2022-10-01
Il Pnrr deve essere riscritto. Troppa fuffa ecologista e poco per energia e imprese
Con la crisi in corso, non possiamo permetterci di destinare 300 milioni alle piste ciclabili e 135 ai borghi interconnessi. Aziende e sovranità energetica sono la priorità.Per mesi una fetta della maggioranza di governo, quella guidata dal Pd, ci ha raccontato che il Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza, è intoccabile. Il racconto, falso perché le norme Ue prevedono interventi in caso di eventi impattanti sull’economica, è stato smentito dalla stessa Bruxelles e perfino da Mario Draghi. Nell’ultima conferenza stampa, in cui ha illustrato i pilastri del decreto Aiuti ter, il premier uscente ha fatto capire che il Pnrr non è una reliquia. Si può modificare non nella forma ma, nel caso in cui convenga, nella sostanza. Con l’inflazione che punta al 10%, la crisi energetica fuori controllo e l’economia reale che si sta avvitando su sé stessa è proprio il caso di prendere concretamente in considerazione importanti modifiche. Innanzitutto, c’è il tema del costo delle materie prime. Alla fine dell’anno i miliardi spesi per il Pnrr saranno 15 e non i 27,6 previsti dalla tabella originaria. Sono oltre 12 miliardi in meno rispetto al valore indicato nel 2020. Si sale a oltre 15 se si considera la previsione certificata dal governo lo scorso aprile. Il dato, come spiega il Sole 24 Ore, emerge dalla Nadef partorita dall’ultimo Consiglio dei ministri. Il ritardo nei progetti si spiega in modo molto semplice. Il prezzo del gas rispetto a due anni fa è salito del 1.400% circa. Il bitume è quasi raddoppiato. Il prezzo del Pvc è salito del 158% e il rame del 72. A ciò sia aggiungono anche altri problemi di adattamento della pubblica amministrazione alle procedure dedicate al Pnrr. Il risultato è che siamo già in ritardo e se non si cambia la situazione peggiorerà. Una eventualità che l’Italia non può assolutamente permettersi. Per almeno due motivi. Il primo riguarda le imprese. Lo scorso inverno il ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, ebbe a rassicurare gli italiani: «Il Pnrr non è a rischio», aggiungendo a bassa voce: «Se l’inflazione rimane al 2%». Sappiamo come è andata, e quindi mantenere gli stessi parametri significa ritardare i lavori o, ancor peggio, obbligare le aziende a partecipare ai contratti in perdita. Sarebbe veramente un paradosso: il Pnrr servirebbe a rilanciare il Pil e finirebbe con il deprimerlo. C’è inoltre un secondo motivo che dovrebbe spingere il prossimo governo a rivedere i conti. Gli oltre 190 miliardi di euro sono già impegnati. Non spenderli significa comunque fare debito e farlo nel peggiore dei modi. Cioè senza alcuna infrastruttura in cambio. Per questo sarebbe il caso di rimboccarsi le maniche e tornare a spulciare passo dopo passo i singoli progetti finanziati, scartare quelli che non servono al Paese o quelli che non servono più. L’idea complessiva del maxi piano doveva essere rilanciare l’Italia e farla uscire dalla pandemia. Ma dietro la pomposità dei grandi capitali di spesa, rivoluzione verde, piuttosto che digitalizzazione e infrastrutture per una mobilità sostenibile, si nascondono marchette locali o nazionali, finanziamenti a ideologie che non avranno alcun impatto sul nostro sviluppo. Per capirlo basta entrare un po’ in profondità. Il capitolo della mobilità sostenibile contiene importanti misure per le nostre ferrovie, ma anche 300 milioni per sviluppare il cicloturismo. Ora, gli stranieri forse vengono lo stesso in ferie in Italia, mentre gli italiani fra un po’ avranno difficoltà anche ad andare in vacanza in bicicletta. Nel senso che adesso le priorità sono altre. Vale pure per il progetto delle «green community». Il Pnrr stanzia ben 135 milioni con l’obiettivo di ristrutturare 30 Comuni montani e «sostenere lo sviluppo resiliente dei territori rurali e di montagna, favorendo la nascita e la crescita di comunità locali, anche tra loro coordinate e associate, attraverso il supporto all’elaborazione, il finanziamento e la realizzazione di piani di sviluppo sostenibili dal punto di vista energetico, ambientale, economico e sociale». Che significa? Tutto e niente. Con le bollette alle stelle è chiaro che non possiamo più permetterci di raccontare le favole. Così come non possiamo più permetterci di stanziare 424 milioni per veicoli di servizio aeroportuali elettrici. Non sappiamo nemmeno se riusciremo di questo passo ad alimentarli. Altro esempio? Il portale unico del turismo promosso dall’Enit consente «il collegamento all’intero ecosistema turistico». Una bellezza di progetto che costa 114 milioni. Per carità, magari potrà servire, ma forse nel frattempo possiamo usare booking.com. Al di là della banalizzazione, l’esempio ci riporta al nodo delle priorità. Volete un altro esempio? Ben 300 milioni sono destinati a Cinecittà, il pallino di Dario Franceschini. Ecco, anche su tale capitolo di spesa ci sono margini di revisione. Si tratta di decine di progetti da rivedere. Ciascuno ruba milioni che messi assieme fanno miliardi. Certo, è chiaro che nessuno si sogna di distrarre fondi dalla sanità, dagli ospedali o dalla rete unica e dal cloud. Ma il Pnrr ha enormi margini di revisione. E vanno sfruttati adesso. Inoltre, il piano contiene una forte impronta ecologista dettata dalle teorie talebane dell’Ue. Ben 69 miliardi degli oltre 190 sono destinati alla transizione ecologica. Quando il testo è stato scritto nel 2020, e finalizzato nel 2021, eravamo in pochi a lanciare l’allarme contro le teorie Ue. Eravamo in pochi a sostenere che avrebbero impoverito il Continente, fatto schizzare l’inflazione e creato blackout. Con l’avvio della guerra in Ucraina, Bruxelles ha cercato di occultare le cause. Spiegando che la colpa di tutto sta nell’invasione russa di Kiev. Ora in molti cominciano a capire che le bombe in Ucraina sono solo altra benzina sul fuoco della crisi economica. Citando un account twitter, è bene dire che l’Ue e la transizione non mostrano la corda per via della crisi, ma sono esse stesse la causa della crisi. Abbiamo l’occasione per tornare sui passi del buon senso e spendere una fetta dei miliardi per sostenere la sovranità energetica. Se cerchiamo soldi per salvare le imprese, cerchiamoli dentro il Pnrr.