Nomi, incarichi, nomine e appalti: ecco i finanziatori di «Open», la ex cassaforte finiti sotto inchiesta a Firenze, e le scelte fatte dai governi del Pd. Intanto gli ex compagni del Bullo lo azzannano: «Raccoglieva fondi solo per sé».
Nomi, incarichi, nomine e appalti: ecco i finanziatori di «Open», la ex cassaforte finiti sotto inchiesta a Firenze, e le scelte fatte dai governi del Pd. Intanto gli ex compagni del Bullo lo azzannano: «Raccoglieva fondi solo per sé».La belle époque del renzismo, tra il 2014 e il 2016, aveva contagiato davvero un po' tutti. Capitani d'industria, professionisti, manager e stakeholder (formula inglese che copre il nostro brutale «portatore d'interessi») che videro nel sindaco di Firenze il nuovo corso del centrosinistra in Italia. E, con la partecipazione, arrivarono anche i finanziamenti. Proporzionali alla caratura del donante e alla sua fiducia in Matteo. In totale, la fondazione Open - finita sotto inchiesta a Firenze con il suo ex presidente, Alberto Bianchi, accusato di traffico di influenze illecite e finanziamento illecito ai partiti - ha raccolto complessivamente oltre 6,7 milioni di euro.Molti sostenitori di Open sono stati poi nominati in aziende pubbliche o hanno ottenuto incarichi in orbita governativa, quando a Palazzo Chigi c'erano Matteo Renzi o il suo successore. Uno dei più famosi è Antonio Campo Dall'Orto (contributo di appena 250 euro) che nel 2014 diventa prima consigliere d'amministrazione di Poste e poi direttore generale della Rai. Del 2014 è anche la nomina, nel board di Leonardo Finmeccanica, del manager Fabrizio Landi (10.000 euro). Nella lista dei sostenitori troviamo pure il giornalista Erasmo D'Angelis (6.400 euro), designato alla direzione generale della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico di Palazzo Chigi dal 2014 al 2015 e successivamente (2017, Gentiloni premier) segretario generale dell'autorità di distretto idrografico dell'Italia centrale. Fra il 2015 e il 2016 è andato a fare il direttore dell'Unità.A Palazzo Chigi ha lavorato anche Vincenzo Manes (62.000 euro). È stato «consigliere del presidente del Consiglio Renzi per il terzo settore e lo sviluppo dell'economia sociale» («pro bono», specifica). A quota 30.400 euro (la metà circa di quanto versato da Manes) troviamo un volto noto: quello di Alberto Bianchi, l'avvocato amministrativista di Firenze che nel 2014 diventa consigliere di amministrazione di Enel, oggi indagato e perquisito due volte dalla Finanza su ordine dei pm che sospettano che la Open abbia operato come «articolazione di partito», nascondendo rapporti opachi tra politica e affari. A pari merito l'imprenditore calzaturiero Gabriele Beni (25.000 euro a titolo personale più 5.000 euro con la sua società Calzaturificio Gabriele) che, nell'ottobre 2014, è stato nominato prima consigliere e poi vicepresidente in carica di Ismea, Spa controllata dal ministero dell'Agricoltura.La lista del 2014 riserva ancora qualche spunto. Jacopo Mazzei (8.000 euro) è nel cda di Toscana Aeroporti, di cui è presidente un big renziano come Marco Carrai, indagato nell'inchiesta Open per finanziamento illecito. Il 5% delle azioni della società appartiene alla Regione Toscana. Gabriele De Giorgi (1.050 euro versati nel 2014), figlio dell'ex capo di Stato maggiore della Marina militare Giuseppe, è stato assistente del sottosegretario Domenico Manzione. Fuori quota ci imbattiamo, invece, in Marco Seracini: commercialista di Renzi e ideatore della fondazione Noi link (antesignana della Open), diventato nel 2014 sindaco revisore di Eni. Diverso il discorso per Federico Lovadina, fondatore con Francesco Bonifazi dello studio Bl (Bonifazi e Lovadina) di cui è socio anche Emanuele Boschi, fratello di Maria Elena. Risultano finanziamenti di Bonifazi (sotto inchiesta per finanziamento illecito alla fondazione Eyu, di cui era presidente) a Open per 12.800 euro, e di Emanuele Boschi a Eyu nel 2017 per 40.000 euro. Lovadina entra nel 2014 nel cda di Trenitalia, poi in Prelios, e ora è in Sia, controllata Cdp. Infine ci sono i maxi-finanziamenti dell'ex Pd (oggi Italia viva) Gianfranco Librandi , che tra il febbraio 2017 e il giugno 2018 ha versato ad Open circa 800.000 euro, e della famiglia Maestrelli (300.000 euro), la stessa che nel 2018 ha prestato a Renzi 700.000 euro per l'acquisto della supervilla di Firenze.Ma oltre ai singoli finanziatori ci sono anche diverse aziende private che spesso lavorano o hanno avuto a che fare con il settore pubblico. A parte l'immobiliarista Luca Parnasi, anche lui sotto inchiesta per il finanziamento a Eyu, c'è il caso dei fratelli Orsero, tra i leader mondiali nella produzione e distribuzione di frutta. Nelle casse di Open, prima Big Bang, il marchio di Albenga ha versato 20.000 euro nel 2013, in uscita dalla controllata Blue meer, e poi altri 50.000 nel 2014 dalla cassaforte Gf group. In quegli anni il gruppo è in difficoltà economiche. Proprio nel 2014 l'autorità portuale di Savona, con Renzi premier e Delrio ministro delle Infrastrutture, rileverà con 24 milioni di fondi pubblici il 64% delle quote dell'interporto di Vado (Vio), di proprietà degli Orsero.Altro finanziatore è stata la Uno spa, azienda produttrice di mobili di lusso che ha stanziato 50.000 euro nel 2014 per gli esponenti del Giglio magico. Nel 2015 la Uno sarà celebrata sui quotidiani per una commessa a Dubai da 4 milioni di euro e un accordo con Fincantieri per gli arredi delle navi. C'è poi il caso della Sinelec (25.000 euro nel 2014), azienda tecnologica del gruppo Astm group, secondo gestore al mondo di reti autostradali a pedaggio in concessione. Nel cda della controllante siede - oltre ai fratelli Gavio, già finanziatori di Renzi - Arabella Caporello, ex direttore generale del Comune di Milano (giunta di Giuseppe Sala) e fondatrice del renzianissimo circolo della Pallacorda nel capoluogo lombardo. A finanziare negli ultimi anni la fondazione Open c'è stata anche la Intesa aretina scarl (15.000 euro), consorzio che raduna i soci privati di Nuove acque, società a partecipazione pubblica che si occupa del servizio idrico in diversi Comuni toscani: tra i soci privati ci sono Suez Italia, Acea, Mps, Ubi banca e in passato anche Banca Etruria. Anche due aziende che hanno lavorato in Expo 2015 hanno versato soldi. La Nacost navarra costruzioni del gruppo Navarra (30.000 euro tra il 2016 e il 2017), si occupò del Padiglione Italia e ora è ancora impegnata nel dopo Expo. E la Sicuritalia group service, con altri 30.000 euro sempre tra il 2016 e il 2017: durante l'esposizione universale vinse con altre aziende il bando per la gestione della sicurezza. Infine, a lato degli intrecci italiani, una curiosità internazionale. In Fondazione Eyu compare un bonifico da 87.000 euro di The tides foundation, collegata alla Open society di George Soros, tra i finanziatori di Greta Thunberg, la giovane che si batte per l'ambiente. Forse l'unica non renziana dell'articolo.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





