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2022-03-11
Il sesso, la droga e i traumi della Generazione Z raccontati in «Euphoria»
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Zendaya, protagonista del telefilm «Euphoria»
Il teen drama, scritto da Sam Levinson e composto da due stagioni con otto episodi ciascuno, racconta la storia di un gruppo di adolescenti dello stesso liceo attraverso lo sguardo e la narrazione di Rue, interpretata da Zendaya, diciassettenne tossicodipendente. In ogni episodio la storia di un personaggio è sviscerata, mentre la vita dei ragazzi prosegue districandosi tra sesso, droga, social, traumi e affetti.
La serie ha fatto molto parlare di sé per essere tremendamente esplicita. Il cocktail glitterato di droghe pesanti, depressione, continue scene di nudo e violenza non è adatto a tutti. L’estremizzazione e la brutalità con cui sono rappresentati tratti che caratterizzano l’adolescenza non possono che generare un contraccolpo nello spettatore. Che sia sgomento, ansia, rabbia o inquietudine, in ogni caso non si può guardare e rimanere indifferenti.
Il primo capitolo di
Euphoria comincia con la voce fuori campo di Rue «Una volta ero appagata, felice, sguazzavo nella mia piscina privata primordiale. Poi un giorno per ragioni al di fuori del mio controllo, sono stata schiacciata ripetutamente, più e più volte dalla cervice crudele di mia madre, Leslie. Mi sono difesa bene, ma ho perso». La ricerca di una risposta al «E io chi sono?» leopardiano accompagnano ogni personaggio. Rue cerca nella droga, Jules nel genere, Cassie nella dipendenza da amori tossici, Nate nella violenza, Kat nella prostituzione virtuale, Cal nel sesso nella sua brutalità. La serie potrebbe essere erroneamente letta come la rappresentazione della nuova gioventù bruciata e dei suoi drammi dovuti all’iper-esposizione online, ma sarebbe estremamente scorretto e riduttivo. Levinson non rappresenta solamente i ragazzi, ma anche gli adulti da cui sono attorniati. È il racconto drammatico di una società che è fermamente convinta di compiersi in se stessa. Non trovando però risposta soddisfacente nei tentavi fatti tutto ciò che rimane è il nulla, ovvero un’inesorabile esistenza senza senso. E nessuno può convivere con una vita senza scopo senza diventare il Joker di Todd Phillips, perciò l’individuo assume consistenza con l’affermazione di sé, con il dominio e il possesso. «Gli uomini hanno dimenticato tutti gli dèi, salvo l’Usura, la Lussuria e il Potere». Così profetizzava Eliot nel settimo Coro della Rocca. La maggior parte delle scene di sesso nella serie sono raccapriccianti e angoscianti, proprio perché è la dimensione in cui i personaggi sembrano consistere maggiormente: possedere o lasciarsi possedere dall’altro. Il sesso diventa violenza o sottomissione, ed è uno dei pochi attimi di euforia per cui abbia senso continuare a campare.
Un altro tratto della serie che colpisce è la solitudine dei personaggi. Nonostante siano costantemente immersi in rapporti di ogni tipo e feste dionisiache, non riescono a trovare qualcuno che condivida con loro la ricerca del perché alle proprie fragilità e alle proprie ferite. Lo rivela Cal, padre di uno dei ragazzi, alla fine del quarto episodio della seconda stagione, in una scena forte, quanto emblematica. Tornato a casa ubriaco, comincia a urlare e a urinare in salotto, e alla domanda della moglie «Cal, ma che problema hai?», la risposta perentoria è «Mi sento molto solo». Non c’è nessun tu a cui porre le proprie domande; l’unica soluzione è salvarsi da soli, ma una volta accortisi dell’illusione perseguita non c’è più niente da fare; la sola cosa che rimane è la disperazione animalesca di un uomo adulto che, ubriaco, orina in salotto davanti ai suoi figli increduli.
In mezzo a questo “deserto e vuoto”, rimane Rue, la narratrice diciassettenne, che inizia a drogarsi per la sofferenza data dalla morte del padre. Per tutta la serie anela incessantemente a un senso rifugiandosi nella droga e in rapporti morbosi ed è il personaggio in cui più di tutti aderiscono i versi di
Leopardi «Natura umana, or come,/ se frale in tutto e vile,/ se polve ed ombra sei, tant’alto senti?». Il grido irriducibile di Rue non riesce ad essere soffocato da tutte le proposte inadeguate e parziali della sua realtà e commuove vedere la parabola che compie dall’inizio alla fine della storia. Il primo episodio è titolato «Due secondi di nulla» e l’ultimo, uscito ancora solo in inglese, «All My Life, My Heart Has Yearned for a Thing I Cannot Name», ovvero «Per tutta la vita, il mio cuore ha bramato una cosa che non riesco a definire». Dall’inseguimento di brevi istanti di euforia, per soffrire il meno possibile, passa a cercare qualcuno con cui condividere quello che Pavese chiama destino, in un frammento celebre del suo diario. «Da uno che non è disposto a condividere con te il destino non dovresti accettare nemmeno una sigaretta».
