2021-07-04
Il vero «peccato» di Orbán è la Cina
Isolandola, la Commissione spinge l’Ungheria nell’orbita del Dragone. Per questo è importante la Carta dei partiti di destra: vincola Budapest a restare fedele agli UsaTutti i manifesti hanno un fronte e un retro. Nel caso del documento congiunto firmato dall’ex blocco di Visegrád, compresi Matteo Salvini, Giorgia Meloni e un’altra decina di partiti minori europei, va indicato anche un sopra e un sotto. L’ago della bilancia di tutte le polemiche resta l’Ungheria di Viktor Orbán. L’attenta lettura delle dinamiche di Budapest ci spinge a dire che la parte superiore del documento è quella più visibile ma solo di facciata: si va dai diritti Lgbt fino alle accuse, tutte da dimostrare, di assedio alla carta stampata. La parte inferiore, meno visibile, è invece il vero perno che guiderà lo scontro con l’Ue o il riassorbimento del Paese dentro una politica europea più filo occidentale ed è il rapporto tra Oráan e Xi Jinping. Il convitato di pietra in tutte le tensioni e gli scontri che muovono attorno all’Ungheria è infatti la Cina e il tentativo del governo di Budapest di aprire un canale diretto con la Via della seta. Per gli Usa, invece, questo canale rischia di essere la porta d’ingresso dei cinesi in Europa. Innanzitutto, adesso alla Casa Bianca siede Joe Biden. Non più Donald Trump. La nuova classe dirigente democratica non perdona a Orbán di aver messo alla porta George Soros e di aver sostituito la filiera universitaria americana con quella cinese. Ad aprile del 2019 il primo ministro ungherese incontra Xi e firma con Fudan un accordo per aprire un campus entro il 2024. A fronte dell’impegno Orbán accetta una serie di accordi strategici per nuovi investimenti. In alcuni casi incrociati con progetti preesistenti a cui si erano sempre interessati i russi. La scorsa primavera l’Ungheria ha aderito a un documento congiunto di denuncia del genocidio degli uiguri in Cina. Salvo, poche settimane dopo, ricevere il ministro della Difesa cinese e condannare la linea invasiva europea. In sostanza l’Ungheria si è sempre mossa dentro i perimetri della Nato, salvo approfittare delle opportunità di breve termine provenienti da Pechino là dove le zone grigie lo consentivano. Più o meno quello che ha sempre fatto Angela Merkel. Con una differenza di fondo. Cioè il peso e il ruolo dentro i Popolari europei. Solo che adesso è diventato molto più difficile tenere il piede in due scarpe, passateci il termine. E gli investimenti cinesi non sono più graditi. Gli Usa chiedono una posizione netta. Per questo l’aggressività della Ue nei confronti di Orbán sale di settimana in settimana. E ogni pretesto è buono. La firma del manifesto sovranista va letta però con occhiali diversi e non bisogna farsi traviare dallo storytelling della sinistra. E per il centrodestra europeo e così per l’Europa stessa può significare una svolta importante.La Carta dei valori per immaginare un futuro dell’Europa viene firmata da partiti che fanno parte dei gruppi Identità e democrazia (Id) e Conservatori (Ecr), oltre al partito di Orbán, Fidesz, che ha lasciato il Ppe e fa parte dei non iscritti, ma anche Rassemblement national, di Marine Le Pen, e la destra spagnola di Vox. La Carta, stando ai promotori, è un passo concreto che segue il vertice di Budapest organizzato lo scorso aprile con Matteo Salvini, Orbán e Mateusz Morawiecki. Una reazione delle forze conservatrici europee di fronte a una serie di prese di posizione delle istituzioni europee delle ultime settimane. Alla legge «vergognosa», per usare le parole di Ursula von der Leyen, del governo ungherese di Viktor Orbán, tacciata di discriminazione verso le persone Lgbt. Alle accuse sul rispetto dello Stato di diritto in Ungheria e Polonia e da venerdì anche alle critiche al governo sloveno di Janez Jansa, che ha assunto la presidenza del Consiglio dell’Ue e che proprio ieri è stato al centro di uno scontro con il commissario Frans Timmermans durante la cerimonia di apertura. Il dibattito nell’Ue continuerà anche la prossima settimana: gli eurodeputati hanno inserito il tema ungherese nell’agenda della plenaria e la portavoce ha anticipato che non risparmieranno critiche neanche a Jansa. Si attende poi la controreplica della Commissione Ue alla lettera di replica ungherese. «L’Ue sta diventando sempre più uno strumento di forze radicali che vorrebbero realizzare una trasformazione culturale e religiosa, per arrivare alla costruzione di un’Europa senza nazioni, puntando alla creazione di un super Stato europeo, alla distruzione o alla cancellazione della tradizione europea, alla trasformazione delle istituzioni sociali e dei principi morali fondamentali», si legge nella Carta, che invoca «una legittima resistenza» contro «l’uso delle strutture politiche e delle leggi per creare un super Stato europeo e nuove forme di struttura sociale», «una manifestazione della pericolosa e invasiva ingegneria sociale del passato». Nel documento c’è un passaggio estremamente delicato e riguarda la Nato. Ovviamente i media, soprattutto quelli italiani, ne hanno evitato l’analisi. Su insistenza della Polonia, il comma ribadisce la fedeltà alla Nato. Se c’è qualcosa su cui l’Ungheria va ripresa è proprio il rapporto con la Cina. Firmando la dichiarazione, Orbán ribadisce la disponibilità a riaffacciarsi all’Occidente. Isolarlo sarebbe un grave errore. Vorrebbe dire lasciarlo tra le grinfie di Pechino. È questa la strada da percorrere anche per i leader del centro destra italiano. L’Ue sembra a tutti i costi voler spingere Orbán agli antipodi per poi chiedere il sostegno degli Usa per un cambio di governo. Invece la Carta, che semplicemente ribadisce la necessità di unire i sovranismi, può essere un punto di svolta: usare il sostegno Usa per riequilibrare lo strapotere dei socialdemocratici.
Jose Mourinho (Getty Images)