2020-03-29
Il professor Galli Della Loggia ha le traveggole. Pensava fosse un leader, invece è solo Conte
Ernesto Galli della Loggia (Ansa)
Secondo Ernesto Galli della Loggia, che lo ha scritto ieri in prima pagina sul Corriere della Sera, l'epidemia di coronavirus ha avuto come effetto collaterale la crescita politica di Giuseppe Conte. Da uomo irresoluto a tutto, in poche settimane il presidente del Consiglio si sarebbe trasformato, secondo l'editorialista di via Solferino, in uomo del fare. «Ricordiamo tutti la penosa condizione d'incertezza, con conseguente condizione d'immobilismo, in cui ancora a metà febbraio era immerso il governo», ha scritto il professore prestato al giornalismo, spiegando che la pandemia ha spazzato via tutto, costringendo le forze politiche ad abbandonare le polemiche per adottare misure concrete.«D'improvviso, per decidere che cosa fare non c'è stato più bisogno di trattative, di vertici, di bracci di ferro, di tweet e contro tweet». Di conseguenza anche il ruolo di Giuseppe Conte si è trasformato. Secondo Polli Dal Balcone, così in redazione chiamano il docente-giornalista, «la figura del presidente del Consiglio si è tramutata da quella precedente e non proprio esaltante di temporeggiatore-equilibrista, super specialista della mediazione, in quella di capo di un esercito schierato contro un nemico mortale». Per il commentatore del Corriere la metamorfosi non potrà che avere sbocchi importanti, perché quando finirà l'emergenza, Conte avrà accumulato un capitale politico che potrà impiegare in vario modo, magari mettendosi alla guida di un suo partito, oppure cogliendo l'opportunità di diventare il padre nobile del Movimento 5 stelle, oppure dello stesso Pd. Insomma, dopo l'ora più buia, secondo l'esperto di cose politiche, ci potrebbe essere un futuro radioso per il presidente del Consiglio. Galli Della Loggia non lo dice, ma si capisce che sotto sotto immagina per Giuseppe Conte un'ascesa al Colle più alto di Roma, ovvero una canonizzazione da capo dello Stato, al posto di Sergio Mattarella quando questi fra tre anni lascerà il Quirinale.Ovviamente ognuno è libero di fare le congetture che desidera e, se trova un editore disposto a stampargliele, perfino di pubblicarle in prima pagina su quello che è il quotidiano più diffuso in Italia. Tuttavia, l'analisi del professore parte da un dato sbagliato e dunque non può che finire a conclusioni errate. Già, perché Polli Dal Balcone è convinto che in 15 giorni l'equilibrista di Palazzo Chigi si sia trasformato in un decisionista, ovvero - per dirla con le parole del professore - nel capo schierato contro un nemico mortale. Ora, che Conte sia capo è, purtroppo per noi, una realtà, perché così ha voluto una maggioranza parlamentare raccogliticcia, indecisa a tutto se non a evitare le elezioni. Il problema però è se il premier sia alla testa di un esercito schierato contro un nemico mortale o non piuttosto di un esercito che non è schierato, ma avanza sbandando, procedendo in modo incerto e contraddittorio con il risultato che, in qualche caso, perfino indietreggia. Se si riavvolge il nastro del film degli ultimi due mesi si capisce che Giuseppe I il temporeggiatore non ha lasciato il posto a Giuseppe II il risoluto, come vorrebbe farci credere Galli Della Loggia. Giuseppe è sempre lo stesso, ossia il Conte che alle dichiarazioni roboanti non fa seguire i fatti, ma cerca ogni volta una mediazione e una copertura politica. Non starò a ricordare quando il presidente del Consiglio disse in tv che il governo era prontissimo ad affrontare l'emergenza: quell'intervista ormai è scolpita nella storia e nella memoria dei parenti delle migliaia di vittime provocate dal coronavirus e dall'impreparazione dell'esecutivo. Certo, gli italiani dimenticano in fretta, ma si fa fatica a immaginare che, passata l'epidemia, possano scambiare Conte per un capo determinato e carismatico dopo una simile prova. Per di più sarà quasi impossibile scordarsi che, mentre a Bergamo e Brescia il virus dilagava, a Palazzo Chigi si prendeva tempo per non dichiarare le due province lombarde zona rossa. Ci sono volute liti e anche plateali dichiarazioni dei governatori, prima che Conte disponesse le misure più gravi. Del resto, l'esitazione del premier nelle settimane del contagio la si può misurare con il numero di decreti emessi dalla presidenza del Consiglio. A misure appena varate ci si è resi conto che non erano sufficienti e dunque il decisionista a capo dell'esercito contro il coronavirus ha dovuto farne altre, modificando ciò che aveva appena annunciato. Basti pensare a quanto tempo è servito per fermare le attività produttive, ma anche quante volte si è cambiata la certificazione che è costretto a esibire chi esce di casa. A differenza di quanto ha scritto l'editorialista del Corriere, queste settimane non hanno cambiato il passo dell'avvocato di Volturara Appula. Anzi, se per caso fosse servita un'ulteriore dimostrazione, questo periodo ha evidenziato che cosa accade quando l'incertezza è al potere. La prova peggiore però Conte la sta dando con l'economia. Se in due mesi il presidente del Consiglio non è riuscito nemmeno a reperire le mascherine e i guanti per il personale sanitario (la Consip, ossia la centrale acquisti della pubblica amministrazione, dipende dal governo e non dagli enti locali), sul fronte delle misure per proteggere le aziende e il lavoro il premier è andato a tentoni, annaspando in mondo imbarazzante. Tutti ricorderanno quando, dopo aver disposto il blocco delle attività, annunciò che nessuno avrebbe perso il posto. Alle promesse però non sono seguiti i fatti, perché al di là delle dichiarazioni nulla è stato fatto. Prova ne sia che il ministro del Sud, Giuseppe Provenzano, ieri ha addirittura lanciato un allarme, sostenendo in un'intervista che nel caso non fossero varate nuove misure di sostegno economico potrebbe esserci un rischio per la tenuta democratica del Paese. Il ragionamento è chiaro. Finora la gente è rimasta a casa, spaventata dall'epidemia. Ma quando avrà finito i soldi, quando non saprà come pagare le rate e come fare la spesa, che cosa succederà? Conte, fino all'altro ieri, insisteva nel chiedere l'aiuto del Mes, ben sapendo che l'intervento del Fondo salva Stati avrebbe significato cedere alla Troika e imporre al Paese provvedimenti lacrime e sangue. Poi, all'improvviso, ha cambiato opinione, dicendo che l'Italia farà da sola. La realtà è che più passano i giorni e più la situazione appare difficile, perché molte imprese rischiano di sparire e già nelle prossime settimane centinaia di migliaia di lavoratori potrebbero trovarsi senza stipendio. Sì, il Paese rischia, sia dal punto di vista economico che da quello sociale, e al momento il capo dell'esercito mostra di avere in testa poche idee e per di più confuse. Sarà anche vero, come dice Polli Dal Balcone, che Conte in questi giorni ha accumulato un capitale. Ma la mia sensazione è che di questi tempi nessun capitale sia garantito. Soprattutto quelli politici.
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