2022-12-30
Il Valpolicella conquista il Vietnam
True
Il Consorzio Valpolicella ha un giro d’affari annuo di circa 600 milioni di euro, la metà lo genera l’Amarone. «Del totale l’1% lo vendiamo in Vietnam e il 3% circa nel Sud est asiatico» spiega Tommaso Accordini del Consorzio. Secondo la Camera di commercio italo-vietnamita pare che l’import di vino italiano abbia superato i francesi.La Valpolicella e le colline veronesi sono a novemila chilometri, chilometro più chilometro meno. E fa un certo effetto vedere assorti vietnamiti – maschi e femmine, giovani in prevalenza ma anche meno giovani – deliziarsi i palati a sorsate di pregiatissimo Amarone. Succede ad Hanoi, la capitale di questo Paese socialista che corre più della locomotiva cinese impantanata nel post Covid che non passa. Per la precisione avviene a Casa Italia, la vetrina commerciale della nostra ambasciata. Uno dei tanti eventi che dicono due cose: che ciò che è italiano va alla grande e che, semplicemente, bisogna esserci. Ora.Per tutta la mattina qualche decina di aspiranti sommelier si sono sottoposti alle selezioni severissime. Una prova teorica scritta e una prova pratica (a occhi bendati indovinare i diversi tipi di vino). Nel pomeriggio va in scena il rito. La degustazione. I neofiti annusano i nettari della terra veronese, sorseggiano, saraccano (neologismo), sputano, sciacquano l’antro oro-faringeo. A officiare è il sommelier più famoso To Viet, nome d’arte, una vera autorità che imperterrito va avanti per ore (almeno cinque). Vince la selezione per diventare ambasciatore di queste delizie una donna, Fiore Hoa Thi Than Dam, «vicina ai 50» si presenta lei, managing director di un’azienda tecnologica. «Me lo aspettavo» risponde senza falsa modestia e confida: «Ma a me l’Amarone piace veramente».Per dare delle proporzioni, il Consorzio Valpolicella ha un giro d’affari annuo di circa 600 milioni di euro, la metà lo genera l’Amarone. «Del totale l’1 per cento lo vendiamo in Vietnam e il 3% circa nel Sud est asiatico» sintetizza Tommaso Accordini del Consorzio: «Il Vietnam? È uno snodo commerciale sempre più importante. E lo è per tutta l’area. Tant’è che a maggio 2023 saremo di nuovo qui». Secondo la Camera di commercio italo-vietnamita, ultra attiva, pare che l’import di vino italiano abbia superato i francesi. I numeri del miracolo vietnamita sono presto detti. Un tasso di crescita che da anni è fisso sul più 7% del Pil, in poco tempo il pil individuale è passato da mille a tremila dollari l’anno. A chi glielo chiede l’ambasciatore Antonio Alessandro, diplomatico di lungo corso, ripete questa istantanea: «Tecnicamente è un Paese a regime socialista aperto al mercato. La verità è che è un Paese che fa politica industriale sul serio». Il che vuol dire regole certe, certezza degli investimenti, insediamenti, strumenti affidabili, agevolazioni fiscali e non. Cento milioni di abitanti, età media 32 anni (contro i 46 dell’Italia). Qui da tempo sono presenti l’Ariston, la Piaggio ovviamente in un Paese che corre soprattutto in scooter, Dainese (per ora con uno stabilimento che produce solo caschi), Banca Intesa e uno dei dirigenti è Tommaso Andreatta, figlio di Beniamino. Hanoi vent’anni fa era un paesone agricolo con 3 milioni di abitanti: oggi ne conta 10 milioni. È la città che non dorme mai, percorsa dall’ininterrotta fiumana di auto, motorini e degli infernali clacson. Ma vitale, eccitante, sorprendente. Nell’old quarter (il centro storico) chiunque abbia un portone o anche un brandello di corridoio su strada ha un’attività commerciale di qualche tipo. Intrapresa personal-famigliare e dimensione collettiva sembrano vivere in equilibrio. Rappresentato dai gruppi di vietnamiti accoccolati ad ogni ora nei ristoranti per strada, a divorare «bun cha» e le varie – chiedo scusa – brodaglie locali. E dai contadini e contadine soprattutto che vengono a vendere in città i loro prodotti sulle biciclette e sui tipici bilancieri.La parola d’ordine del governo e del partito unico sembra essere: pensate ad arricchirvi e divertirvi (al resto ci pensiamo noi). Qualcosa del genere lo aveva profetizzato anche Massimo D’Alema inquilino a Palazzo Chigi: i risultati però sono stati opposti.Il fine settimana le piazze e le strade attorno al lago Hoan Kiem, al centro di Hanoi, tra l’ex quartiere francese e l’old quarter chiudono al traffico e diventano un’enorme isola pedonale. Qui la notte di Natale a piazza Dong Kinh Nghia Thuc e dintorni c’era una ressa che neanche a Piazza di Spagna e Via Frattina ai tempi d’oro.A Casa Italia sbarcano anche 70 – settanta – commercialisti italiani capitanati dal presidente nazionale, Elbano de Nuccio. Che arriva dall’India e prosegue per Singapore. «Aprire nuovi orizzonti verso mercati in forte espansione a differenza della situazione inflazionistica che vivono il nostro Paese e l’Europa» delinea la mission. Elenca i vantaggi del Vietnam: stabilità politica, perfetta integrazione tra sistema economico e istituzionale. E le tasse. «Sui redditi da impresa nei primi 15 anni si paga il 4%, da 0 a 10% con una media appunto del 4%».Ma bisogna tornare alle gocce di Amarone che come un prisma fanno capire meglio. «Certo che è uno status symbol» risponde in perfetto italiano l’infaticabile Quyet Thahn Tran, segretario generale della Camera di commercio italo-vietnamita, «ed è l’evidente segno insieme a tanti altri che la classe media è in rapida crescita». Una bottiglia di Amarone la trovi anche al corrispettivo di 30-40 euro, ma in genere costa dai 100 ai 150 euro, 2.500.000-3.750.000 di dong vietnamiti: lo stipendio medio - ufficiale - si aggira sui 300 euro al mese. Quyet Tran spiega al meglio la filosofia dell’attimo tutt’altro che fuggente del miracolo viet: «Ogni vino ha la sua fascia di mercato…». Ma è al Sud che il futuro è ancora più vicino, nell’ex Saigon, oggi Ho chi min City (13 milioni di abitanti). «È ancora più effervescente di Hanoi» dice Tommaso Accordini del Consorzio Valpolicella: «Saigon tra vent’anni cambierà faccia». Come, nessuno al momento lo sa dire. «Ma ora è importante esserci, per primi».E l’ingombrante vicino di casa, la Cina, l’unica che storicamente sia riuscita a dominarli per essere poi cacciata? I vietnamiti conservano il consueto sentimento ambivalente. Sanno che il loro boom economico è sulla scia di quello cinese. Ma nutrono la diffidenza di sempre. E guardano con preoccupazione alla guerra Russia-Ucraina, lontana e così vicina. Temono che l’incendio che brucia nel cuore dell’Europa risvegli le smanie imperialiste del Dragone.
Jose Mourinho (Getty Images)