
Di enti di vigilanza sui rifiuti ve ne sono a bizzeffe. Solo che farli fessi è troppo facile.C'è un qualcosa di surreale nel dibattito sullo smaltimento dei rifiuti in generale e di quelli speciali, in particolare, tra i quali rientrano i rifiuti definiti «tossici» per il cui smaltimento sono dettate specifiche norme. Come spesso accade in questo Paese le norme non mancano, statali, regionali, di derivazione europea. Difficile, invece, è farle rispettare. Sicché accade che molti «produttori» di rifiuti, per evitare i costi dello smaltimento, si rivolgano alla malavita organizzata che vi provvede illegalmente sotterrando i rifiuti laddove «controlla il territorio». Definizione che, da sola, ad un uomo di legge, fa venire i brividi nel senso che sembra, in teoria, impossibile che esistano aree del Paese dove possano essere compiute impunemente queste attività, considerato che ogni angolo del territorio ricade sotto la competenza di autorità varie, dalle polizie municipali, alla Polizia di Stato, ai Carabinieri, alla Guardia di finanza. C'è, poi l'Arpa, l'Agenzia regionale protezione ambientale, che dovrebbe svolgere attività di vigilanza e controllo tecnico degli impianti di produzione e gestione dei rifiuti. Essa costituisce la sezione regionale del Catasto rifiuti che elabora i dati trasmessi dal Servizio informatico della Camera di commercio, al fine di fornire un quadro di conoscenza della produzione e della gestione dei rifiuti e di garantire i flussi informativi verso il ministero dell'Ambiente e la Comunità europea. Ogni regione, inoltre, ha un «Piano di gestione dei rifiuti» prodotti nel territorio.Riassunta così la materia, un cittadino ingenuo dovrebbe giungere alla conclusione che neppure un grammo di rifiuti possa andare perduto, che sapendo dalla Camera di commercio chi produce rifiuti e quanti dovrebbe essere semplice controllare le bolle di accompagnamento dei rifiuti che escono dall'impianto che li ha prodotti. Per cui è evidente che, tanto per fare un esempio, se nella «Terra dei fuochi», tra Napoli e Caserta, la malavita ha sotterrato nel corso degli anni ingenti quantità di rifiuti speciali, vuol dire che quel controllo, che abbiamo appena immaginato non viene svolto. Eppure, dovrebbe essere semplice verificare, in rapporto ai singoli processi produttivi, quanti sono i rifiuti. Per cui, avendo su un data base indicata la quantità dei beni prodotti e sapendo quanti sono i rifiuti che conseguono a quelle quantità basterebbe chiedere al responsabile dell'impresa di esibire la bolla di accompagnamento dei rifiuti alla competente discarica.Se questo non accade, se continuano ad essere dispersi e/o interrati rifiuti, in particolare quelli definiti speciali e pericolosi, vuol dire che molte sono le falle del sistema prima delineato. E soprattutto che nessuno degli uffici ai quali compete il controllo del territorio fa fino in fondo il proprio dovere anche quando, avendo evidenti elementi indiziari, non indaga per accertare l'esistenza di comportamenti illeciti che costituiscono reati.Sono tanti, come abbiamo visto, gli enti coinvolti nel controllo del territorio. Possibile che nessuno riesca a mettere un freno a questo scempio dell'ambiente? Che, con un'azione energica e penetrante, non renda lo smaltimento illegale troppo rischioso per la malavita e, pertanto, più costoso di quello del conferimento ad una discarica autorizzata? E questo senza considerare che, per altro verso, i rifiuti, accuratamente trattati con ricorso alle tecniche oggi disponibili, generano utilità. Alcuni anni fa, ad esempio, fu realizzato a Villacidro in Sardegna, finanziato dalla Cassa per il Mezzogiorno, un impianto di trasformazione di fanghi industriali che produceva biogas e fertilizzanti. E sappiamo che termovalorizzatori al centro di alcune città, in Italia ed in Europa, sono un esempio virtuoso.Infine, vi è il sospetto che, se non abbiamo contezza delle produzioni di beni che generano rifiuti, anche all'Agenzia delle entrate manca un dato importante ai fini del reddito d'impresa.
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.
Ansa
Gli obiettivi imposti sono rifiutati perché deleteri e insostenibili. Farebbero meglio a seguire i consigli di Bill Gates.
L’appuntamento è fisso e il corollario di allarmi sulla imminente fine del mondo arriva puntuale. Alla vigilia della Cop30 - la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si terrà a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre - il fronte allarmista globale ha rinnovato il coro catastrofico con la pubblicazione di due rapporti cruciali. L’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) ha diffuso il suo State of the Global Climate Update 2025, mentre l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha pubblicato il suo Climate Action Monitor 2025.






