2018-07-22
Il Web fa male al 22% degli studenti: ora togliamo i cellulari dalle classi
Una ricerca del policlinico Gemelli sugli adolescenti italiani dimostra che un ragazzo delle superiori su cinque ha un rapporto malato con Internet. Che causa un calo del rendimento scolastico e insonnia.Quando, in un'intervista di qualche settimana fa, abbiamo chiesto al nuovo ministro dell'Istruzione, Marco Bussetti, come intendesse comportarsi riguardo all'utilizzo dei dispositivi digitali in classe, ci ha risposto con grande ottimismo. «La tecnologia non va vissuta come un pericolo o un nemico», ha detto. «L'innovazione didattica, anche attraverso l'uso di dispositivi tecnologici, può far bene alla scuola. Credo che le autonomie scolastiche lo abbiano ben presente e sappiano regolarne in modo attento e consapevole l'uso». Purtroppo, non riusciamo a condividere il suo atteggiamento positivo, e non perché siamo ottusi retrogradi ostili all'innovazione. I nostri timori sono parecchio fondati, e ad alimentarli provvede un nuovo studio condotto presso la Fondazione policlinico universitario Agostino Gemelli-Università Cattolica del Sacro cuore e pubblicato sulla rivista internazionale Frontiers in Psychiatry. Si tratta di una ricerca decisamente autorevole, la quale conferma senza ombra di dubbio le conclusioni a cui sono giunte innumerevoli indagini analoghe svolte negli Stati Uniti e in altri Paesi europei. Lo studio del Gemelli approfondisce il drammatico tema delle dipendenze, che fra gli adolescenti italiani sono in preoccupante aumento. Si occupa quindi di droga, alcol e gioco d'azzardo, ma si concentra anche sul rapporto che i nostri giovani connazionali hanno con la Rete. «Oltre il 22% dei giovani che frequentano le scuole superiori presenta un rapporto disfunzionale con il Web», si legge nel comunicato di presentazione. La ricerca - condotta dal dottor Marco Di Nicola e coordinata dal professor Luigi Janiri - «dimostra anche una relazione tra l'uso problematico di Internet e un peggiore rendimento scolastico». Per realizzare lo studio sono stati coinvolti 996 ragazzi che frequentano le scuole superiori («240 maschi e 756 femmine, con un'età media di circa 16 anni»), i quali sono stati valutati attraverso questionari «atti a indagarne le caratteristiche sociodemografiche, l'abitudine al fumo di sigaretta, l'uso di alcolici e di altre sostanze d'abuso, il rendimento scolastico e i comportamenti a rischio di dipendenza (uso di Internet, gioco d'azzardo, esercizio fisico)». Per la precisione, «l'uso problematico di Internet» è stato rilevato nel 22,1% dei giovani, «senza differenze tra maschi e femmine». Come chiarisce il dottor Di Nicola, «tale fenomeno è stato valutato con un'intervista e con test specifici che esplorano l'impatto dell'uso di Internet sulla quotidianità (scuola, lavoro, rapporti familiari e relazioni interpersonali, durata e qualità del sonno, eccetera) e il grado di disagio che i giovani sperimentano quando non possono accedere al Web con le modalità desiderate». Secondo lo studioso «si tratta di un comportamento altamente disadattivo (con ripercussioni significative sul funzionamento generale del soggetto) anche se non si può parlare ancora di una vera e propria “dipendenza"». Altri esperti e medici, soprattutto americani (ad esempio Jean M. Twenge della San Diego state university), si sono spinti oltre, e di «dipendenza» parlano eccome. Tuttavia, anche se Di Nicola rimane prudente, i risultati del suo lavoro sono davvero inquietanti. In pratica, oltre un adolescente su cinque ha un rapporto problematico con Internet. E questo rapporto - come del resto tutte le dipendenze - è associato «a una ridotta performance scolastica: più grave è la problematica del ragazzo, peggiore è il suo rendimento». Si tratta, in sostanza, delle stesse conclusioni a cui è giunta la psicologa Twenge: «I miei colleghi e io», ha scritto di recente, «abbiamo scoperto che l'aumento della depressione, dei tentativi di suicidio e dei suicidi riguarda adolescenti di ogni provenienza sociale. La nostra analisi ha rilevato che la generazione di adolescenti che io chiamo “iGen" - nati dopo il 1995 - è più portata a sperimentare problemi di ordine mentale rispetto alle precedenti». «Non solo l'uso degli smartphone e la depressione sono aumentati in parallelo», continua la Twenge, «ma il tempo trascorso online è stato collegato a problemi di salute mentale da due diverse categorie di dati. Abbiamo scoperto che gli adolescenti che trascorrevano cinque o più ore al giorno online avevano il 71% di probabilità in più di presentare almeno un fattore di rischio suicida rispetto a quelli che spendevano online meno di un'ora al giorno. Nel complesso, i fattori di rischio di suicidio aumentano in modo significativo dopo due o più ore al giorno trascorse online». Il rapporto patologico con il Web, i social network e in generale i dispositivi digitali produce disturbi del sonno, isolamento sociale, depressione e calo del rendimento scolastico. Se finora gli studi realizzati riguardavano soprattutto giovani americani o inglesi, adesso abbiamo una ricerca (quella del Gemelli) che riguarda direttamente gli italiani. Se così tanti di loro si fanno sopraffare da smartphone e tablet, come pensiamo pensare che sia una buona idea introdurli anche a scuola? Davvero siamo convinti di poterne controllare l'utilizzo? Non rischiamo, invece, di aggravare i disastri già in atto? Forse è ora di mettere da parte il «tecno ottimismo», e di optare per un po' di sano realismo: la rivoluzione digitale ci sta facendo del male, e la politica deve fare in modo di limitarne gli effetti più nefasti.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.