2020-12-11
Il premier cambia ancora linea: via libera per Natale e Capodanno?
Giuseppe Conte rimane isolato e abbandona il pugno duro: in arrivo il provvedimento che permetterà l'uscita dal proprio Comune il 25 e 26 dicembre e il 1° gennaio. Ora le morti tanto sbandierate sono solo statistica.Siamo al contrordine compagni. Il caos funzionale dentro il governo si nota leggendo i siti dell'informazione mainstream nel giorno degli 887 morti; le vittime che fino a ieri erano l'indicatore sovrano del chiusurismo isterico oggi non contano più, sono statistica. Le interviste allarmistiche sono scomparse, le fotografie degli infermieri spossati e dei malati nei corridoi finiscono nelle gallery delle rievocazioni storiche (quelle che non legge nessuno). I segnali ci sono tutti: è in atto la manovra contiana di rimodellare il Natale. Si parla di possibilità di trasferirsi da Comune a Comune all'interno della stessa Regione, di normalizzare gli incontri famigliari e di azzerare i controlli della forza pubblica. L'ultimo dpcm è il più sgangherato di tutti e il coprifuoco nei giorni chiave (Natale, Santo Stefano, Capodanno) rischiava di dare la mazzata finale alla maggioranza più invisa agli italiani. L'opposizione martella da una settimana, finalmente ci è arrivato anche il governo. Il capogruppo al Senato del Pd, Andrea Marcucci: «Bisogna rivedere la norma in quei giorni, è troppo restrittiva». Matteo Renzi: «C'è discrepanza fra grandi città e piccoli comuni». Luigi Di Maio: «La regola è poco credibile, crea percezioni sbagliate delle misure giuste e corrette, bisogna metterci mano». Sono le critiche che Matteo Salvini, Giorgia Meloni, molti governatori e alcuni sindaci muovevano da giorni.Così Palazzo Chigi ha deciso di invertire la rotta. Ecco il nuovo tam tam dei giornali, il metodo Rocco Casalino che torna di moda: mezza notizia, poi una retromarcia, vediamo l'effetto che fa. I media vengono usati come crash test, si valutano le reazioni, al massimo si può sempre smentire. Lo scenario comincia a cambiare. «Covid, pressing dei sindaci: Conte potrebbe riaprire l'Italia» (La Stampa). «Si a spostamenti fra Comuni a Natale e Capodanno: Conte pronto a cambiare la norma» (La Repubblica). «Si agli spostamenti, in arrivo il provvedimento» (Corriere della Sera). Improvvisamente il panettone eccita le redazioni, il timballo della zia torna ad avere un senso. I biechi negazionisti lasciano il posto a oculati aperturisti. E paludate firme che fino all'altroieri ci avevano terrorizzati con il mood millenarista «se non stai in casa morirai», oggi affilano le consonanti per celebrare il ritorno a Cold Mountain e il Santo Stefano con i bimbi sull'aia. Nei giorni definiti «più pericolosi» dai virologi da talk show l'Italia riaprirà. Se non fosse possibile modificare il decreto, nessun problema: sarà il Natale delle Faq (frequently asked questions), le domande frequenti. Le risposte governative ai casi specifici diventeranno «legge del marciapiede» che avrà più valore di quella pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Dentro le Faq ci saranno le nuove regole. Siamo alla barzelletta, indice di credibilità: zero. Una settimana dopo il dcpm, chi lo ha fortemente voluto perché «davanti a 800 morti non si può parlare di Natale» adesso davanti ad 890 lo smonta serenamente. Sarà imperdibile la smorfia del ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, costretta a rimangiarsi i suoi «70.000 agenti sguinzagliati per controllare gli eccessi degli italiani nella stretta sulle festività». E i droni, i controlli a tappeto, dove sono finiti?Intendiamoci, niente in contrario nel merito; abbiamo sempre ritenuto l'Italia imprigionata un'assurdità da regimetto, la suprema dimostrazione di debolezza di un esecutivo incapace di assumersi le proprie responsabilità politiche delegando ogni decisione al fanatismo sanitario. Però il metodo è isterico. Per capirlo basta fare esercizio di memoria storica. A novembre il premier inventò il Paese a colori e rinchiuse gli italiani «perché dobbiamo salvare il Natale». Era arrivata la seconda ondata; si era abbattuta dalle Alpi a Lampedusa prendendo la rincorsa mentre Giuseppe Conte faceva il Re Sole agli Stati Generali, mentre Domenico Arcuri detto gerundio («Stiamo provvedendo») si dimenticava di comporre i bandi per le terapie intensive, mentre trasporti e scuole diventavano taxi per il virus cinese. Una volta sprangato il Paese senza chiamare lockdown l'operazione, il premier ha cominciato a far finta di allentare la presa. Le Regioni che passavano dal rosso all'arancione esultavano, ma in pratica la prigionia aveva gli stessi contorni. Non solo il Natale non era salvo, ma gli epidemiologi di complemento come Massimo Galli, Roberta Capua, Roberto Burioni, Massimo Crisanti chiedevano la tolleranza zero, sostenuti dal partito della serrata permanente stile Lubianka capitanato da Dario Franceschini e dal ministro Roberto Speranza. Sulla base di quel terrore, Conte ha prodotto un decreto annunciato a reti unificate nel quale, mentre regalava il giallo a tutte le Regioni, imprigionava Babbo Natale. Le contraddizioni sono il suo forte. Ci stavamo abituando all'idea di una festa autarchica per il bene comune quand'ecco che si riapre. Per ora lo dicono i giornali, presto lo confermerà lui. L'unico a rimanere spiazzato è Papa Francesco, che ha già ufficializzato la messa di mezzanotte alle 19.30. È risaputo che fra i leader della sinistra è il meno riformista.