2024-05-25
Sinistra bipolare: Salis martire, Forti boia
Ilaria Salis e Chico Forti (Ansa)
Ai fan della «cacciatrice di nazi» non importa la sua innocenza. Se anche fosse colpevole la violenza antifascista resterebbe un valore. Tant’è che i rossi assolvono pure Cospito. Per Chico invece nessuna pietà e il saluto alla madre diventa uno scandalo.Maglioncino rosa, sorrisi imbarazzati, occhi in cui era difficile non scorgere qualche lampo di felicità. Non a caso Ilaria Salis arrivava da fuori, scortata dal padre, e non da una cella. Niente catene e manette, per la terza udienza. L’accoglienza era quella riservata alle star: selve di braccia tese col microfono per captarne perfino i sospiri, flash e telecamere. E poi gli amici ad accoglierla, tra cui il Vip Zerocalcare che ha invitato a non abbassare la guardia: «Se lei non viene eletta il processo va avanti», ha detto al Manifesto, «prima o poi si concluderà, forse già questo autunno. Probabilmente la sentenza sarebbe di molti anni di carcere». A quanto pare, dunque, il noto fumettista non nutre grandi speranze nell’assoluzione della militante antifa. La qual cosa suscita più di una riflessione: è ormai chiaro che una parte dei tifosi di Ilaria Salis non si è schierata con lei perché la ritiene innocente. Piuttosto la spalleggia perché crede che, se colpevole, abbia agito per una buona causa: spaccare di mazzate un destrorso non è reato. Non sorprende troppo, dunque, notare le notevoli differenze fra il trattamento mediatico che le viene riservato e quello che è destinato ad altre figure, ad esempio Chico Forti. Non c’è dubbio: fra le due vicende giudiziarie ci sono differenze notevoli. I reati sono diversi, in più la Salis è in attesa di giudizio, mentre Forti è stato riconosciuto colpevole da un tribunale. Tuttavia, sospettiamo che anche qualora la trentanovenne monzese venisse condannata dalla corte ungherese i suoi partigiani continuerebbero a trattarla da martire, e accuserebbero di ingiustizia il sistema magiaro. Resta che Forti dai giornali italiani e pure da certi politici progressisti viene trattato con la sufficienza e il disprezzo che si riservano agli assassini. Anche se fino a qualche tempo fa tanto i 5 stelle quanto il Partito democratico facevano a gara a intestarsi la battaglia per il suo ritorno in Italia. Ieri Repubblica titolava: «Chico Forti sembra un Vip. Rabbia nel carcere». Spiegazione: per gli altri detenuti nel carcere di Verona «Forti gode di molti privilegi: dal vitto agli abbracci con il deputato di Fratelli d’Italia». Viene da chiedersi: me se un giornalista fosse andato a interpellare i reclusi nel carcere in cui stava Ilaria Salis chiedendo loro se non la considerassero una privilegiata, come sarebbe stato trattato? Forse a qualcuno è venuto in mente di intervistare gli altri 19 detenuti italiani in Ungheria e di dare voce alle loro lamentele? Ovviamente no. Però con Forti non c’è nemmeno l’umana pietà. Gli si rinfaccia il vitto, la visitina all’anziana madre. Si recrimina per il suo status di presunta starlette penitenziaria. Per quale motivo, di grazia, per lui non dovrebbero esserci fotografi e cronisti? Perché la giustizia americana ha emesso una sentenza? Bene, mettiamo pure sia giusto così. Perché allora i giudici americani sono credibili e quelli ungheresi invece sono da considerarsi corrotti e fascisti a prescindere? Eppure quando c’era da sostenere le proteste di Black lives matter sui media progressisti era tutto un profluvio di analisi sul razzismo sistemico del sistema giudiziario statunitense, che per giunta non ha ancora rinunciato alla pena di morte. Qualora poi non si volesse tirare in ballo Ilaria Salis, per cui chiaramente rimane granitica la presunzione di innocenza, si potrebbe formulare un parallelo con il caso di Alfredo Cospito. L’anarchico insurrezionalista fu ritenuto colpevole e anche pericoloso. Non ci sono dubbi sul fatto che abbia gambizzato un poveretto colpevole di fare il proprio lavoro. Eppure non furono pochi i politici di sinistra pronti a sfilare nel carcere in cui era recluso. Non furono pochi quelli che lo difesero anche quando emerse che chiacchierava amabilmente con un mafioso al 41 bis e che quelli approvavano il suo sciopero della fame, anzi lo incoraggiavano.Mettiamo pure che Chico Forti sia colpevole, colpevolissimo. Perché mai ci si dovrebbe indignare vedendolo felice di essere di nuovo in Italia e di poter alleviare almeno per qualche momento la sua pena? Forse non ha passato lunghi anni in un carcere americano? Bisogna che si infierisca? È vietato esprimere una posizione sulla sua vicenda? La sensazione, al solito, è che in troppi si esercitino nell’arte del doppiopesismo. Se l’imputato o il condannato appartengono alla parte giusta, allora bisogna coccolarli e sostenerli. Se invece attirano le simpatie degli attivisti e dei politici sbagliati, occorre usare la mano pesante, e cancellare ogni riguardo. È la perversione di una antica massima: tutto è puro per i puri. Coloro che si sono autodefiniti puri possono fare tutto, sposare ogni causa, difendere ogni tesi. Gli altri vanno disprezzati sempre, anche quando hanno ragione. Soprattutto quando hanno ragione.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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