E finalmente Rue, non trova un senso, ma qualcuno con cui poter fumare e domandarlo.
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La serie tv, la cui seconda stagione è in onda su Sky, è il manifesto dei ragazzi di oggi. Protagonista della serie Zendaya che interpreta una problematica diciassettenne divisa tra famiglia, social e affetti. Il teen drama, scritto da Sam Levinson e composto da due stagioni con otto episodi ciascuno, racconta la storia di un gruppo di adolescenti dello stesso liceo attraverso lo sguardo e la narrazione di Rue, interpretata da Zendaya, diciassettenne tossicodipendente. In ogni episodio la storia di un personaggio è sviscerata, mentre la vita dei ragazzi prosegue districandosi tra sesso, droga, social, traumi e affetti. La serie ha fatto molto parlare di sé per essere tremendamente esplicita. Il cocktail glitterato di droghe pesanti, depressione, continue scene di nudo e violenza non è adatto a tutti. L’estremizzazione e la brutalità con cui sono rappresentati tratti che caratterizzano l’adolescenza non possono che generare un contraccolpo nello spettatore. Che sia sgomento, ansia, rabbia o inquietudine, in ogni caso non si può guardare e rimanere indifferenti. Il primo capitolo di Euphoria comincia con la voce fuori campo di Rue «Una volta ero appagata, felice, sguazzavo nella mia piscina privata primordiale. Poi un giorno per ragioni al di fuori del mio controllo, sono stata schiacciata ripetutamente, più e più volte dalla cervice crudele di mia madre, Leslie. Mi sono difesa bene, ma ho perso». La ricerca di una risposta al «E io chi sono?» leopardiano accompagnano ogni personaggio. Rue cerca nella droga, Jules nel genere, Cassie nella dipendenza da amori tossici, Nate nella violenza, Kat nella prostituzione virtuale, Cal nel sesso nella sua brutalità. La serie potrebbe essere erroneamente letta come la rappresentazione della nuova gioventù bruciata e dei suoi drammi dovuti all’iper-esposizione online, ma sarebbe estremamente scorretto e riduttivo. Levinson non rappresenta solamente i ragazzi, ma anche gli adulti da cui sono attorniati. È il racconto drammatico di una società che è fermamente convinta di compiersi in se stessa. Non trovando però risposta soddisfacente nei tentavi fatti tutto ciò che rimane è il nulla, ovvero un’inesorabile esistenza senza senso. E nessuno può convivere con una vita senza scopo senza diventare il Joker di Todd Phillips, perciò l’individuo assume consistenza con l’affermazione di sé, con il dominio e il possesso. «Gli uomini hanno dimenticato tutti gli dèi, salvo l’Usura, la Lussuria e il Potere». Così profetizzava Eliot nel settimo Coro della Rocca. La maggior parte delle scene di sesso nella serie sono raccapriccianti e angoscianti, proprio perché è la dimensione in cui i personaggi sembrano consistere maggiormente: possedere o lasciarsi possedere dall’altro. Il sesso diventa violenza o sottomissione, ed è uno dei pochi attimi di euforia per cui abbia senso continuare a campare. Un altro tratto della serie che colpisce è la solitudine dei personaggi. Nonostante siano costantemente immersi in rapporti di ogni tipo e feste dionisiache, non riescono a trovare qualcuno che condivida con loro la ricerca del perché alle proprie fragilità e alle proprie ferite. Lo rivela Cal, padre di uno dei ragazzi, alla fine del quarto episodio della seconda stagione, in una scena forte, quanto emblematica. Tornato a casa ubriaco, comincia a urlare e a urinare in salotto, e alla domanda della moglie «Cal, ma che problema hai?», la risposta perentoria è «Mi sento molto solo». Non c’è nessun tu a cui porre le proprie domande; l’unica soluzione è salvarsi da soli, ma una volta accortisi dell’illusione perseguita non c’è più niente da fare; la sola cosa che rimane è la disperazione animalesca di un uomo adulto che, ubriaco, orina in salotto davanti ai suoi figli increduli. In mezzo a questo “deserto e vuoto”, rimane Rue, la narratrice diciassettenne, che inizia a drogarsi per la sofferenza data dalla morte del padre. Per tutta la serie anela incessantemente a un senso rifugiandosi nella droga e in rapporti morbosi ed è il personaggio in cui più di tutti aderiscono i versi di Leopardi «Natura