.La polizia del karma è in funzione. Controlla, normalizza, punisce con tecniche da vecchio Pci. I manganellatori scattano all'unisono, additano pubblicamente chi canta fuori dal coro non tanto per ottenere il ludibrio collettivo ma per «educarne cento» e far capire alle redazioni che belare nel gregge è vantaggioso. Ogni appiglio è buono per mostrare i muscoli. In gennaio il noto pasdaran Michele Anzaldi (sinistra storica, oggi Italia viva) aveva denunciato la Rai all'Agcom per violazione della par condicio durante la campagna elettorale in Emilia Romagna e Calabria, sostenendo che il Tg2 - da sempre in appalto all'opposizione - fosse troppo salviniano. L'autorità ha archiviato, smontando punto su punto l'esposto.Un altro messaggio sta passando nell'informazione Rai, tornata saldamente nelle mani del Pd dopo le ultime nomine: l'allineamento politico è più forte della resa dei programmi. Sei di sinistra? Puoi anche avere mezzo spettatore ma nessuno te ne chiederà conto. È il caso del flop su Raiuno di Monica Giandotti a Unomattina e di Serena Bortone a Oggi è un altro giorno, signore ex Raitre che galleggiano malinconicamente due punti sotto rispetto ai contenitori dell'anno scorso. Il fallimentare cambio di dna all'ammiraglia è stato imposto dal direttore Stefano Coletta, molto apprezzato dentro il Pd, quindi va benissimo. Silenzio in Commissione di vigilanza. L'avesse fatto Teresa De Santis sarebbe stata legata al cavallo di Messina.Il ragionamento vale anche per un pezzo da novanta come Monica Maggioni, ex presidente Rai tornata in video in giugno con Sette Storie, seconda serata su Raiuno. Un mezzo disastro, mai più del 7-8% di share, è del tutto evidente che non è Lilli Gruber. Eppure riparte in autunno. Anzi alle sue spalle c'è un inner circle che vorrebbe proprio lei al posto di Bruno Vespa a condurre il talk show di punta della rete. Nel frattempo, proprio fra Maggioni e Lucia Annunziata è cominciata la lotta sotterranea per accaparrarsi la notte elettorale americana, da sempre feudo di Vespa. Non fare il Giorgino conviene sempre, sotto la cappa della Rai rossa. L'esempio più noto è Fabio Fazio, anch'egli in crisi di ascolti e con il contratto in scadenza. Ormai non supera più il 10% di share e in molti si chiedono se sia giusto pagare 10 milioni all'anno per uno show bollito. Ma il fratacchione è politicamente fidato ed è dotato di manganello di velluto. Avrà ciò che chiede, il popolo non può capire. Com'era la barzelletta della Rai sovranista?