2020-05-01
Il premier ricompare in Parlamento e scopre che tira aria di benservito
Attorno a lui c'è lo scetticismo più totale, perfino fra gli alleati. Il Pd fa presente che i decreti hanno stufato mentre Matteo Renzi ci va pesante e avverte: «Non abbiamo negato i pieni poteri a Salvini per darli a qualcun altro». Il governo deve avere un conto aperto con le mascherine. Domenico Arcuri ha impiegato due mesi a procurarle, Francesco Boccia se le appendeva a un orecchio e Giuseppe Conte non la mette proprio. Neppure quella preppy chic, con gli uccellini azzurri, ultimo grido di palazzo Chigi. Obbligatorie per i cittadini, diventano facoltative per chi le impone, e questo è il primo segnale di normalità che arriva da un Parlamento finalmente riaperto per il rito della democrazia all'italiana, fra risse, bugie, voltafaccia e minacce trasversali. Tutto normale, il virus non li renderà migliori.Tutto normale soprattutto per il Conte smascherato, che in pochi minuti al Senato riesce a far comprendere il motivo per il quale ha girato al largo dall'aula per due mesi: il terrore di essere impallinato. In un clima surreale, fra distanziamenti, numeri contingentati e polemiche, il premier vive una giornata sotto assedio ma fa finta di non accorgersene. Incassa il sarcastico complimento di Anna Maria Bernini (Forza Italia): «Lei ha un fantastico taglio di capelli che tutti le invidiamo». Ripete a memoria la poesia del «rivendico tutto». Snocciola i soliti numeri in miliardi (15, 20, 40, come l'imbonitore alle fiere di paese) in attesa che aziende, partite Iva e commercianti vedano un euro. Sollecita fumosi provvedimenti futuri con «bisogna accelerare» dopo che il decreto denominato Aprile sarà varato in maggio. E si concentra su due temi: la riapertura degli asili nido («Valutiamo») e l'individuazione del nemico di turno, che questa volta è la presidente della Regione Calabria, Iole Santelli: «Le iniziative locali meno restrittive sono illegittime». Attorno a lui c'è lo scetticismo più cupo, perfino gli alleati del Pd faticano a tenere la posizione. Forti di una sottolineatura del capo dello Stato, Sergio Mattarella, via Corriere della Sera («Non co-governa e non vuole passare per la balia di Conte»), i dem stanno in silenzio dietro una tenda come i congiurati di Giulio Cesare. Il ricorso frenetico ai decreti del premier sta sfinendo pure loro, lo conferma Andrea Orlando nell'intervento in aula: «Nella Fase 2 questo strumento deve essere usato il meno possibile». Siamo alle scaramucce, il Parlamento si scalda quando parla l'opposizione. E la desuetudine al confronto crea irritazione cutanea negli esponenti del governo davanti alle contestazioni di Matteo Salvini e Claudio Borghi («Conte è un uomo diversamente sincero»). È imbarazzante vedere un esecutivo impegnato a imbavagliare e a ridicolizzare chi, per ruolo istituzionale, ha il compito di difendere il bilanciamento democratico. I grillini strepitano, i piddini contestano il gesto leghista di non uscire da Montecitorio per protesta neppure di notte. Alla fine a Palazzo Madama si arriva agli spintoni (distanziamento sociale, questo sconosciuto), il senatore Wlliam De Vecchis (Lega) spinge il dem Franco Mirabelli che cade. E Valeria Fedeli grida: «Ti denuncio!». L'attacco di Salvini a Conte è frontale: «Ho l'impressione che qualcuno stia trattando gli italiani come un popolo di bambini dell'asilo. Se siete riusciti a far indispettire in una settimana vescovi, imprenditori, baristi, parrucchieri, ristoratori, genitori, o sono tutti leghisti o sono tutti realisti. Evidentemente state sbagliando qualcosa. Gli italiani stanno andando avanti con i loro risparmi e con le loro forze; dal governo solo un caotico susseguirsi di misure incerte e contraddittorie. Leggo da un suo tweet del 6 aprile: «400 miliardi subito di liquidità alle imprese, oltre ai 350 miliardi già deliberati parliamo di 750 miliardi. Lo Stato c'è, l'Italia corre». Ecco, temo che a correre sia stata solo la sua fantasia».Il capo dell'opposizione affonda il colpo che più infastidisce: «Senza la Lega e il centrodestra, incredibilmente la maggioranza non avrebbe avuto i numeri sufficienti per lo scostamento di bilancio, cioè per liberare 55 miliardi per gli italiani. Prima gli italiani, per noi non è uno slogan ma una ragione di vita». Poi aggiunge sibillino: «Un bambino nato in Italia merita almeno gli stessi 25 euro al giorno degli immigrati». E conferma l'occupazione simbolica del Parlamento «fino a quando il premier non darà risposte concrete. La prossima volta venga a dire abbiamo fatto, non faremo».Poi tocca a Matteo Renzi, che come da tradizione gioca due parti in commedia. Parla da duro e lucido oppositore stando dentro il governo, anzi avendo la pretesa di condizionarne la vita dal basso del suo 3% scarso. Il leader di Italia Viva manda un ultimo appello. «Non possiamo delegare tutto alla comunità scientifica, non possiamo chiedere a un virologo come combattere la disoccupazione. Non abbiamo negato i pieni poteri a Salvini per darli a un altro. Lei è a un bivio: se nella Fase 2 sceglierà il populismo non avrà Italia viva al suo fianco». Poi, citando le vittime di Bergamo e Brescia (luoghi dove il lavoro non è solo stipendio, ma tabernacolo laico della dignità umana) azzarda: «Se potessero parlare, quei morti ci direbbero di ripartire».Conte se ne va avvolto dai suoi slogan e da una convinzione da Nerone senza cetra: «Grazie a me l'immagine dell'Italia all'estero è ritenuta migliore». A Renzi risponde con un sussurro: «Non c'è nessun ultimatum, la maggioranza esiste». Poi si allontana, persuaso dalla bagarre a tornare qui il più tardi possibile. Ora ha la mascherina sul volto, somiglia a un bavaglio.