2020-07-29
«Il Recovery fund? È come il Mes». Gualtieri apre un altro euromistero
In audizione il ministro parla di una «seniority» sui prestiti con cui sarà sostenuto il programma. Una novità che non era chiara nei documenti e che solleva il problema delle condizioni ancora oscure previste per i Paesi.Al ministro dell'Economia Roberto Gualtieri si può rimproverare tutto, tranne la mancanza di chiarezza. Ieri in audizione davanti alle commissioni Bilancio e Finanze riunite, non ha mancato di sorprendere i parlamentari presenti.Il casus belli è stato scatenato dalla domanda del senatore Alberto Bagnai, finalizzata a sapere se fossero vere le voci riportare dal Sole 24 Ore circa tensioni di cassa a settembre, nel caso di mancato ricorso al Mes. Inoltre il senatore chiedeva anche di conoscere se fosse stata esplorata dal Mef l'eventualità di emettere debito con privilegio nel pagamento del creditore, ottenendo così condizioni migliori rispetto ai Btp che sono «pari passu», i cui detentori concorrono cioè alla pari con gli altri creditori dello Stato nel soddisfacimento del loro credito.Riguardo al primo punto, il ministro ha testualmente affermato che «il tema non esiste», con ciò derubricando a retroscena senza alcun fondamento il titolo di prima pagina del principale quotidiano economico-finanziario italiano. Non a caso, i mercati non avevano fatto una piega.Sul secondo tema, Gualtieri ha affermato, in scioltezza, che un eventuale privilegio non consentirebbe tassi più bassi rispetto a quelli già attualmente praticati da creditori privilegiati come Mes, Recovery fund e fondo Sure. Quando l'onorevole Claudio Borghi ha subito rimarcato l'importanza e la novità di questa affermazione, il ministro ha ribadito che si tratta di «normalità». E, in effetti, non ha tutti i torti. I prestiti di soggetti sovranazionali, come ad esempio il Fondo monetario internazionale, sono generalmente dotati di privilegio rispetto agli altri creditori. Ciò che sorprende, e rende clamorosa l'ammissione di Gualtieri, è che nelle 67 pagine fitte di condizioni e tabelle che costituiscono l'accordo politico raggiunto il 21 luglio dal Consiglio europeo, non c'è una sola parola a questo riguardo. A Bruxelles avevano forse paura di rivelare all'opinione pubblica che quei prestiti erano equivalenti, se non peggio, a quelli erogati dall'impopolare Meccanismo europeo di stabilità?Gioverà ricordare che, in base a quell'accordo politico, l'Italia potrebbe accedere - solo dopo aver esaurito il tetto massimo di sussidi, provvisoriamente stimato intorno a 75 miliardi - ai prestiti per finanziare riforme e investimenti ammessi dal Next gen Eu, per un ammontare massimo del 6,8% del Reddito nazionale lordo (circa 127 miliardi).Quello che l'accordo politico non dice, e non poteva dire non essendo un atto avente forza di legge (che solo il Consiglio Ue può adottare), sarà decisivo per comprendere l'effettiva convenienza per il nostro Paese del Recovery fund. Da settembre a dicembre saranno almeno una decina i regolamenti da adottare con tutti i dettagli. Ed è proprio leggendo le bozze dei regolamenti preparati dopo la proposta della Commissione del 27 maggio che abbiamo trovato spiegato il tema della consequenzialità dei prestiti rispetto ai sussidi. C'è ancora un'altra incognita che pende su tutto il complesso meccanismo di obbligazioni emesse dalla Ue e dei conseguenti prestiti e sussidi agli Stati. A questo proposito Domenico Lombardi, già in Banca d'Italia e al Fmi stesso, ha dichiarato al nostro giornale che «è difficile ipotizzare un effetto di spiazzamento dei titoli europei che serviranno a finanziare il Recovery fund a danno dei titoli italiani. I primi avranno presumibilmente rating altissimo, per cui non sono in concorrenza diretta con i titoli governativi italiani che godono, invece, di un rating assai basso sia pure sempre nella classe alta del mercato (investment grade). Nell'attuale congiuntura di mercato sostenuta in modo determinante dagli acquisti della Bce, poi, il rendimento offerto dai titoli italiani rispetto ad altri emittenti sovrani con rating più elevato ma rendimento corrispondentemente più basso risulta molto appetibile per gli investitori, determinando nel complesso un mix di condizioni favorevoli al loro collocamento».Quindi non si attendono perturbazioni sui titoli di Stato, considerata la presenza dominante della Bce. Ma sempre Lombardi, a proposito del tema di un eventuale privilegio dei prestiti dell'Ue, afferma che «sulle garanzie di rimborso, credo che nei vari regolamenti attuativi avremo modo di valutare meglio questo aspetto. In ogni caso, trattandosi di interventi a lungo termine, è più difficile per uno Stato membro non adempiere ai propri obblighi di rimborso, pena il blocco dei fondi o anche delle allocazioni che comunque promaneranno dagli interventi ordinari dell'Ue».Con ciò aprendo un fronte vastissimo su tutti i complessi strumenti di cui l'Ue sicuramente si munirà per minimizzare il rischio che qualche Stato non contribuisca al bilancio nei termini necessari per rimborsare i bond o, peggio, non restituisca puntualmente le rate dei prestiti. A questo fine, si deve ricordare che è il Consiglio adotterà una «decisione sulle risorse proprie» che costituirà la garanzia per i mercati. Le entrate dell'Ue, oltre a essere state stabilmente elevate all'1,4% del Reddito nazionale lordo (circa 190 miliardi), sono state ulteriormente aumentare di un altro 0,6% (circa 81 miliardi) proprio per garantire, in ogni caso e anche nel peggiore scenario, il rimborso ai detentori di obbligazioni. E questi miliardi saranno tutte tasse e contributi per i cittadini italiani ed europei, senza che sia nota la loro ripartizione.
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