2018-09-18
Il vice di Tosi nei guai per mazzette spiegherà nelle scuole i suoi reati
Vito Giacino, condannato per concussione, davanti ai giudici ha deciso di ammettere le sue colpe. Il Tribunale lo manderà a fare ammenda nelle aule. Proteste dall'assessore veneto Elena Donazzan.Aveva sempre proclamato la sua innocenza. L'avvocato Vito Giacino, 46 anni, ex vicesindaco di Verona, condannato nel 2014 a cinque anni di reclusione per corruzione assieme alla moglie, Alessandra Lodi, 39, lo scorso luglio ha cambiato strategia dichiarandosi colpevole di concussione. La richiesta di affidamento ai servizi sociali, che aveva ottenuto il nulla osta dalla Procura generale di Venezia, è stata così accolta dal Tribunale di sorveglianza della città scaligera. Il fedelissimo dell'ex sindaco Flavio Tosi ora gode di una pena alternativa alla condanna, già ridotta a tre anni e quattro mesi e diventata definitiva in Cassazione. C'è un però. Dovrà andare nelle scuole a spiegare agli studenti che commise un grande errore accettando mazzette quando era amministratore pubblico. Giacino, all'epoca anche assessore all'Urbanistica, si era sempre dichiarato innocente di fronte alle accuse dell'imprenditore immobiliare Alessandro Leardini, che aveva raccontato di avergli pagato tangenti per 600.000 euro, sotto forma di consulenze legali alla moglie, in cambio di favori per concessioni edilizie e varianti urbanistiche. Il numero due di Palazzo Barbieri, sede dell'amministrazione veronese, si era dimesso nel novembre del 2013 quando era già indagato. Finì in carcere nel febbraio del 2014 assieme alla consorte Alessandra, avvocato pure lei, ma dopo pochi mesi ottenne gli arresti domiciliari nell'abitazione del fratello Edoardo Giacino, titolare di uno studio legale. La moglie, invece, scontò fin da subito la pena nel loro attico di proprietà, sotto accusa per i lavori svolti dalla ditta di costruzioni Soveco, poi fallita nel 2016. Entrambi tornarono in libertà nella primavera del 2015. Nel giugno 2017 la Cassazione confermò la condanna per concussione, riducendo la pena da un anno e 8 mesi perché la coppia è stata assolta in appello da uno dei capi d'accusa, quello relativo ai 600.000 euro di mazzette in contanti. Giacino ha altri processi in ballo e alla fine deve aver pensato che l'ammissione di colpa era un'azione necessaria. Il suo pentimento è stato ben accolto dal presidente del Tribunale di sorveglianza di Venezia, Giovanni Maria Pavarin, che ha concesso le «misure alternative alla detenzione», subordinandole alla disponibilità del Giacino di andare a parlare agli studenti del male fatto. «Si tratta di un modo con cui l'ex politico, raccontando il suo esempio negativo, ma anche il percorso di recupero avviato, potrà rendersi utile per indurre gli studenti a non commettere in futuro sbagli dello stesso tipo», ha dichiarato Pavarin al Gazzettino, convinto che «l'unica pena effettiva e certa è quella che riesce a rieducare il reo. Il carcere esaspera soltanto gli animi: più lunga e dura è la pena, più alimenta odio contro la società». Inutile dire che l'ex vicesindaco ha detto di sì, ben contento, e a luglio la sezione veronese del Tribunale di sorveglianza ha concesso l'affidamento ai servizi sociali al protagonista di un grosso scandalo per corruzione. Adesso Vito lavora come segretario nello studio legale del fratello, preferisce non commentare la sua decisione di ammettersi colpevole e andrà a raccontare agli studenti quanto è sbagliato contravvenire ai doveri etici. Sarà l'Uepe, l'Ufficio esecuzione penale esterna, a vigilare sul rispetto dell'impegno preso. Non è affatto contenta dell'idea l'assessore all'Istruzione della Regione Veneto, Elena Donazzan: «Gli studenti hanno bisogno di esempi positivi, certe decisioni vengono prese dai magistrati solo per finire sui giornali. Semmai Giacino poteva tornare utile a insegnare gratuitamente nei piccoli Comuni come si fa ad amministrare, visto che era uno bravo nel suo lavoro. Ma giù le mani dalle scuole». Donazzan non può intromettersi sulle decisioni di un istituto che accoglierà l'ex vicesindaco: «Non ho potere in questo, devo rispettare l'autonomia scolastica. Però i genitori possono opporsi». Inevitabile pensare alle lezioni sul controllo del panico, tenute quattro anni fa da Francesco Schettino, ex comandante della Costa Concordia, condannato a 16 anni di carcere per aver provocato la morte di 32 persone la notte del 13 gennaio del 2012. Schettino nel luglio del 2014 era intervenuto durante il seminario Dalla scena del crimine al profiling, organizzato da un docente dell'Università La Sapienza di Roma: «Sono stato invitato come esperto e ho illustrato agli studenti la gestione del controllo del panico», tentò di giustificarsi, sommerso dalle critiche. Adesso nel Veronese si attendono lezioni di morale da parte di un ex amministratore, sospeso anche dalla professione di avvocato.