2018-10-21
Il Rottamatore fa grandi progetti. Non capisce che ora il rottamato è lui
Alla Leopolda vietato nominare il congresso Pd. Matteo Renzi parla come se non avesse già governato, fatto danni e perso le elezioni.Se non ci fosse un passato che ben conosciamo, potremmo anche credere che questa fabbrica che produce magiche idee per il Paese, possa sfornare speranze. Ma il passato l'abbiamo già vissuto, gli slogan e i sogni della Leopolda fiorentina hanno già avuto l'occasione di essere tradotti in gesti di governo che, così come sono nati, abbiamo visto svanire. Questi uomini (e donne) che circolano qui, hanno già dato.Che cosa dovrebbe farci pensare che convenga riprovarci, che possiamo fidarci delle teatrali e meravigliose promesse che Renzi sta dispensando nei tre giorni della Leopolda? Più che un ritorno al futuro - come recita il motto dell'edizione - sembra davvero un ritorno al passato (si evoca la sostenibilità ambientale, ma sul palco c'è una pompa di benzina: che sia una citazione freudiana di Bersani?). Con la Boschi che sui social scrive: «Ci siamo, si torna a casa». Però non è il tipo di ritorno definitivo che tanti italiani, compresi molti che votano Pd, si sono augurati in questi mesi. Se non fosse che Matteo è stato l'uomo più potente del Paese per almeno 4 anni, ha avuto in mano l'Italia e ancora ne sopravvivono le conseguenze, si potrebbe davvero fare come se il tempo si fosse fermato nel 2012 o nel 2013. Ma non è così. Matteo Renzi ormai non è più il nuovo. Non è più il Rottamatore venuto a ripulire la politica marcia. È già il vecchio che non si ritira, come aveva promesso un paio di volte, facendo poi finta di dimenticarsene. È diventato lui, oggi, l'usato da rottamare. Il problema è che non se ne accorge. Anzi, clamoroso: rilancia. Un nuovo partito? Se così non fosse, e per ora non lo è, questa renziana sarebbe semplicemente una corrente. Alla Leopolda invece Ivan Scalfarotto ha annunciato i comitati di azione civile, perché, frase sibillina, «abbiamo bisogno di qualcosa che sia oltre un partito». Ragionevolmente sembra difficile pensarla, questa ennesima trovata, dentro o con il Pd. Intanto è già singolare che Renzi, ex segretario padrone, presenti una contromanovra economica dopo quella proposta dal segretario legittimo Maurizio Martina, che dovrebbe essere anche il suo, di segretario. Non si è capito bene, ancora, se tutti quelli che qui si spellano le mani per Renzi, si sentano nel Pd o da qualche altra parte. Forse la seconda che ho scritto, ma nessuno lo può certificare. Quanto meno si è accorto perfino lui, Renzi, che non concepisce per sé altri ruoli diversi dall'one man show, di non essere più credibile da solo, infatti ha portato Pier Carlo Padoan, che è certo più affidabile e più preparato, anche se sul palco della Leopolda, venerdì sera aveva la stessa faccia dell'uomo quiz di Indietro tutta, quello che pensava «che sadda fà pe' campà».Certo, una riflessione mi sembra obbligata: con quale coraggio Renzi torna a riproporre un nuova forma di partito, qualunque esso sia, quando ne ha appena distrutto uno che aveva totalmente in mano e gestiva a suo piacimento? Dice Renzi: «Siamo qui con lo spirito di chi ama credere nella politica: c'è il desiderio di portare delle idee, di entusiasmarsi e di credere nella buona politica, non nell'anti politica».Sui social gira uno di quei post umoristici che si attaglia alla grottesca situazione: «Quando si dice la sfiga. Ora che il Pd ha tutte le soluzioni ai problemi, è all'opposizione». In effetti a sentir parlare Padoan, che spiega le mosse di una manovra che farà abbassare spread e tasse, sembra che non sia stato lui il ministro dell'Economia per quattro anni e fino a quattro mesi fa. Una cosa è certa: la buona politica non prevede, evidentemente, un dibattito che esca dai binari dei tavoli a tema e del coro di interventi pilotati. Ovvio che il congresso doveva rimanere fuori dalla Leopolda: perché è lo spauracchio di Renzi, perché significherebbe mettere sotto processo sé stesso e quella sua «buona politica» che e stata già chiaramente sconfitta dagli elettori. S'è fatto vedere Marco Minniti, candidato segretario in pectore, ma non ha aperto bocca. Come sempre democratico, a modo suo, Renzi aveva avvertito garbatamente: chi vuol parlare del congresso se ne stia a casa. Eh già, perché qui è vietato interrogarsi su tante inquietudini che finora l'ex segretario ha evitato come la peste. Cioè sul motivo per cui il Pd si è sgretolato e su come fare per recuperare la credibilità persa. Questo non si può dire. Perché qui si vola alto, si cercano talenti da lanciare in politica (la serata di apertura dedicata ai giovani e giovanissimi) come a X Factor, gli under 30, cioè quei ragazzi che nove anni fa, quando tutto cominciò, non ne avevano neanche 20 e ancora sono capaci di illudersi. Qui si parla di lavoro, di formule algebriche dell'economia per uscire dalla crisi, ma a nessuno è venuto in mente di invitare gli operai della Bekaert di Figline Valdarno, che rischiano il posto e quanto meno hanno le stesse ragioni degli imprenditori, che pure sono tanti alla Leopolda. O di ascoltare quelli delle aziende ridotte in crisi dal Jobs act. Renzi ha abbandonato il politicamente corretto e si è accorto che «quando si perdono le elezioni molti dirigenti politici scendono dal carro. Tanti che hanno avuto moltissimo si dimenticano del passato e sanno solo contestare: qualcuno chiamava questo atteggiamento sindrome del beneficiato rancoroso». Non gli passa neanche per l'anticamera del cervello che chi ha lasciato il Pd o è sceso dallo stesso carro renzista l'abbia fatto anche perché era stanco del suo dispotismo, dei suoi slogan, delle solite battute e dei suoi richiami a una presunta unità, purché ben allineata e coperta dietro al Capo. Che cosa porta, quindi, in dote, questa Leopolda? Al netto di quello che Renzi sosterrà oggi nel gran finale, lui ci ha raccontato che vuole restare a galla in tutti i modi. Che c'è ancora uno zoccolo duro che lo segue (alla Leopolda c'era davvero tanta gente, questa non è una fake news). Che, male che gli vada, ha un futuro come showman (sul palco, con citazione dell'acquario di Che tempo che fa, anche Paolo Bonolis, della scuderia di Lucio Presta, come Renzi). Che la concessione all'ascolto della gente comune, contorno delle recenti sconfitte elettorali, non va oltre i Comitati di azione civile, mentre Renzi continua a sottovalutare quella parte di cittadini italiani che soffre perché è senza lavoro. Che il Pd alla Leopolda non c'era proprio, neanche in spirito, e semmai aveva la testa da un'altra parte. Che la sinistra è sempre più in stato confusionale. Amen.