2020-01-29
Il rebus alleanze è già un macello. Pronto un ministero per De Luca
Archiviata l'Emilia Romagna, i presunti vincitori si scannano per le regionali. In Campania lo «sceriffo» è indigeribile per i renziani e il Movimento. E potrebbe essere promosso al governo. Caos pure in Puglia.La battaglia persa da Matteo Salvini in Emilia Romagna non mette fine alla «guerra delle regionali». Al contrario, la fa divampare da un capo all'altro dell'Italia. Il leader della Lega ha già programmato le prossime tappe, la sua macchina elettorale è ancora a massima potenza, protesa verso l'obiettivo della grande traversata dall'opposizione al governo, come se nulla fosse accaduto. Ieri, nei corridoi del Palatino, ospite del programma di Nicola Porro, Salvini ripeteva sicuro: «Avrei dato qualsiasi cosa per vincere in Emilia, ma vorrei che fosse chiaro che proiettando questi numeri a livello nazionale, noi avremmo vinto le politiche a mani basse!». Così, l'unica cosa certa è che la guerra continua. Il calendario attende fitto, complesso, distribuito da un capo all'altro del territorio, ed è stato disegnato dal caso (e dalle scadenze di legislatura) come se si trattasse di una corsa a ostacoli pianificata nei minimi dettagli: tra maggio e giugno si voterà per il rinnovo del Consiglio regionale in Campania (candidati possibili ma - come vedremo - non ancora certi Stefano Caldoro e Vincenzo De Luca). E poi in Liguria (dove ci sarà di certo Giovanni Toti, mentre c'è grande confusione per il centrosinistra), poi nelle Marche (dove Giorgia Meloni sta spingendo il «suo» Francesco Acquaroli alla guida di tutta la coalizione e il centrosinistra ha l'uscente Luca Ceriscioli, ex sindaco di Pesaro), in Puglia (dove ritorna Raffaele Fitto, destinato a scontrarsi con Michele Emiliano), in Toscana (dove per il centrosinistra sembra fatta per Eugenio Giani, mentre Salvini vorrebbe Susanna Ceccardi). Ma non basta: perché nel 2020 voteranno anche i cittadini di Napoli, Roma e Terni (per le elezioni suppletive di Camera e Senato). Sempre quest'anno - per di più - si voterà anche per eleggere i sindaci di molte città rappresentative come Aosta, Arezzo, Reggio Calabria, Trento e Venezia. In questo caso la data possibile dovrebbe cadere tra il 15 aprile e il 15 maggio. Un folle sudoku della politica fatto di veti incrociati, do ut des tra partiti, contrattazioni strenue fini all'ultima poltrona. Lungo questa via Crucis già si profila un nuovo scontro campale in quella che negli anni è diventata la «Florida d'Italia». Ricordate la Florida? Divenne lo Stato decisivo nella sfida all'ultimo voto tra Repubblicani e Democratici ai tempi di George Bush. La Campania ha una storia altrettanto determinante: quando il Paese va a destra la regione va a destra, quando va a sinistra viceversa, un vero e proprio «swing State». E qui c'è il pasticcio più grosso, una possibile pietra d'inciampo per la coalizione di governo, perché in un momento in cui Nicola Zingaretti dice di voler preservare la maggioranza (per non demolire quel che resta del M5s), proprio il Pd si ritrova in pole position il governatore uscente - De Luca - che per fatalità è anche l'uomo più inviso all'intera la galassia grillina. Tutti ricordano le pantomime contro il «webmaster Giggino» nei monologhi a Lira tv, battute che ora pesano come macigni per Luigi Di Maio. Ma De Luca è stato anche un amministratore quadrato, abile, determinato: rimuoverlo per favorire l'alleato sarebbe per certi versi una vera e propria automutilazione. Ha azzerato il deficit sanitario della regione, la sua centrale d'acquisti paga le fatture a 28 giorni (più rapidamente della Lombardia). Però è anche lo storico nemico di Luigi De Magistris, sindaco (senza partito nazionale) che Zingaretti vorrebbe recuperare al suo nuovo Pd. Come uscirne? A complicare il quadro c'è anche il veto di Matteo Renzi che ha detto «cambiamo uomo» (una vendetta per le parole dure dette su di lui da De Luca, ex renziano, dopo la sconfitta delle politiche). E sempre Renzi ha annunciato solennemente: «Italia viva si batterà contro Emiliano, per costruire una alternativa». In Campania persino Carlo Calenda alza le mani rivelando che ha dei problemi sul governatore uscente: «Per i miei De Luca è assai difficile da digerire». Insomma, nella regione più importante il centrosinistra deve trovare la quadratura del cerchio tra opzioni inconciliabili e non è per nulla facile: qualcuno si farà sicuramente male. L'unica soluzione sarebbe quella di offrire un ministero a De Luca con il più classico promoveatur. Ma De Luca è un osso durissimo, e se non scegliesse di non accettare e restasse in campo sarebbe impossibile vincere senza di lui (o contro di lui). Anche sull'ipotesi di un ingresso del governatore in Consiglio dei ministri Calenda suggerisce qualche dubbio: «Ve li immaginate lui e Di Maio seduti uno a fianco all'altro al tavolone fondo di Palazzo Chigi? Che si direbbero?». Vero. Tuttavia persino nel centrodestra non sono rose e fiori. Giorgia Meloni, sempre più forte nella coalizione (ha trionfato in Calabria è toccato un record in Emilia) rivendica Marche e Puglia senza se e senza ma. Il suo fedelissimo, Giovanni Donzelli, si spinge anche oltre: «Non siamo al mercato: per noi in Puglia il candidato è Raffaele Fitto, punto». Salvini in Toscana come detto vuole la Ceccardi, ma gli azzurri storcono il naso («Mi pare brava ma troppo estrema, serve un profilo più moderato, altrimenti ripetiamo l'Emilia», spiega Giorgio Mulé, uno dei pochi che ad Arcore è di casa). Ma Salvini ricambia sollevando dubbi sui «cavalli di ritorno», cioè su Caldoro e - con meno forza - Fitto. Si fa forza di aver avuto ragione in Calabria dove ha imposto a Forza Italia il volto «più fresco» di Jole Santelli. E la coalizione ha vinto meglio del previsto. Grande è il disordine sotto il cielo, dunque: si vota con tre sistemi elettorali diversi, con coalizioni a geometria variabile, si può stare dentro o fuori per un nonnulla o per un banalissimo effetto domino. La guerra continua. E quando la battaglia sarà finita si conteranno molti cadaveri, da una parte e dall'altra.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)