2022-12-07
Lo Stato resta fuori, ma versa soldi per l’Ilva
Secondo il ministro Adolfo Urso «non dobbiamo essere in maggioranza, ma solo partner di minoranza dell’impresa». E ipotizza un’altra capitalizzazione. Nuova fumata nera all’assemblea: Arcelor Mittal e Invitalia non riescono a trovare un accordo.Il governo non punta alla statalizzazione dell’ex Ilva, ma l’obiettivo è quello di una partecipazione di minoranza del governo con una gestione privata dell’azienda. Lo ha detto ieri nel corso di un’audizione il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ribadendo tuttavia che l’industria siderurgica ha una funzione strategica e va preservata. «La nostra intenzione è mantenere e rafforzare la funzione strategica dell’industria siderurgica con l’obiettivo di creare un piano siderurgico nazionale. Serve infatti un piano generale per preservare e rafforzare la produzione siderurgica anche con l’obiettivo della transizione green», ha precisato Urso. Per quanto riguarda il gruppo siderurgico di Taranto, il ministro ha sottolineato che «abbiamo un confronto attivo con l’azionista privato e il nuovo patto prevede che lo Stato, che è già nel capitale con il 38%, salga al 60% nel maggio 2024; la statalizzazione della ex Ilva è stata già decisa quando al governo vi erano altri. Noi riteniamo che la produzione siderurgica debba essere realizzata da un partner industriale e da un privato, il nostro obiettivo non è quello di giungere alla statalizzazione, ma quello sin da oggi di confrontarci con le parti per giungere a una soluzione che sia quella della ricapitalizzazione dell’impresa, con partecipazione privata sempre più significativa, per avere ulteriori risorse per intervenire nel processo di rinconversione industriale green». Insomma, Urso non vuole un’impresa con lo Stato in maggioranza, ma «con lo Stato come partner di minoranza», ha concluso. Contrario alla nazionalizzazione della ex Ilva si è dichiarato, sempre ieri, anche il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi: «Intervenire è molto complesso perché si sono stratificati una serie di interventi errati e oggi abbiamo molte difficoltà. Oggi è difficile capire anche solo di chi è la proprietà. Spero non si arrivi alla nazionalizzazione senza un piano per il futuro», ha puntualizzato Bonomi nel corso di una conferenza stampa presso la stampa estera.Queste le dichiarazioni di ministro e rappresentante degli industriali. Il problema, al netto delle parole, è che anche ieri c’è stata l’ennesima fumata nera all’assemblea di Acciaierie d’Italia, già in aggiornamento di quella dello scorso 2 dicembre dopo la prima convocazione del 25 novembre. L’assise resta aperta perché il socio privato Arcelor Mittal e quello pubblico Invitalia (società controllata dal Mef, ricordiamolo) non hanno ancora trovato un accordo su come procedere. L’ulteriore aggiornamento dovrebbe essere prima della metà del mese mentre continua il confronto tra i due partner per trovare la quadra dopo che il governo Meloni ha posto da più giorni l’esigenza di riequilibrare la governance societaria.Sempre ieri al Mimit si è riunito il tavolo di confronto con le parti sociali sul futuro di Sanac, l’azienda che fornisce materiali refrattari alla siderurgia con stabilimenti (Massa, Gattinara, Vado Ligure e Grogastu) che non ha crisi di mercato ma è in amministrazione straordinaria. E da mesi non riceve più commesse da Acciaierie d’Italia, la quale avrebbe preferito delocalizzare rivolgendosi a fornitori stranieri. Nel corso della riunione il consigliere per lavoro e crisi aziendali del governatore toscano Eugenio Giani, Valerio Fabiani, ha invocato un’azione «decisa da parte del governo nazionale per salvare l’intera filiera della siderurgia in Italia, che non si può salvare a pezzi». Con la Toscana erano presenti anche Piemonte, Liguria, Sardegna; i rappresentanti sindacali nazionali e territoriali di categoria e i commissari. Questi ultimi hanno confermato l’esistenza di due offerte per il gruppo Sanac che sono attualmente al vaglio, provenienti rispettivamente da Dalmia e dal gruppo Rhi Italia srl. Le procedure di gara, sempre a detta dei commissari, dovrebbero concludersi entro il primo trimestre del 2023. Al tavolo di ieri c’erano i tecnici ma mancava un rappresentante del governo. «Convocherò i sindacati al ministero per un confronto sulla politica industriale. Un confronto sul merito, dall’ex Ilva a Lukoil alla vertenze Sanac: questo sarà il metodo del governo, con l’obiettivo di tenere la coesione sociale del Paese», ha assicurato il ministro Urso. Intanto, l’Ilva in amministrazione straordinaria ha presentato all’Osservatorio Ilva convocato dal ministero dell’Ambiente uno stato delle attività in corso aggiornato allo scorso 25 novembre. Dei 467 milioni del patrimonio destinato alle bonifiche dell’area, 443 milioni sono già stati allocati. Dei 443 milioni, 434 milioni sono per interventi nei pressi di Taranto di cui 104 milioni impegnati. Questi ultimi, a loro volta, si dividono in 45 pagati e 59 relativi a ordini confermati ma non pagati. Nove milioni del totale riguardano poi gli interventi in altre aree e 25 milioni sono ancora da allocare. Tutto il patrimonio destinato per le bonifiche ammonta a 1,157 miliardi derivanti in larga parte dalla transazione del 2017 con i Riva, proprietari prima del commissariamento di Stato.
Jose Mourinho (Getty Images)