2021-07-06
In Gran Bretagna liberi tutti. In Italia ancora terrorismo
(Hollie Adams/Getty Images)
La variante delta si diffonde ma non crea problemi in ospedale: va trattata come un normale virus stagionale. Invece da noi è psicosi, che investe in primo luogo la scuola. Anche perché su spazi e trasporti si è fatto poco. Delta o non delta, noi arriveremo a Londra. Boris Johnson libera gli inglesi dal 19 luglio: niente più mascherine, nemmeno al chiuso e addio persino al dogma del distanziamento sociale. È un pazzo lui, o siamo degli psicoterroristi noi? Da settimane, sui giornali e i tg, campeggiano titoli sulla variante indiana che «preoccupa», «diverrà prevalente», o, come ammoniva ieri su Repubblica il fisico Roberto Battiston, ha interrotto il trend in calo dei contagi. Ma mentre da noi Vincenzo De Luca si prepara a imporre i Dpi ai campani per tutta l'estate; mentre Franco Locatelli punta il dito contro la finale dell'Europeo a Wembley, lo stadio degli appestati; il premier britannico, che pure, per prudenza, aveva rinviato di un mese la riapertura totale, mantiene l'ultima promessa stipulata con il suo popolo. In Italia, la sinistra pandemica ha invece adottato la forma evoluta - la variante, diremmo - della vecchia strategia della tensione: siamo alla «strategia dell'apprensione», all'emergenza permanente fondata sulla paura. Sarà che qualcuno, memore del 2020, cerca di mettere le mani avanti, in vista del ritorno a scuola: su autobus, metro e aule siamo di nuovo a carissimo amico. Occorre un diversivo: la vaccinazione obbligatoria. «Avete la mascherina, ma si vede che siete contenti», pontifica il ministro, Patrizio Bianchi, con gli studenti dell'istituto Natta di Bergamo. Parla delle «centinaia di milioni di euro per aumentare la sicurezza», con «dispositivi d'areazione, ventilazione meccanica e sanificazione». Ma ammette le «troppe incertezze che circondano la ripresa della didattica a settembre. Limitarsi a dire che l'avvio dell'anno scolastico sarà con mascherine e distanziamento», come ha proposto il Cts, «non è sufficiente». Bisogna fare passi avanti sul «tracciamento» e su «uno dei nodi più delicati in assoluto, quello dei trasporti». Chi ci avrebbe mai pensato... Ma si deve anche «necessariamente completare la vaccinazione del personale della scuola». Ecco. Ben più esplicito è il suo ex consulente, Agostino Miozzo, sentito dalla Stampa: «Non facciamoci illusioni, sarà un altro anno da vivere in emergenza, la scuola apre domani e miracoli non se ne fanno». Miracoli no, però iniezioni sì: «Abbiamo più di 2 milioni e mezzo di over 60 ancora in attesa di vaccinazione […]. E mi chiedo: quanti di questi sono operatori scolastici? Sappiamo che circa il 15% del personale scolastico, oltre 200.000 persone, non ha ricevuto nemmeno una dose. I più anziani di loro rischiano conseguenze serie in caso di focolai a scuola». Quindi? Serve «una forte moral suasion verso i reticenti», per andare, invero, «verso l'obbligo di vaccinazione per chi sta a contatto con gli studenti». E poi, «da qui a fine anno si potrà iniziare a ragionare» altresì sull'obbligo per gli scolari. Il solito De Luca ci mette il carico da novanta: «Prepareremo entro questa settimana un piano di vaccinazione straordinaria per la popolazione studentesca», se no «le scuole non possono aprire». È la «decisione politica» auspicata dall'igienista Fabrizio Pregliasco. Peccato che, sul piano scientifico, la Germania stia frenando sui sieri ai minori: «Troppi pochi dati» per raccomandarli dai 12 anni in su, spiega la Commissione permanente per le vaccinazioni (Stiko). Alla fine - La Verità l'ha denunciato - il ricatto qui sarà: o vaccino, o Dad. Anzi, a sentire Antonello Giannelli, numero uno dell'Associazione nazionale presidi, ci ritroveremo con vaccino e Dad: «Se resta il distanziamento le scuole non potranno fare a meno di ricorrere» alle lezioni online. Alla faccia dei fantastiliardi investiti da Bianchi. Nello Stivale, è sempre là che si va a parare: alla coercizione. E poi scatta la «caccia», come la chiamano i media, al minorenne o all'ultrasessantenne da inoculare. Fatichiamo a ragionare nei termini di Singapore e dell'Inghilterra: il Sars-Cov-2 non sparirà, e nondimeno, diventando endemico, dovrebbe perdere aggressività. La gente è libera di scegliere se esporsi al rischio (basso) rappresentato dai vaccini disponibili, o a quello (più elevato per quasi tutte le fasce d'età) di essere infettata. Soprattutto, però, se si tratta di coesistere con la malattia, il punto non sarà contare i casi, bensì impedire il sovraffollamento degli ospedali. E le esperienze straniere dovrebbero incoraggiarci. La Gran Bretagna mostra che, nonostante una circolazione sostenuta del virus e l'allentamento dei divieti, i nosocomi sono sgombri e le vittime sono pochissime. Nella nazione che, peraltro, ha puntato sulla vaccinazione con dose singola; e ormai siamo certi che, con la doppia dose, la protezione è maggiore. Ieri, in Italia ci sono stati 480 infetti, contro i 389 di lunedì scorso: il Sars-Cov-2 sta rialzando un po' la testa. Ma il tasso di positività è stabile allo 0,6%. E i morti, 31, rispetto ai 12 di domenica, risentono di recuperi nei conteggi risalenti addirittura a mesi fa. Nessuna controtendenza su terapie intensive (-6, con due soli nuovi ingressi) e ricoveri ordinari (-27). Tutto in linea con i più recenti dati di Israele. Dai quali apprendiamo, sì, che sulle infezioni da variante delta, l'efficacia del rimedio Pfizer cala dal 94% al 64%. Tuttavia, essa si attesta al 98,2%, quando si parla di ricoveri. In sostanza: si diventa positivi, ci si becca il raffreddore o la febbre, ma non si finisce intubati. E allora? Perché non siamo disposti ad accettare che i casi aumentino, se ciò non provocherà un allarme sanitario? Se la gente starà a casa a starnutire e non nei reparti Covid a morire? Se lo stesso Miozzo ammette che a settembre «non andrà come l'anno scorso, non avremo picchi di ricoveri in terapia intensiva o centinaia di morti al giorno»? Per giustificare le chiusure agli occhi dei giovani, li si esortava: «Proteggete i nonni». Bene. I nonni, ora, sono protetti. Quelli che il farmaco anti Covid lo rifiutano, avranno le loro ragioni. Saranno sufficientemente adulti e (non) vaccinati per assumersi le proprie responsabilità. O per dolersene troppo tardi, come raccontano, un pelino gongolanti, i novelli sacerdoti della teocrazia medica. Tipo Massimo Antonelli, del Gemelli di Roma: «Ci capita abbastanza spesso di curare persone che avrebbero avuto diritto al vaccino, ma hanno scelto di non farlo, e che dopo la malattia inevitabilmente si ricredono». «Penitenziagite», ammoniva, nel Trecento, fra Dolcino da Novara. Quando ancora non esisteva la variante delta.