2019-05-17
Il Veneto vuole contare in Europa. Dopo il flop del Pd prova con la Lega
Cinque anni fa, la regione dove l'occupazione cresce, l'impresa vale l'8,4% del Pil italiano, l'export vola oltre i 60 miliardi l'anno, diede il 43% ai dem. La stessa percentuale ora attribuita dai sondaggi al Carroccio.I danni della crisi iniziata oltre dieci anni fa sono stati profondi, ma la reazione ha dell'incredibile: siamo in Veneto, dove per il quarto anno consecutivo è cresciuta l'occupazione, l'impresa vale l'8,4% del totale nazionale, l'export vola oltre i 60 miliardi all'anno e il turismo fattura quasi un quarto di tutta Italia.Una simile realtà cosa vuole dal suo rapporto con L'Europa e soprattutto cosa chiede alla politica che si prepara a chiedere la delega per rappresentarla a Bruxelles e Strasburgo?Il voto di cinque anni fa fu sorprendente, con una percentuale di consensi record per il Pd, al 43%, cioè ben tre punti sopra il dato nazionale, dando al centrodestra un risultato in affanno con la Lega il 10%, Forza Italia al 13% e al Movimento 5 stelle un 19% che insieme al colpo grosso dem fu la vera novità.Oggi il panorama è completamente cambiato e per capire le scelte che i veneti faranno - quali che possano essere - vanno considerati alcuni aspetti importanti: « Se si pensa che i risultati di cui si parla, qui in Veneto vengono ottenuti da un'impresa che continua a ridursi in termini di unità, vuol dire che dietro ci sono imprenditori e artigiani che lavorano come dei matti», dice Gianangelo Bellati, economista, già responsabile dell'Ufficio Europa delle Camere di Commercio del Triveneto. «Se poi si considera che rispetto ai concorrenti dei Paesi più vicini i nostri imprenditori hanno continuato a subire una pressione fiscale maggiore e una diminuzione dei servizi, si capisce bene come il Veneto senta il bisogno di avere una rappresentanza forte in Europa - indispensabile per competere con gli altri grandi mercati mondiali - ma desideri a questo punto dialogare direttamente, saltando il ruolo di uno stato centrale che appare avere solo creato ostacoli»Del resto, quando il Veneto ha avuto rapporti diretti con Bruxelles ne ha colto l'utilità, come nel caso dei fondi strutturali.«Io con quei fondi sono riuscito anche a finanziare l'innovazione», afferma con un certo orgoglio Roberto Marcato, esponente di spicco della Lega, assessore allo Sviluppo e alle attività produttive delle Regione. «Il Veneto vuole in generale sostegno al suo grande lavoro e meno zavorra. Stiamo parlando di una regione dove il 90% delle imprese ha meno di dieci dipendenti, aziende che hanno bisogno di innovazione e internazionalizzazione. Il resto sono chiacchiere. Su questo viene chiesto sostegno all'Europa: io attraverso i fondi comunitari ho potuto coinvolgere le Università, che ora stanno lavorando assieme alle imprese. Poi si chiede una vera politica europea, chiara e unita, ad esempio per affrontare le guerre sui dazi tra Stati Uniti, Cina e Russia»Naturale chiedere a Marcato un parere sulle previsioni che vedrebbero un successo clamoroso, con la Lega che nel nordest più che quadruplica i voti, andando al 43 %. La stessa percentuale che nel 2014 ottenne il Pd.«Quando il Pd fece il botto alle europee i veneti di lì a poco confermarono la fiducia all'amministrazione regionale di centrodestra, la differenza sta nell'origine: Matteo Renzi era stato creato in laboratorio e si circondò di persone lontane dalle vere esigenze della gente, la Lega invece qui è cresciuta amministrando il territorio, coltivando la classe dirigente e conquistandosi la fiducia. Se l'autonomia non è ancora arrivata è perché ogni volta che se ne parla, tutto il resto della politica, nessuno escluso, insorge. I veneti lo sanno bene». I veneti lo sanno bene. Lo dicono anche quelli del Pd, che però si preparano a un risultato dimezzato rispetto a cinque anni fa: i sondaggi danno in Veneto un voto attorno al 20%. «In testa alle nostre liste abbiamo messo Carlo Calenda e dietro di lui persone come Paolo De Castro. I veneti sanno bene quanto hanno fatto per loro», dice Alessia Rotta, parlamentare dem veronese, voluta a suo tempo da Renzi nella direzione nazionale del partito. «Calenda come ministro dello Sviluppo economico e De Castro