2020-08-25
        Il terrorismo mediatico sul virus resta una specialità tutta italiana
    
 
In gran parte degli altri Paesi europei ci sono valori simili ai nostri, eppure solo noi restiamo legati al rito macabro del bollettino delle vittime. Prime voci fuori dal coro: «Sì alla cautela, no al terrorismo biologico».Non di solo coronavirus vivono i media internazionali. Scorrendo le prime pagine dei giornali stranieri ovviamente l'argomento Covid è presente, ci mancherebbe. Tuttavia, chi segue anche solo superficialmente la stampa estera non potrà fare a meno di notare come oltreconfine sia raro riscontrare lo stesso approccio morboso che contraddistingue l'informazione nostrana e che, inevitabilmente, finisce per sostenere e alimentare i toni allarmistici ai quali siamo ormai avvezzi da mesi. Prendiamo la giornata di ieri: basta dare uno sguardo alle prime pagine tedesche, francesi, britanniche, e in certi casi anche spagnole, per rendersi conto della pluralità di argomenti. Stesso discorso per quanto riguarda i siti internet delle principali testate. E così, basta un attimo per rendersi conto che la giornata non è fatta solo di aggiornamenti compulsivi sul virus, di polemiche sulla movida e di scaramucce tra i governatori delle Regioni.In Germania, per esempio, il dato sui contagi viene pubblicato sul sito dell'Istituto Roberto Koch (Rki) ogni mattina, anziché dopo le 17 come nel nostro Paese. Potrà sembrare un dettaglio, ma sul piano comunicativo questa scelta evita di caricare la giornata della stessa attesa spasmodica che viene riservata al bollettino giornaliero italiano. Ma ieri l'attenzione dei media tedeschi era concentrata su un altro evento, cioè la vittoria del Bayern Monaco in Champions League contro il Psg. Notizia che immancabilmente ieri mattina rappresentava l'apertura dei principali siti di informazione e quotidiani nazionali. Ovviamente, lo stesso argomento in chiave diametralmente opposta ha interessato i media francesi, addolorati per la sconfitta della squadra parigina. Scherzi a parte, capita spesso che gli aggiornamenti online all'estero vengano riservati a notizie che poco e niente hanno a che fare con il Covid. Mentre scriviamo, per esempio, sia il francese Le Monde che il sito dell'emittente tedesca Tagesschau riportano come prima notizia il caso dell'avvelenamento di Aleksej Navalny. Molto spazio viene riservato poi alle vicende bielorusse, che occupano la testata di Handelsblatt (una sorte di Sole 24 Ore tedesco). Ma è facile imbattersi in lunghi e interessanti approfondimenti sulle elezioni presidenziali americane, piuttosto che sulle violenze a danno dei bambini in Brasile, o ancora sulle calde estati siberiane. Tra i 10 articoli più letti di Libération, storico giornale della gauche transalpina, campeggiano pezzi sull'ecologia, sulla Palestina e sul movimento Black lives matter.Quando ci imbattiamo nell'argomento coronavirus, spesso si tratta di riflessioni di natura economica, oppure della riapertura delle scuole. Quasi mai il tono è catastrofico, men che meno moralista. Fa eccezione la Spagna, alle prese però con una seconda ondata particolarmente vigorosa. Ma più che polemico, il tono dei media iberici appare autocritico. «Le ragioni del caos: perché la Spagna è il Paese europeo nella situazione peggiore», si interroga El Mundo. L'età media dei positivi sta diminuendo, questo è un fatto, ma nessuno si straccia le vesti o pensa di puntare il dito contro i giovani. Piuttosto, la circolazione del virus viene vista come una naturale conseguenza della riapertura delle frontiere. Uno dei temi più dibattuti riguarda le modalità di riaperture degli istituti scolastici, e un po' come qua ci si interroga su distanziamenti e mascherine. Nessuna pantomima, però, sui banchi con le rotelle e sugli studenti «imbuto». Un po' dovunque, proprio come in Italia, i casi riprendono a salire, ma fortunatamente i ricoveri in terapia intensiva e i decessi diminuiscono. Cresce invece la percentuale di asintomatici, anche perché i tamponi sono più mirati e il contact tracing e le attività di screening più efficienti. In Spagna, dove il ministero della Salute ha deciso di comunicare i nuovi casi solo nei giorni feriali, il bollettino giornaliero divide i nuovi casi tra sintomatici e asintomatici. Cosa che invece non accade nel nostro Paese, dove nel calderone del numero giornaliero finiscono indistintamente sani e malati. Finora in Italia ha prevalso la linea sostenuta da Andrea Crisanti e Massimo Galli: gli asintomatici sono visti come «super diffusori», cioè untori. Un verbo da molti considerato impossibile da criticare. Eppure, sempre più voci autorevoli chiedono chiarezza su questo punto. «Confermo ancora una volta che gli ospedali non sono pieni: abbiamo solo 6 ricoverati in terapia intensiva», ha affermato ieri il governatore del Veneto Luca Zaia, «si sta vedendo un fenomeno strano: in 10 giorni siamo passati dal 7% di sintomatici al 3,9% di oggi, è un virus strano, dà positività ma con pochi casi sintomatici». Un'ossessione quella per il Covid che secondo alcuni scienziati ha portato a tralasciare ingiustamente le altre malattie. Qualche giorno fa, il professor Alberto Zangrillo ha pubblicato una (contestatissima) vignetta nella quale un personaggio afferma: «Ieri in Italia sono morte 4 persone per Covid. È terribile». L'altro per tutta risposta gli fa notare che «ieri in Italia sono morte anche 638 persone per malattie cardiocircolatorie, e 483 per tumore! Questo è davvero terribile». Per l'autorevole virologo Giorgio Palù, «c'è un allarme ingiustificato». «Stiamo imparando che dobbiamo convivere con il virus. Un mondo a zero contagi è utopia», sostiene Palù, «la cautela è opportuna, ma ho l'impressione che si stia facendo del terrorismo biologico; una campagna della paura». Perché al di qua delle Alpi, a leggere i giornali nostrani, più che la volontà di capire il virus sembra prevalere la tentazione di terrorizzare le persone.