2020-01-03
Il prefetto di Cosenza finisce in arresto per una bustarella da 700 euro
Il tentativo di concussione denunciato da un'imprenditrice del business dei migranti a cui aveva chiesto una fattura falsa.«Cinzia, tu hai sostenuto dei costi... io ho un fondo di rappresentanza in cui residuano 1.200 euro... ho pensato che se tu mi fai una fattura da 1.200 euro, 500 te li tieni tu e la differenza la giri a me». Sono le parole che Cinzia Falcone, presidente dell'associazione nazionale interculturale mediterranea e gestore di un centro d'accoglienza straordinaria per migranti a Camigliatello Silano, paese nel cuore della Sila, ha dichiarato di essersi sentita rivolgere dal prefetto di Cosenza Paola Galeone. L'accusa, che ha portato al clamoroso arresto (ai domiciliari) della rappresentante del governo sul territorio, è di «induzione indebita». E ancora una volta in Calabria negli intrighi giudiziari che coinvolgono politici e pubblici ufficiali c'è di mezzo l'accoglienza dei migranti. Il prefetto era in servizio a Cosenza da un anno e mezzo, trasferito lì in tutta fretta da Benevento, dove in Prefettura c'erano stati guai seri per l'accoglienza, con il funzionario delegato ai controlli finito tra gli arrestati (lo beccarono a telefono mentre diceva a un'amica: «Tuo figlio vuole guadagnare 10.000 euro al mese? È semplice: dieci migranti, 10.000 euro al mese lordi, 30-35 per cento utili, tu me lo mandi, io gli spiego come si fa e gli faccio aprire un centro di accoglienza a Benevento») e il suo braccio destro, un vice prefetto vicario, indagato e poi prosciolto. In quel caso il prefetto si difese sostenendo che ai primi sentori di comportamenti sospetti aveva allontanato il funzionario dal suo incarico. Ma l'uomo si era occupato dell'emergenza sbarchi per ben due anni. E il prefetto si attirò qualche polemica sui «sensori» poco sensibili. A Cosenza nulla lasciava immaginare che stesse per scoppiare una bomba. L'innesco è stato acceso il 23 dicembre, quando, dopo un incontro in prefettura, Galeone avrebbe indicato alla sua interlocutrice le modalità dell'emissione della fattura fittizia, oggetto dell'inchiesta del procuratore cosentino Mario Spagnuolo. Quello stesso giorno Falcone va in Questura e vomita ai poliziotti un dettagliato verbale zeppo di fatti e circostanze. Gli investigatori preparano un piano d'indagine e, qualche giorno dopo, beccano con la mazzetta in borsa il prefetto all'uscita di un bar della città dei Bruzi. La richiesta era da 700 euro. Ma Galeone, prima di salutare Falcone, le restituisce due banconote da 50, dicendole «comprati i biscotti». Falcone cerca di rifiutare, si agita. E il prefetto le dice: «Stai calma, respira». Il tutto è finito impresso su un file video registrato dalla polizia.Il patto corruttivo che il prefetto avrebbe suggerito all'imprenditrice, stando alla ricostruzione del gip Letizia Benigno, sarebbe consistito nell'emissione di una fattura fittizia per non far ritornare al ministero dell'Interno una parte del fondo di rappresentanza destinato alla Prefettura cosentina che, durante l'anno appena trascorso, non era stata utilizzata. I soldi rimasti erano 1.200 euro e con quella fattura il conto sarebbe stato azzerato. La somma, nella proposta del prefetto, sarebbe stata suddivisa tra l'ufficiale del governo e l'imprenditrice. La fattura era giustificabile, perché l'imprenditrice aveva organizzato con la sua associazione in partenariato con la prefettura un'iniziativa sulla violenza di genere. Ma nelle carte dell'indagine emerge un dettaglio che riporta alla questione dell'accoglienza ai migranti. Al termine dell'incontro per programmare l'incasso della somma, Galeone avrebbe palesato all'imprenditrice «l'esistenza di problematiche connesse a documenti che la Falcone aveva presentato per partecipare a una gara». E il gip annota che il «riferimento», presumibilmente, è «alla gara per l'affidamento dei servizi di gestione dei centri collettivi di accoglienza con capacità ricettiva massima da 51 a 300 posti, pubblicato il 13 maggio 2019». Galeone avrebbe alluso «all'inutilità di ricorsi e lungaggini, cui la Falcone poteva andare incontro». Un aspetto sul quale Falcone non ha indugiato in questura. Il gip riporta il racconto della denunciante: «Gara a parte, ella vantava dalla prefettura di Cosenza crediti per fatture emesse, con riferimento al Cas di Camigliatello, per circa 300.000 euro, ragione per la quale, temendo quantomeno atteggiamenti ostruzionistici da parte del prefetto nel futuro, aveva pensato di essere alle strette e di non poter nulla opporre, esplicitamente, alla richiesta del pubblico ufficiale». In passato il centro di Camigliatello, anche a seguito di servizi giornalistici di denuncia, aveva avuto qualche problema (sulla stampa locale viene riportata la notizia di una chiusura temporanea). Stando alla testimonianza di un funzionario prefettizio, poi, è emersa la carenza di requisiti statutari dell'associazione guidata da Falcone, rispetto alla gara per la gestione dei centri d'accoglienza. Falcone, insomma, era stata esclusa anche se il provvedimento non le era stato ancora formalmente notificato. Nel frattempo il prefetto, beccato dalla polizia con la mazzetta nella borsa, probabilmente temendo una misura cautelare, il giorno della vigilia si è messo in aspettativa ed è tornato a Taranto, la sua città d'origine. Lì gli è stata notificata l'ordinanza che lo priva della libertà, disponendo gli arresti domiciliari. Cristian Invernizzi, commissario della Lega in Calabria, ora pungola il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese: «Le accuse sono gravissime, si intervenga subito». La sostituzione di Galeone è prevista già per la prossima settimana.