umana, or come,/ se frale in tutto e vile,/ se polve ed ombra sei, tant’alto senti?». Il grido irriducibile di Rue non riesce ad essere soffocato da tutte le proposte inadeguate e parziali della sua realtà e commuove vedere la parabola che compie dall’inizio alla fine della storia. Il primo episodio è titolato «Due secondi di nulla» e l’ultimo, uscito ancora solo in inglese, «All My Life, My Heart Has Yearned for a Thing I Cannot Name», ovvero «Per tutta la vita, il mio cuore ha bramato una cosa che non riesco a definire». Dall’inseguimento di brevi istanti di euforia, per soffrire il meno possibile, passa a cercare qualcuno con cui condividere quello che Pavese chiama destino, in un frammento celebre del suo diario. «Da uno che non è disposto a condividere con te il destino non dovresti accettare nemmeno una sigaretta». E finalmente Rue, non trova un senso, ma qualcuno con cui poter fumare e domandarlo.
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Secondo un’analisi della Fondazione Eni Enrico Mattei, la decarbonizzazione dell’auto europea stenta: le vendite elettriche sono ferme al 14%, le batterie e le infrastrutture sono arretrate. E mentre Germania e Italia spingono per una maggiore flessibilità, la Commissione europea valuta la revisione normativa.
La decarbonizzazione dell’automobile europea si trova a un bivio. Lo evidenzia un’analisi della Fondazione Eni Enrico Mattei, in un articolo dal titolo Revisione o avvitamento per la decarbonizzazione dell’automobile, che mette in luce le difficoltà del cosiddetto «pacchetto automotive» della Commissione europea e la possibile revisione anticipata del Regolamento Ue 2023/851, che prevede lo stop alle immatricolazioni di auto a combustione interna dal 2035.
Originariamente prevista per il 2026, la revisione del bando è stata anticipata dalle pressioni dell’industria, dal rallentamento del mercato delle auto elettriche e dai mutati equilibri politici in Europa. Germania e Italia, insieme ad altri Stati membri con una forte industria automobilistica, chiedono maggiore flessibilità per conciliare gli obiettivi ambientali con la realtà produttiva.
Il quadro che emerge è complesso. La domanda di veicoli elettrici cresce più lentamente del previsto, la produzione europea di batterie fatica a decollare, le infrastrutture di ricarica restano insufficienti e la concorrenza dei produttori extra-Ue, in particolare cinesi, si fa sempre più pressante. Nel frattempo, il parco auto europeo continua a invecchiare e la riduzione delle emissioni di CO₂ procede a ritmi inferiori alle aspettative.
I dati confermano il divario tra ambizioni e realtà. Nel 2024, meno del 14% delle nuove immatricolazioni nell’Ue a 27 è stata elettrica, mentre il mercato resta dominato dai motori tradizionali. L’utilizzo dell’energia elettrica nel settore dei trasporti stradali, pur in crescita, resta inferiore all’1%, rendendo molto sfidante l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050.
Secondo la Fondazione Eni Enrico Mattei, non è possibile ignorare l’andamento del mercato e le preferenze dei consumatori. Per ridurre le emissioni occorre che le nuove auto elettriche sostituiscano quelle endotermiche già in circolazione, cosa che al momento non sta avvenendo in Italia, seconda solo alla Germania per numero di veicoli.
«Ai 224 milioni di autovetture circolanti nel 2015 nell’Ue, negli ultimi nove anni se ne sono aggiunti oltre 29 milioni con motore a scoppio e poco più di 6 milioni elettriche. Valori che pongono interrogativi sulla strategia della sostituzione del parco circolante e sull’eventuale ruolo di biocarburanti e altre soluzioni», sottolinea Antonio Sileo, Programme Director del Programma Sustainable Mobility della Fondazione. «È necessario un confronto per valutare l’efficacia delle politiche europee e capire se l’Unione punti a una revisione pragmatica della strategia o a un ulteriore avvitamento normativo», conclude Sileo.
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Ecco #DimmiLaVerità del 15 novembre 2025. Con il senatore di Fdi Etel Sigismondi commentiamo l'edizione dei record di Atreju.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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