2022-01-23
Il teologo dell’apartheid sanitaria: «I no vax vanno curati per ultimi»
Mauro Cozzoli (Wikipedia)
Per monsignor Mauro Cozzoli «è giusto soccorrere prima gli inoculati. Vale il “favor vitae”».Bagliori da Stato etico, fremiti di guerra santa. È difficile non sentir correre un brivido lungo la schiena alla lettura dello scritto del professor Mauro Cozzoli, riassunto perfettamente dal titolo: «In caso di scarsità di mezzi è giusto assistere prima chi è vaccinato». Svolgimento del pensiero: «Quando non c’è possibilità di soccorrere e curare tutti deve valere il principio del favor vitae, volto a dare la precedenza a chi può trarre il maggiore e più coerente beneficio di vita per sé e per gli altri».L’intervento lascia di sale per due motivi. È firmato da un sacerdote, monsignore di lungo corso, docente di Teologia morale alla Pontificia università lateranense, nominato nel 2017 da papa Francesco consultore per la Congregazione della dottrina della fede. E da 21 anni assistente dell’Associazione medici cattolici. È proprio lui ad andare oltre il Vangelo, a fare a coriandoli inclusione, resilienza ed esercizio della pietas cristiana (quella sanitaria non è meno cruciale di quella migratoria) e a iscriversi all’anacronistica crociata - con più del 90% di vaccinati - contro i no vax. Dal pulpito predica eguaglianza e unità ma quando impugna la penna si dichiara a favore del certificato verde che impedisce al lavoratore di entrare in fabbrica e al pensionato indigente di andare in posta a ritirare la pensione. Molto bene. Il secondo motivo è perfino più inquietante: l’opinione dogmatica è pubblicata sul sito di Quotidiano Sanità e diventa un lasciapassare morale per medici e infermieri alle prese con i mille dubbi dell’inverno Omicron, caratterizzato da cacce manichee e imposizioni divisive.C’è del moralismo in questo schierarsi acriticamente con il potere. Qualcosa che si fatica a comprendere, perché Gesù avrebbe convinto gli ultimi a vaccinarsi. E forse - per senso di solidarietà con fragili e indecisi - si sarebbe vaccinato per ultimo. Il pensiero di monsignor Cozzoli deriva da una presa di posizione della Consulta di bioetica, che a firma di 15 esponenti di spicco teorizza: «In queste situazioni di scelta tragica la regola generale è di dare la priorità a chi ha più probabilità di farcela». L’esempio è un quesito semplicistico. Se c’è un unico elicottero da soccorso a chi va mandato? «A chi è stato ferito mentre stava compiendo il proprio dovere e non a chi si è volontariamente esposto a rischi maggiori», perché stava facendo free climbing o volo a vela. La stessa Consulta, rendendosi conto si essersi avventurata nella foresta degli agguati (perfino teologici), poi frena: «L’auspicio è che si riesca sempre a curare tutti. Sul tema non abbiamo una posizione specifica».Monsignor Cozzoli sì, per lui vale la regola del male minore. Ma è la stessa dei caschi blu a Srebrenica, la stessa che imputiamo al cittadino indifferente che si volta dall’altra parte davanti al dolore e alla povertà. Tutti citano La banalità del male a pranzo e a cena, ma devono averlo letto in pochi. Diceva Hannah Arendt: «Chi sceglie il male minore dimentica di avere scelto comunque un male».