2020-07-10
Immigrato del Bangladesh infetto gira per mezza Italia con il treno
Marco Di Lauro/Getty Images
È arrivato a Fiumicino da Dacca ed è poi risultato positivo al Covid-19. Ma l'uomo, 53 anni, anziché osservare la quarantena si è recato in Romagna ed è rientrato a Roma. La polizia lo ha notato a Termini perché tossiva.È sceso a Fiumicino e, incurante della quarantena, ha preso un treno e un taxi spostandosi tra Roma e la Romagna per ben cinque giorni, per poi tornare nel Lazio. L'ennesimo contagiato proveniente dal Bangladesh è risultato positivo dopo un controllo a Roma Termini il 7 luglio, non era asintomatico e nei suoi spostamenti potrebbe aver contagiato chiunque. Ha 53 anni, è arrivato in Italia il 23 giugno scorso e ha infranto più volte le misure della quarantena fiduciaria di due settimane disposte al suo arrivo.Assicura di essersi isolato, ma in realtà sono stati scoperti vari altri spostamenti. Da un paese della provincia di Ravenna, verso la fine della sua quarantena (quando già era stato sottoposto a tampone ed era risultato positivo), il 7 luglio l'uomo avrebbe raggiunto Falconara (Ancona) e poi Roma Termini viaggiando su treni regionali, dove le misure di distanziamento non sono rigorose come sui mezzi dell'alta velocità. L'Ausl Romagna ha quindi segnalato l'assenza del contagiato e le forze dell'ordine l'hanno individuato in territorio capitolino. Quando è stato fermato dalla Polfer aveva febbre e tosse, e proprio per questo gli agenti di Roma Termini lo hanno notato, avvicinato e hanno provveduto al suo ricovero. Verrà denunciato per violazione della quarantena. E come quest'ultimo soggetto potrebbero essercene a centinaia, non tracciati provenienti dal Bangladesh e ormai sparpagliati per l'Italia. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, l'altro giorno ha ordinato la sospensione dei voli dalla capitale Dacca dopo che 36 passeggeri (su 225 sbarcati a Fiumicino) erano risultati infetti. Ma quello di lunedì era solo l'ultimo degli otto voli arrivati di recente dalla megalopoli asiatica.«La cifra dei possibili positivi è di circa 600», ha dichiarato il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri. E ieri con una nuova ordinanza, oltre al Bangladesh, Speranza, dopo essersi consultato con i ministri degli Interni, degli Esteri e dei Trasporti, ha fermato gli atterraggi da altre 12 nazioni: Armenia, Bahrein, Brasile, Bosnia Erzegovina, Cile, Kuwait, Macedonia del Nord, Moldova, Oman, Panama, Perù e Repubblica Dominicana. «Nel mondo», ha dichiarato il ministro, «la pandemia è nella sua fase più acuta. Non possiamo vanificare i sacrifici fatti dagli italiani in questi mesi. È per questo che abbiamo scelto la linea della massima prudenza». Come è già accaduto, però, le misure sono arrivate solo quando ormai la bomba al Covid-19 era scoppiata. L'uomo proveniente dal Bangladesh avrebbe potuto essere malato già al momento dello sbarco a Fiumicino: le verifiche svolte su voli simili hanno rivelato che un passeggero su otto era positivo. L'inizio del contagio potrebbe essere scattato quindi già in fase di atterraggio. Nel Lazio è emergenza. Ieri si è registrato un dato: 28 nuovi casi positivi al coronavirus, di cui 22 sono casi d'importazione (pari al 78% del totale). Di questi, 18 hanno un link con voli di rientro dal Bangladesh già sotto osservazione. Un altro infetto proviene dalle Canarie, uno è collegato con il Brasile. «Ci aspettiamo nella valutazione settimanale un valore Rt ancora di poco superiore a 1 a causa dei focolai di importazione», fanno sapere dalla Regione guidata da Nicola Zingaretti.Uno dei focolai è a Roma, dove sono stati registrati 23 casi. Nella Asl Roma 1, dei tre casi delle ultime 24 ore, due sono correlabili ai voli internazionali provenienti da Dacca. Nella Asl Roma 2, invece, dei 15 casi di ieri, 14 derivano dai tamponi effettuati nella comunità del Bangladesh (otto dei quali sono stati accertati in un unico nucleo familiare).Nella Asl Roma 3, due dei cinque casi rilevati provenivano da Dacca. Mohamed Taifur Rahman Shah, presidente dell'associazione Italbangla, ha svelato un altro particolare inquietante: in molti acquistano documenti falsi per entrare e uscire dal Bangladesh con un certificato medico che attesti di non essere contagiati. Basterebbero tra 3.500 e 5.000 taka (ovvero 36-52 euro) per ottenere un pezzo di carta falso e in questo modo «ci si compra il diritto a volare verso l'Italia e verso l'Europa». Diritto di viaggiare e anche di contagiare. Il Bangladesh, che ancora non riesce a contenere l'emergenza, conta 175.000 contagiati confermati e 2.238 decessi. A Viareggio, in provincia di Lucca, c'è un altro focolaio che conta otto contagiati provenienti dal Bangladesh. E a Jesolo (Venezia) sono cinque i positivi scesi da un volo infetto. Anche a Padova c'è preoccupazione nella comunità del Bangladesh. «La nostra comunità», ha spiegato Shah Selim, referente del Bangladesh islamic cultural center, «sta vivendo ore di profonda apprensione. Le false dichiarazioni presentate per arrivare in Italia ed i contagi rilevati tra i nostri concittadini hanno allarmato tutti noi. Durante i momenti di preghiera in moschea stiamo adottando misure sempre più restrittive ampliando i margini di distanziamento tra i fedeli. Ovviamente misuriamo la febbre a tutti coloro che entrano. In più invitiamo tutti i cittadini del Bangladesh che arrivano in Italia, sensibilizzandoli con continue comunicazioni, a stare in isolamento domiciliare per i primi 14 giorni senza uscire di casa». Ma sarà sufficiente? Durante il lockdown furono chiuse perfino le chiese. I centri di culto islamici frequentati dalla comunità del Bangladesh, invece, pensano di cavarsela con il distanziamento.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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