2021-12-17
Il tabù diventa il nuovo dogma. E neppure chiedono scusa
Walter Ricciardi e Franco Locatelli (Ansa)
Walter Ricciardi e il premier ormai ammettono che le punture non debellano il Covid. Franco Locatelli chiede tamponi prima dei grandi eventi pure per gli inoculati. Così, governo ed esperti sposano le tesi che bollavano come «no vax»L’antinfiammatorio previene le insufficienze respiratorie. Via libera anche a un nuovo monoclonale. Per motivi di emergenza, gli Stati potranno utilizzare la pasticca di PfizerLo speciale contiene due articoliQualcuno, per usare un termine alla moda, potrebbe definirla resilienza. Altri, un poco più realisti, preferirebbero parlare di gioco delle tre carte. Comunque sia, l’orizzonte è sempre quello orwelliano: fino a ieri eravamo in guerra con l’Estasia, oggi invece siamo in guerra con l’Eurasia. Però dobbiamo dire alla popolazione che siamo sempre stati in guerra con l’Eurasia, anche se il nemico è totalmente diverso. Basta una minima ricostruzione cronologica per rendersi conto di come funzioni: quello che ieri era un argomento tabù, roba «da no vax», all’improvviso diviene un elemento cardine del discorso istituzionale. E se qualcuno prova ad alzare il ditino per far notare la patente contraddizione, ecco che piove la solita accusa: «No vax!». In qualunque altra situazione, il giochino non avrebbe funzionato: troppo smaccato, troppo clamoroso persino per chi è abituato alla mistificazione e alla menzogna. Ora, tuttavia, il meccanismo scatta implacabile, e la totale sottomissione dell’apparato mediatico facilita parecchio il compito. Anzi, più le storture retoriche del «pensiero ufficiale» si fanno evidenti, più l’aggressione nei confronti del dissidente, del sabotatore, è feroce. Guardare le trasmissioni televisive ormai è una esperienza lisergica, un viaggio in un mondo bizzarro a realtà aumentata e ribaltata. I conduttori perfettamente allineati e la gran parte degli ospiti riescono a sostenere contemporaneamente che l’Italia è messa meglio di tutto il resto del mondo grazie alle misure del governo dei migliori e che siamo in spaventosa emergenza dunque dobbiamo inasprire le restrizioni. Il green pass funzionava perfettamente dunque abbiamo dovuto istituire il super green pass. Il quale a sua volta funziona talmente bene che ora tocca introdurre limitazioni più pressanti. In teoria, lo scopo di un provvedimento restrittivo dovrebbe essere la fine delle restrizioni: si limita la libertà per un periodo allo scopo di tornare quanto prima a una situazione di libertà totale. Come insegnava Carl Schmitt, la dittatura eccede per un breve lasso di tempo la legislazione normale al fine di confermarla, cioè di permetterne l’attuazione una volta superato l’ostacolo. Qui, invece, abbiamo misure che conducono a misure ancora più eccezionali, e quindi evidentemente non funzionano. Ciò nonostante vengono acriticamente difese dai più. Si è detto che il green pass ci avrebbe tenuti al sicuro, e ora vediamo che non ferma i contagi e nemmeno i ricoveri. Si è detto che ci avrebbe garantito il ritorno alla normalità, e invece tutte le attività turistiche, ricreative e commerciali stanno subendo duri colpi e non, come si sostiene, a causa del virus, ma per via delle restrizioni che discriminano senza motivo milioni di persone. Tutto questo, però, passa in cavalleria, e ora si afferma, come se nulla fosse, che era già scritto: «Che il green pass non avrebbe garantito protezione assoluta si sapeva da subito», sibilano i corazzieri del regimetto. Peccato che le affermazioni dei mesi passati li smentiscano clamorosamente, ma non conta. Analogo discorso riguardo al tampone. Per settimane ci è stato ripetuto che non serviva, che era pericoloso, che forniva risultati incompleti e falsati e che sarebbe stato un suicidio consentire alle persone di accedere al lavoro, agli eventi pubblici e ai luoghi di svago esibendo soltanto il risultato negativo di un test. Ebbene, che succede adesso? Che il tampone è di nuovo tornato lo strumento fondamentale per garantire sicurezza. Pensate: si devono sottoporre all’esame addirittura i vaccinati e non solo i temibili no vax. Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, fa sapere che si sta valutando di richiedere l’esamino agli inoculati per garantire la partecipazione ai «grandi eventi». Senza tampone, intanto, non è consentito varcare il confine italico. E questa è una contraddizione nella contraddizione. Non ci era stato ripetuto allo sfinimento che il virus se ne fregava dei confini? Non ci avevano spiegato quanto fosse fascista proteggere le frontiere? All’improvviso, tutto cancellato: ora presidiare i valichi si può, anzi si deve. Tutti gli osservatori sono concordi, e sono pure felici del fatto che Mario Draghi abbia indispettito un po' di papaveri a Bruxelles e dintorni, come un vero patriota. Fantastico, come no: forse però sarebbe stato carino adottare questo approccio anche con i confini a Sud, quotidianamente oltrepassati da migliaia di immigrati clandestini, e persino su almeno un paio di altre questioni di respiro europeo, ma a quanto pare il sovranismo è buono soltanto se virologico. Il caso più clamoroso, tuttavia, resta quello riguardante il vaccino. Abbiamo udito per mesi e mesi e mesi giornalisti, politici, rockstar, Vip e Vippetti assortiti ripetere che «il vaccino è l’unica arma che abbiamo». Chi si azzardava a sostenere che l’iniezione, purtroppo, non è la panacea di ogni male e non ha potere taumaturgico veniva linciato sulla pubblica piazza e accusato di essere un cattivo maestro. Risultato: ora abbiamo l’Oms, l’Ecdc (Centro europeo per il controllo delle malattie), il consulente del ministero che risponde al nome di Walter Ricciardi e financo il presidente del Consiglio pronti a giurare che il vaccino da solo non basta. Capito? Fino a ieri, a discettare delle limitazioni del siero si finiva dritti alla gogna, con l’infamante scritta «No vax» incisa sul petto. D’un tratto, sono le autorità ad ammettere che la puntura non è il Graal, e la stampa non ha manco un sussulto. Peggio: dichiara di averlo sempre saputo, di non aver mai pensato il contrario, e chi non ci crede è un terrapiattista che si inietta lo zenzero. Solo su un punto rimane, ottusa e cattiva, la medesima ostilità: le cure. Anche ammesso che il vaccino non basta, anche concesso che le restrizioni non ci salvano, l’ipotesi di spingere sulle terapie non viene considerata. O, meglio, si comincia appena ad accarezzarla in qualche articolo dedicato alle pillole magiche di Merck o Pfizer. Per assistere alla giravolta totale dovremo attendere ancora un po', giusto il tempo di un altro giro di iniezioni. A quel punto, un bel mattino, ci diranno: massì, dal disastro si esce soltanto con la cura, tutto il resto è un palliativo. Subito dopo aver pronunciato queste parole, affermeranno di aver sempre avuto la stessa opinione, di non aver mai nemmeno preso in considerazione verità differenti. Con il sangue dei nemici di Estasia ancora sulle mani, scrolleranno le spalle e sbufferanno: «Siamo sempre stati in guerra con l’Eurasia». In fondo, abbiamo un ministro della Salute che un anno fa ha scritto un libro intitolato Perché guariremo, e passa il tempo a ricordarci che non stiamo guarendo, e conviene fare gli scongiuri.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-vaccino-non-basta-il-test-e-utile-gli-ex-tabu-diventano-i-nuovi-dogmi-2656056130.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ok-di-ema-ad-anakinra-contro-il-virus" data-post-id="2656056130" data-published-at="1639694576" data-use-pagination="False"> Ok di Ema ad anakinra contro il virus L’Ema ha raccomandato l’autorizzazione di due trattamenti per il Covid-19: l’anticorpo monoclonale sotrovimab (Xevudy) e l’estensione dell’antinfiammatorio anakinra (Kineret), già autorizzato nell’Ue per varie condizioni infiammatorie, in pazienti adulti con polmonite che richiedono ossigeno supplementare e che sono a rischio di sviluppare una grave insufficienza respiratoria. Il sotrovimab, sviluppato dalla britannica GlaxoSmithKline insieme all’americana Vir Biotechnology, è indicato per trattare il Covid-19 negli adulti e negli over 12 con un peso di almeno 40 chili, che non richiedono ossigeno supplementare e sono a maggior rischio che la malattia diventi grave. La raccomandazione emessa dal Comitato per i medicinali a uso umano (Chmp) dell’Ema si basa sulla valutazione di uno studio su 1.057 pazienti Covid, che mostra come questo monoclonale riduca «significativamente il ricovero e i decessi in pazienti con almeno una condizione di base che li mette a rischio di malattia grave». Si prevede, inoltre, che Xevudy sia attivo «anche contro altre varianti (incluso Omicron)». Sul tavolo della Commissione Ue approda anche la raccomandazione Chmp su anakinra, commercializzato dalla svedese Sobi: per i malati Covid si ritiene che riduca il danno delle vie aeree inferiori, prevenendo lo sviluppo di grave insufficienza respiratoria. Il Chmp ha valutato i dati di uno studio che ha coinvolto 606 adulti ospedalizzati con polmonite Covid moderata o grave. Sempre ieri l’Ema ha emesso un parere sulla pillola Paxlovid della Pfizer che potrà essere utilizzata nei Paesi che lo ritengono opportuno, «in contesti di emergenza». Il trattamento con il Paxlovid è riservato a adulti con Covid-19 che non richiedono ossigeno supplementare e che sono a maggior rischio di progressione verso una malattia grave. Paxlovid dovrà essere somministrata entro 5 giorni dall’inizio dei sintomi. La terapia dura 5 giorni e non è raccomandata in gravidanza, mentre chi allatta dovrà interrompere le poppate durante il trattamento. Il 13 dicembre l’Agenzia europea ha avviato una revisione continua (rolling review) più completa sulla pillola di Pfizer: la procedura proseguirà fino a quando non saranno disponibili prove sufficienti per consentire all’azienda di presentare una domanda formale di autorizzazione all’immissione in commercio. Astrazeneca sta studiando il suo Azd7442, un inibitore con somministrazione intravena che utilizza gli analoghi monoclonali di due anticorpi naturali presenti nel siero dei pazienti convalescenti. Gli ultimi dati mostrano una protezione dell’83% in 6 mesi rispetto al 77% in 3 mesi. Il trattamento riduce dell’88% il rischio di Covid grave se somministrato nei primi 3 giorni. Stanno, infine, per arrivare novità anche sul fronte dell’«arsenale» vaccinale: il comitato per i medicinali ad uso umano dell’Ema terrà una riunione straordinaria il 20 dicembre per discutere dell’approvazione del vaccino anti Covid sviluppato da Novavax.
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.