2019-04-09
In casa di Dracula, il nostro esercito si addestra alla guerra (sanitaria)
In corso in Transilvania l'esercitazione della Nato per mettere a punto la sanità militare in contesto operativo. Una delle tante eccellenze ignote delle forze armate italiane.Cimcu: in mezzo alla Transilvania, tra i boschi della Romania che ospitano la dimora del conte Vlad, conosciuto come Dracula dai mortali che amava, si sta svolgendo Vigorous Warrios 2019. Ogni due anni la Nato realizza la più grande esercitazione dell'Alleanza che mette alla prova gli assetti sanitari in «teatro», lo scenario di guerra. Da inizio aprile, per dieci giorni, in questo enorme campo di addestramento dell'esercito rumeno, si dispiegano diciotto ospedali da campo e relativi servizi medici e logistici, coinvolgendo 39 nazioni, oltre 2.000 militari e il doppio di civili, questi ultimi impegnati sia con agenzie di sanità chiamate a collaborare sia come «pazienti simulati».A bordo di un Orso attraverso la vallata che contiene lo schieramento: impressionante sia l'Orso dell'esercito italiano sia lo schieramento. Il primo, nella continua tradizione dei mezzi militari con nome di animale, è un'enorme ambulanza capace di esfiltrare dal teatro operativo, senza soffrire del tiro che potrebbe colpirla, due pazienti critici con assistenza medica dedicata: nessuno pensi che nello scenario della guerra ibrida una croce rossa dipinta sul colossale cofano possa offrire qualche salvezza, si spara comunque spesso. Queste «belve buone» sono a disposizione dell'esercito e rappresentano la nostra migliore tecnologia nei trasporti di emergenza. Il secondo, lo schieramento, comincia a fare emergere dalle nebbie della mattina il senso e la peculiarità che ha la sanità militare nel contesto della guerra «postmoderna», che al di là delle variegate definizioni comporta uso di armi sempre più letali insieme alla tutela sempre più attenta della componente umana. La gente spesso confonde la sanità militare con la Croce Rossa: non è così, trattandosi di due istituzioni chiamate a collaborare in contesti di crisi e conflitto ma su scenari differenti e con obiettivi differenti. Un modo di dire diffuso è che la «sanità è un'arma che non fa boom»: dunque è un assetto strategico che affianca la proiezione militare in ogni teatro, con i propri uomini in prima linea con il compito di soccorrere il più rapidamente possibile, mentre ancora si combatte, consapevole che nei primi dieci minuti dell'intervento si salva una vita e se ne condiziona la qualità futura. In questo specifico scenario c'è chi combatte e chi cura, fianco a fianco e con la medesima uniforme, tutti testimoni della continua tensione tra gli opposti che è il senso della nostra vita paradossale, a tratti.Qui in Transilvania, sono ospite della componente sanitaria interforze della Difesa, embedded nel Multinational medicat joint training center (M2jtc), con il compito di collaborare allo sviluppo metodologico di un avanzatissimo (e ammiratissimo!) modello di formazione per i medici degli ospedali da campo. Il contesto è quello del partenariato internazionale e interagenzia: l'obiettivo principale di queste esercitazioni, infatti, è quello di promuovere l'interoperabilità tra forze di Paesi diversi, chiamate a collaborare sul campo nella costituzione di una risposta sanitaria in cui il chirurgo italiano sia in grado di lavorare accanto a quello rumeno o americano, condividendo le medesime procedure. Oppure che agenzie militari differenti (lavorano insieme esercito, marina, aeronautica e carabinieri), e sempre più agenzie anche civili, costituiscano un assetto comune di intervento durante le crisi, per ottimizzare le strategie cooperative tra enti differenti: la Protezione civile italiana è infatti coinvolta in una simulazione di attacco alla metropolitana di Bucarest, per una progressiva integrazione civile militare che faccia il sistema Italia più resiliente.Una volta tanto, ma con più frequenza di quanto il pubblico pensi, l'Italia è una eccellenza non solo per l'Orso buono meccanizzato di cui ho parlato, ma anche per le competenze sanitarie e formative messe in campo che possono diventare il futuro standard di queste iniziative, rappresentate qui dal team chirurgico del Policlinico militare di Roma «Celio», unico Role4 nazionale. Il nostro ospedale (Role3) ha realizzato un sistema di sale operatorie cablate, la cui gestione è centralizzata in una tenda regia da cui, il colonnello medico, invia al monitoraggio della sala i parametri vitali che caratterizzando il paziente su cui si sta intervenendo (un manichino ad hoc). In questo modo ogni operazione può essere arricchita di quelle emergenze che caratterizzano gli interventi sul campo di battaglia, testando le capacità dell'equipe al lavoro, dando la possibilità di rivedere, dopo, quanto fatto per modificare le procedure ed evitare le sorprese, che nella vita reale aspettano questi medici. Si tratta di un approccio innovativo che testimonia un'altra peculiarità di questa medicina «sul campo»: la necessità di intervenire subito, senza o quasi strumenti diagnostici, affidandosi alla esperienza e a quella «capacità medica non servo-assistita» che in tempo di pace lascia sempre più spazio agli automatismi delle tecnolgogie. Qui «in teatro» al centro c'è ancora l'uomo, spesso solo o in rete ma con altri uomini, legati gli uni agli altri dalla necessità di sopravvivere insieme: le competenze della sanità militare fanno la differenza, tanto che in numerosi paesi essa ha ormai acquisito autonomia rispetto alle differenti armi, diventando parte di una nuova forza armata fatta di singolarità altamente specifiche che partecipano al medesimo sistema reticolare.Umanità militare e tecnologie militari si misurano nelle terre di Dracula, dove la birra intitolata al suo nome è accesa di rosso, senza retorica se non quella legittima del lavoro ben fatto che rende sempre onore.