con il suo impegno a favore dello sviluppo agricolo nel Parlamento europeo. La nostra è una politica di serietà, vogliamo aiutare i veneti a riscoprire quanto l'Europa sia indispensabile, anche se vi sono disparità sul piano fiscale e commerciale che vanno sanate. «Già, ma il crollo verticale dei voti? «Allora Renzi nel nordest aveva intercettato un elettorato che non era quello propriamente del Pd».Insomma da queste parti conta il voto ritenuto più utile. Il consenso è fluttuante e se non si riesce a rappresentare la prospettiva del momento, bisogna andare a prenderselo casa per casa, ma soprattutto azienda per azienda.Nemmeno i consorzi e le associazioni funzionano più di tanto. Un esempio è l'industria dell'eccellenza vitivinicola che fa di due province, quella di Treviso e di Verona, territori con competitività a livello mondiale. Eppure ogni singola cantina, perfino la più piccola, persegue una sua politica produttiva e soprattutto commerciale.«La politica fatica a capire queste dinamiche e soprattutto ad offrire una proposta così elastica», afferma Ferdinando Azzariti, presidente del Salone dell'Impresa, iniziativa che cerca proprio di mettere in rete le piccole realtà della regione. «In questi cinque anni le aspettative si sono fatte ancora più forti, perché si è fatto più profondo il divario tra chi era in difficoltà e chi ha resistito. Ha prospettive chi lavora con l'export e chiede tutela, gli altri sentono mancare l'ossigeno e vorrebbero più impegno nel riportare in vita un minimo di mercato interno.»Ma il voto utile che il Veneto sembra voler scegliere innanzi tutto, viene percepito come possibile parlando di Europa?«Dal piccolo imprenditore, no», continua Azzariti. «L'Europa viene percepita ancora troppo lontana ed estranea, con equilibri che poi finiscono per non rispecchiare le scelte nazionali. Il piccolo imprenditore veneto capisce che l'Europa è un mercato importante, ma non comprende se e come la politica lo voglia aiutare ad approcciarlo».Forse per questo qualcuno preferisce fare campagna sul concetto di coerenza. Una linea che magari non seduce, ma almeno si ritiene possa garantire uno zoccolo duro.«Noi siamo quelli che possono vantare un ruolo in Europa prestigioso ed efficace», afferma Davide Bendinelli, coordinatore veneto di Forza Italia. «Nel 2014 siamo stati noi a promuovere l'idea di autonomia, quando altri ancora chiedevano un'impossibile indipendenza. Ora che fanno? Noi difendiamo il risultato del referendum che ha portato a votare per l'autonomia oltre due milioni di veneti. Loro?». A far polemica con la Lega è però una Forza Italia segnata dalla brutta fine dell'epoca Galan e dal tramonto di una generazione di potenti, come Renato Brunetta e Niccolò Ghedini: in Veneto i sondaggi la danno addirittura alla metà della previsione nazionale, 5-6% contro un 9 %. «Contiamo su tanti giovani e seri amministratori che ogni giorno si conquistano la fiducia», chiosa Bendinelli.Tutti cercano in qualche modo di intercettare almeno una parte di quel famoso voto fluttuante, sapendo che l'elettorato di questa regione ha istanze forti ma anche una buona dose di diffidenzaCosì anche il Movimento 5 stelle. Jacopo Berti, capogruppo in regione e componente nazionale dei probiviri del movimento, cioè l'organismo che giudica il comportamento degli eletti, ne è conscio: «La cosa certa è che il Veneto ha bisogno di un'Europa forte, ma più vicina e finalmente liberata da un sistema di potentati. Noi da sempre perseguiamo questa politica».Il Movimento, però, non solo non sfonda, ma anzi viene dato in calo rispetto alle scorse europee (dal 19% al 12-15%) e comunque sotto la previsione nazionale. Il Veneto non si fida? «Probabilmente non ci conosce ancora bene. Siamo molto concentrati sul fare e non riusciamo a comunicare risultati, anche quelli del governo che sono importanti proprio per il rilancio delle economie locali».Una cosa è certa, non sembra facile conquistare la fiducia - soprattutto parlando di Europa - di una regione che, malgrado l'onda lunga della crisi, la moria di imprese, ha fatto registrare un Pil in crescita più di quello nazionale. Forse in Veneto la politica riesce a convincere davvero, quando prima cerca di imparare.
Jose Mourinho (Getty Images)