2020-10-03
Il Piemonte dà le nuove linee guida. Stop all’aborto fai da te di Speranza
Bloccato il blitz che il ministro voleva imporre a tutt'Italia. La Ru486 non sarà distribuita nei consultori. Il day hospital sarà responsabilità del medico. I pro life potranno aprire sportelli informativi negli ospedali. È ancora possibile, combattendo un po', ricavarsi degli spazi di libertà, reagire all'avanzata del pensiero dominante basato sulla sovversione dell'umano attuata in nome dell'ideologia. Dal Piemonte, ieri, è arrivata una buona notizia: le linee guida sull'interruzione di gravidanza anticipate dalla Verità nelle scorse settimane ora sono operative. E costituiscono una risposta potente all'aborto fai da te che il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha cercato di imporre a livello nazionale. Breve riepilogo delle puntate precedenti. Ad agosto, Speranza ha annunciato tra squilli di trombe che il Consiglio superiore di sanità aveva dato il via libera alla somministrazione in day hospital della pillola abortiva Ru486. Come noto, era stato lo stesso ministro a richiedere un parere agli esperti, al fine di mettere i bastoni tra le ruote alla governatrice dell'Umbria, la leghista Donatella Tesei, che aveva imposto nella sua regione un ricovero in ospedale di tre giorni dopo l'assunzione della pillola. La sinistra tutta ha accolto il parere del Css come una vittoria straordinaria, benché sia davvero assurdo festeggiare per un provvedimento che toglie supporto alle donne, specie in un momento tanto delicato. Ma veniamo al Piemonte. Quando lo scontro tra il ministero e l'Umbria è deflagrato, l'assessore agli Affari legali piemontese, Maurizio Marrone di Fratelli d'Italia, si è rivolto all'Avvocatura regionale per capire se fosse possibile mettere in campo qualche contromisura. Da un esame approfondito, è emerso che nelle indicazioni fornite da Speranza c'erano vari punti di frizione con la legge 194. Siamo al paradosso: quella che viene considerata universalmente «la norma sull'aborto» rischia quasi di diventare un baluardo a difesa della vita. Mentre la sinistra - la stessa che ama gridare «La 194 non si tocca!» - è la prima a tentare di cambiarla, forzarla, superarla. Comunque sia, Fratelli d'Italia, basandosi sui rilievi dell'avvocatura, ha elaborato nuove linee guida allo scopo di difendere (almeno) i confini della legge vigente. Il nostro giornale le ha anticipate, e immediatamente è esploso il putiferio. È intervenuta Chiara Appendino, sindaco di Torino, con toni bellicosi: «Sull'aborto il diritto di scelta non si tocca», ha gridato. Poi sono arrivati altri esponenti del mondo progressista, a partire dal ministro Francesco Boccia, che si è detto «preoccupato» dall'iniziativa piemontese. Infine si sono scatenati gli attivisti e le associazioni più varie. A un certo punto, è stato messo in scena (dai giornali antipatizzanti, per lo più) uno scontro interno alla destra. Alcune fugaci dichiarazioni di Matteo Salvini sulla «libertà di scelta» sono state utilizzate per far passare le linee guida come una fuga in avanti di qualche bigotto fascistone. Ma ecco che, a distanza di qualche settimana, la giunta regionale piemontese guidata da Alberto Cirio ha deciso di mostrarsi compatta, e ha approvato le linee guida, con qualche leggera modifica rispetto al testo originale. Che cosa prevede la nuova formulazione? Tocca tre punti fondamentali. Per prima cosa, la pillola abortiva non potrà essere distribuita nei consultori come fosse una caramella. Viene riservata infatti «l'attuazione dell'interruzione di gravidanza - anche farmacologica - alle strutture tassativamente elencate nell'articolo 8 della legge 194, ovvero in ambito ospedaliero». In secondo luogo, saranno attivati negli ospedali «sportelli informativi» che potranno essere gestiti anche da associazioni pro vita, o comunque da organizzazioni che aiutino le donne a tenere i bambini. Infine, la parte forse più delicata: «Per quanto riguarda l'aborto farmacologico le modalità di ricovero sono valutate dal medico e dalla direzione sanitaria». La pillola andrà dunque assunta solo in ospedale, e il day hospital sarà possibile solo nel caso in cui un medico competente se ne assuma la responsabilità. «Abbiamo fermato il blitz ferragostano del ministro Speranza ribadendo una semplice verità: la libertà di scelta della donna non è l'aborto automatico, quasi obbligatorio; è piuttosto la libertà di poter anche proseguire la maternità se a pesare sulla decisione sono fragilità sociali e psicologiche», dice Maurizio Marrone. «Il Piemonte sarà avanguardia in Italia per impedire che 166 consultori regionali diventino centrale di somministrazione della pillola abortiva invece che luoghi di informazione, approfondimento, assistenza. Ugualmente il Piemonte sarà capofila nel permettere al volontariato pro vita di aprire negli ospedali sportelli informativi per offrire progetti di tutela sociale della maternità, come ad esempio le adozioni a distanza del futuro bambino e altri aiuti economici alle donne in difficoltà». Ovviamente, le polemiche sono già cominciate: piovono attacchi dal Pd e dai 5 stelle (che valutano addirittura il ricorso al Tar). Ma Marrone tiene il punto, soprattutto sui tempi dell'ospedalizzazione. «Ogni direzione sanitaria», dice, «dovrà assumersi la responsabilità di autorizzare day hospital privando la paziente di assistenza ospedaliera immediata in caso di complicazioni: un freno all'aborto a domicilio di massa sponsorizzato dalla sinistra». Sul tema ha deciso di esporsi anche Giorgia Meloni, che giudica l'iniziativa piemontese «coraggiosa e di buon senso», e chiede a Speranza di ritirare le sue linee guida perché «banalizzano l'aborto ed espongono le donne a grandi rischi per la salute». Ora l'auspicio di Marrone è che altre Regioni «seguano l'esempio». E chissà, magari in giro c'è ancora chi ha voglia di combattere per una buona causa. Talvolta, dopo tutto, si riesce persino a vincere.