2024-02-23
Imballaggi, green, salute: le trappole Ue da qui al voto
La presidenza di turno belga forza l’agenda della Commissione mentre Ursula Von der Leyen finge di cambiare tutto per fare il bis.Meno di un mese fa il premier belga, Alexander De Croo, dopo essersi presentato all’Europarlamento come presidente di turno del Consiglio Ue ha rilasciato una serie di interviste. Succo del messaggio: il Belgio farà di tutto per rendere il Green deal più aderente alla realtà e più vicino alle esigenze dell’industria. Un messaggio mirato a gestire il semestre più delicato della legislatura in quanto ultima possibilità per i Liberali fiamminghi, il partito che De Croo rappresenta, e la coalizione dei socialisti, di lasciare il segno senza perdere una valanga di voti. Possiamo dire con certezza che le dichiarazioni sono rimaste parole al vento. Anzi rappresentano il velo dietro cui il Belgio ha cominciato ad accendere una serie di inneschi a trappola per la prossima legislatura. Il tutto in accoppiata con la Commissione. L’altro giorno è invece stato pubblicato un interessante articolo di Politico nel quale si mettono in fila una serie di iniziative con cui Ursula von der Leyen smonta singoli pezzi del Green new deal. Anche l’ex ministro tedesco sta nei fatti chiedendo all’industria europea come modificare le normative verdi più estreme. Ma - sottolinea Politico - ogni intervento serve alla Von der Leyen ad avvicinare un singolo governo Ue con il chiaro intento di portarsi a casa i voti per il rinnovo. Cioè, per garantirsi la rielezione a giugno. È quindi chiaro che Belgio e presidente della Commissione hanno avviato il famoso gioco del poliziotto buono e poliziotto cattivo. La Von der Leyen finge di smontare la transizione green e il Belgio tiene bordone. Contravvenendo per di più al mandato ricevuto dagli altri Paesi. La presidenza di turno non può infatti parteggiare per la Commissione ma dovrebbe fare un esercizio di sintesi delle richieste e delle posizioni dei Paesi membri. Insomma, per interessi politici di breve termine si stanno storpiando tutti gli schemi di rappresentanza. Che, pur essendo poco trasparenti e pieni di arzigogoli, garantiscono comunque quel poco di democrazia alla base dell’intera impalcatura Ue. Purtroppo, i dossier su cui il Belgio fa il doppio gioco sono così tanti che è impossibile trarre conclusioni diverse dalla nostra. Cominciamo con l’annosa questione della sovranità nazionale e il rapporto con l’Oms. Su queste colonne ne abbiamo scritto numerose volte. L’ultima seguendo la Cop 10 da Panama, evento organizzato dall’Oms per contrastare l’uso del tabacco. Al di là dell’argomento fumo, la presidenza belga si è totalmente allineata con la Commissione il cui obiettivo era recepire le scelte dell’Organizzazione mondiale della sanità come norme di diritto europeo. Nei fatti bypassando sia Consiglio sia Parlamento. Il blitz è stato fermato dai Paesi mediterranei e - paradosso - da quelli africani. Più o meno lo stesso schema di lavoro che Commissione e presidenza belga hanno tentato di replicare due giorni fa. A Bruxelles si è cercato di adottare una normativa antismog sulla valutazione dell’aria contenete interventi draconiani mirati a ridurre ulteriormente le emissioni entro il 2030. Alla base della bozza, anche in questo caso, spuntano i criteri definiti dall’Oms. Grazie al cielo l’Italia incrociando il beneplacito di altre nazioni è riuscita a spuntare una deroga di altri dieci anni. Avremmo, per capirsi, rischiato la desertificazione industriale della Pianura Padana. Problema, comunque, rimandato ma non risolto. Idem su un altro importante dossier che riguarda l’Ue: quello delle piattaforme digitali. Il testo in questione (che originariamente nasce da una esigenza sacrosanta di tutelare i lavoratori della gig economy) avrebbe obbligato gli Stati membri a presumere l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, col risultato di creare un automatismo che avrebbe scavalcato la facoltà di legiferare in tema di lavoro da parte dei governi nazionali, per circa 30 milioni di lavoratori. Ed è proprio questo elemento che ha suscitato le perplessità prima di Parigi, quindi di Berlino, che hanno poi trainato Grecia ed Estonia. Il rappresentante italiano aveva lasciato filtrare un orientamento a favore della direttiva, senza però esporsi troppo, anche perché, una volta reso noto che ci sarebbero state quattro astensioni, il voto italiano, al pari di quello di tutti gli altri, sarebbe stato ininfluente. Al di là dell’esito del voto del Coreper, è interessante notare che a tirare le fila per i socialisti e la Commissione sia sempre stata la presidenza belga. La quale è entrata a gamba tesa pure nell’altro dossier che rischia di invalidare migliaia di posti di lavoro nell’Ue e soprattutto in Italia. Il prossimo 4 marzo si terrà il trilogo per la legge sugli imballaggi. La Commissione fa di tutto per dimostrare che l’industria del riuso sia più efficiente e meno inquinante di quella del riciclo (dove noi siamo leader). La presidenza belga ha provato in tutti modi la scorsa settimana a rilanciare uno studio targato Commissione che mira a uccidere le bioplastiche. Eppure si sarebbe dovuta limitare a far presente che quello studio era irricevibile perché presentato oltre il tempo massimo e al di fuori della prassi legislativa. Una trappola vera e propria. Così come è facile immaginare che da qui alla fine di aprile, data dell’ultima plenaria della legislatura, ne vengano piazzate altre. Ci riferiamo alla normativa «green claim» che regolamenta la comunicazione Esg delle aziende, ma anche alla Csddd, norma sulle responsabilità nell’importazione di prodotti green. Insomma, la posta in gioco è chiaramente alta (per la prima volta i socialisti rischiano di perdere il timone Ue), ma il Belgio dovrebbe giocare con il Consiglio o al massimo essere arbitro terzo, non fare intelligenza con l’altro pilastro Ue. Altrimenti addio democrazia.