
Il Nazareno difende Reddito di cittadinanza e decreto Dignità: due misure a cui aveva dato voto contrario e sulle quali aveva speso parole di fuoco. Accusava il governo di favorire gli autonomi, ora strilla perché si mettono soldi in tasca ai dipendenti.Va bene, conosciamo tutti le regole perverse della polarizzazione politica estrema: l’avversario ha sempre torto, la contrapposizione deve essere tesissima, e via insultando e belligerando. Tuttavia, esisterebbe una soglia, un confine tra ragionevolezza e irragionevolezza, che sarebbe prudente non valicare con troppa leggerezza. E spesso quel confine è legato ai soldi che vanno o non vanno in tasca ai cittadini, e in particolare a quelle fasce di popolazione di cui un certo leader politico vorrebbe essere rappresentante. Ora, se uno è un leader sindacale oppure un leader di sinistra all’opposizione nell’Italia del 2023, e gli avversari di destra - attualmente al governo - convocano un cdm in cui viene deciso uno dei più consistenti tagli fiscali dell’ultimo decennio a favore dei lavoratori a reddito medio-basso, ragionevolezza suggerirebbe di non andare all’attacco in modo selvaggio e belluino.Potrà dispiacere agli avversari di Giorgia Meloni. Ma - appunto - degli avversari lucidi avrebbero potuto percorrere la strada del rilancio: proporre (presentando adeguate coperture) di incrementare le misure, di estenderle nella quantità e nel tempo (si tratta al momento di un intervento che vale per alcuni mesi, e che quindi confida in un buon andamento autunnale dell’economia per una stabilizzazione). Insomma, dal punto di vista di oppositori con i piedi per terra, sarebbe stato saggio dare atto al governo e al ministro del Lavoro Marina Calderone della buona scelta compiuta e contemporaneamente provare a trasmettere agli elettori l’idea che, per il Pd e i sindacati, si sarebbe dovuto (e si dovrebbe) fare ancora di più.E invece la sinistra politica e sindacale italiana ha scelto di urlare a prescindere. Nel caso di Maurizio Landini - diciamolo - con polemiche del tutto pretestuose: dalla contestazione della convocazione del cdm nella giornata del 1° maggio, alla protesta per l’invito rivolto dal governo ai sindacati a discuterne solo poche ore prima, nella serata di domenica. Non è mancata nemmeno - tra sindacati, partiti e media - una doglianza per l’uso che la Meloni ha fatto in un comunicato del termine «triplice», per riferirsi a Cgil-Cisl-Uil. Nel caso del Pd, le proteste hanno assunto un tratto ancora più bizzarro di contraddittorietà, per almeno sei ragioni. Primo: i dem, adesso, difendono a spada tratta due provvedimenti del passato (il reddito di cittadinanza e il decreto Dignità) rispetto ai quali però, al momento della adozione in Parlamento, votarono contro. Secondo: i dem contestano lo stanziamento eccessivo deciso dal governo (non a caso in Aula avevano votato contro il relativo scostamento di bilancio, la scorsa settimana), ma contemporaneamente - a posteriori - affermano che ai lavoratori andranno troppo pochi soldi in più. Terzo: nella scorsa legge di bilancio, quelli del Pd avevano accusato il governo di aver privilegiato gli autonomi, ma sparano a palle incatenate anche adesso, quando una misura è interamente destinata ai dipendenti. Quarto: i dem avevano accusato il governo, nelle settimane passate, di non aver fatto abbastanza per mitigare gli effetti dell’inflazione, però adesso - quando il provvedimento è arrivato - continuano a strillare. Quinto: nelle scorse settimane, il Pd aveva gridato al fianco dei settori produttivi che si dichiaravano disponibili ad assumere (dal turismo alla ristorazione), ma adesso, poiché ad avviso dei dem l’intervento governativo sui contratti a termine non è sufficientemente rigido e proibizionista, la sinistra non esita a descrivere le imprese come pronte a licenziare istantaneamente un lavoratore alla scadenza di un contratto a tempo determinato. Sesto: i dem aderiscono alla narrazione grillina sul presunto «massacro sociale» legato alla revisione del reddito di cittadinanza, quando invece l’intervento governativo appare ben più cauto e graduale rispetto a ciò che il centrodestra aveva detto in campagna elettorale. Come si vede, la sinistra dice tutto e il contrario di tutto, senza un minimo di coerenza. E può farlo perché i media - anche nella giornata del 1° maggio - si sono prestati al caos. Fa una certa impressione rivedere le aperture dei siti online di Corriere, Stampa e Repubblica alle ore 21 del 1° maggio. Repubblica: «Concertone sotto la pioggia, piazza piena. Tocca ai big. Ambra per la parità: “Dateci gli stessi diritti”. Ligabue: “La droga più vecchia del mondo è la smania di potere”». Stampa: «Il concertone a Roma, in 300.000 sotto la pioggia. Ligabue: “Il potere è la droga più antica del mondo, è tossico”. Ambra ricorda Lorenzo, morto durante l’alternanza scuola-lavoro». Corriere: «Concertone, torna Ligabue: “Il potere è tossico”. Mr Rain ricorda la psichiatra uccisa dall’ex paziente. Ambra: “Dateci la parità”». Tutto legittimo, ci mancherebbe, in particolare il ricordo delle due persone scomparse. Ma forse, avendo il governo varato da poche ore un aumento da 80-100 euro per i lavoratori a reddito più basso, questa notizia poteva essere più interessante delle fondamentali opinioni di Ambra e Ligabue. O no?
Lapo, Ginevra e John Elkann (Ansa)
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L'amministratore delegato di «Repubblica», Monica Mondardini, e il presidente del gruppo editoriale «L'Espresso», Carlo De Benedetti (Ansa)
La truffa milionaria all’Inps costa solo cinque mesi a Monica Mondardini, braccio destro di Carlo De Benedetti. Pena definita «incongrua» dal gip che aveva rifiutato la proposta due anni fa. Accolta la richiesta per altri 15 imputati, risarciti quasi 20 milioni.
Ha dovuto attendere due anni, ma alla fine il braccio destro di Carlo De Benedetti, Monica Mondardini (oggi ad del gruppo Compagnie industriali riunite), ha ottenuto di patteggiare una pena di soli 5 mesi per la truffa milionaria ai danni dell’Inps perpetrata dal gruppo editoriale Gedi (che all’epoca controllava La Repubblica, L’Espresso, testate locali e diverse radio) quando era lei a guidarlo.
Paola Concia (Ansa)
L’ex parlamentare del Pd e attivista Lgbt: «Sono favorevole da 30 anni, i dem non si schiaccino sulle posizioni dell’Anm. Non mi piace il progressismo delle scomuniche. Via il prosciutto dagli occhi: l’estremismo islamico è nemico dei diritti».
Anna Paola Concia, sono passati dieci giorni dalla sua lettera aperta alla sinistra. Reazioni?
«Nessuna».
Silenzio tombale?
«Qualcuno mi ha scritto privatamente, ma nessuna risposta pubblica. Perciò ignoro completamente cosa pensino».





