2018-09-15
In Italia per curarsi ci si rovina. La Grillo: meno costi per i cittadini
L'Oms certifica: la quota di spesa per prestazioni mediche scaricata sui privati è così alta da mettere a rischio il diritto alla salute. Il ministro vuole invertire il trend grazie a un maggiore intervento statale.La spesa sostenuta dal cittadino per le cure sanitarie verrà ridotta. L'annuncio è arrivato ieri dal ministro della Salute Giulia Grillo come commento ai dati contenuti nella relazione europea 2018 dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) pubblicata in questi giorni. «In Italia», ha dichiarato il ministro a proposito della spesa privata, «siamo al 23% del totale, mentre la soglia sopra la quale è a rischio l'accesso alle cure è, secondo l'Oms, del 15%. La ridurremo». Secondo l'Oms Europa, infatti, se per avere accesso a una prestazione sanitaria la spesa che un cittadino deve sborsare di tasca propria (in inglese out of pocket) supera il 15% del totale della spesa sanitaria, viene meno l'uguaglianza e l'accessibilità alle cure. Nel nostro Paese la spesa privata è 8 punti percentuali più alta della soglia e questa differenza mette a rischio il principio dell'accesso universalistico alle cure sanitarie, previsto dall'articolo 32 della Costituzione. Come riporta il documento Oms Europa, l'accesso alle cure c'è, ma non è omogeneo. L'assistenza infatti è offerta a tutti i cittadini, con risultati come il miglioramento di alcuni parametri, in primis l'aspettativa di vita in cui l'Italia è seconda solo alla Spagna. La possibilità di accedere alle prestazioni sanitarie, però, varia in base alle regioni e a seconda del livello di reddito. Se, banalmente, lo Stato aumentasse la sua quota per le prestazioni sanitarie (Fondo sanitario nazionale), il cittadino pagherebbe meno. In tempi di crisi questo sembrerebbe impossibile, soprattutto dopo anni di continui tagli in nome della riduzione dei costi. A sorpresa, e in controtendenza rispetto ai governi precedenti, la Grillo ha affermato, in riferimento all'aumento del Fondo sanitario nella legge di bilancio, che «qualche segnale incoraggiante c'è» e, ha assicurato, «stiamo lavorando affinché ciò accada». Come riporta l'ottavo Rapporto Censis-Rbm assicurazione salute, 44 milioni di italiani nel 2017 hanno pagato fino a 655 euro pro capite, per un totale di 40 miliardi di euro (+9,6% rispetto al periodo 2013-2017), per accedere a 150 milioni cure e prestazioni. Le famiglie hanno speso principalmente in farmaci, visite specialistiche, cure dentali, analisi di laboratorio, occhiali e protesi. A rimetterci sono state soprattutto le famiglie meno abbienti: un'intera tredicesima di un operaio va per la salute. Sono 7 milioni, inoltre, gli italiani che si sono indebitati per pagare cure e servizi sanitari e 2,8 milioni si sono spinti fino a vendere la casa. Ci sono poi quelli che rinunciano alle cure. Nel 2016, secondo i dati del rapporto Crea-Sanità, 4,3 milioni di famiglie (17,1%) hanno dovuto limitare le spese sanitarie per motivi economici e oltre 1,1 milioni le hanno annullate del tutto. Hanno rinunciato a curarsi soprattutto le persone nella fascia da 51 a 69 anni. Il fenomeno è allarmante soprattutto al Sud, dove non si cura per motivi economici l'8,4% dei nuclei familiari. Se le cose non cambiano, dice il report Censis-Rbm, l'esborso medio pro capite di 655 euro rischia di arrivare a mille nel 2025. La questione è cruciale. La spesa del settore sanitario, dice il report Oms-Europa, era scesa dopo la crisi economica del 2008, ma sta nuovamente crescendo e, con l'aumento delle malattie croniche e degli anziani, la spesa sanitaria pro capite, che nel 2015 era pari a 2.502 euro, esploderà con notevoli ricadute anche nella quota privata. Non a caso il ministro Grillo, nell'incontro di ieri con la stampa, ha affermato, a nome dell'esecutivo che stanno «lavorando sulla spesa out of pocket» e puntano a «ridurla facendo efficienza e appropriatezza (combattere per esempio l'eccesso di prestazioni inutili e non necessarie)», ma anche diminuendo «i ticket sui farmaci e sulla specialistica». Forte dell'interlocuzione con il ministero dell'Economia e delle Finanze che «c'incoraggia», la Grillo potrebbe invertire la tendenza e aumentare un Fondo sanitario che, in nome della spending review, si è ridotto al punto di essere al livello dei Paesi dell'Est Europa. Fino ad oggi, per garantire l'assistenza a tutti i cittadini, invece di fare come gli altri governi dell'Ue, che hanno aumentato la spesa sanitaria statale, gli esecutivi italiani hanno tagliato la loro quota e aumentato quella a carico degli assistiti. I dati del rapporto Crea-Sanità sono chiari. Nel 2016, «mentre nei Paesi dell'Europa occidentale lo Stato ha fatto fronte al 78,8% della spesa sanitaria corrente, in Italia il valore è stato pari al 75%», vicino al 72,3% degli Stati dell'Europa dell'Est. «Tra la spesa pubblica per la salute dei principali Stati europei e quella italiana c'è una differenza del 35,2%, mentre per quanto riguarda la spesa privata il gap è del 16%». La spesa sanitaria in Italia è pari al 9,1% del Pil, sotto la media dell'Unione europea (9,9%). Lo spazio di manovra c'è.
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.