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2019-01-05
Il peggio e il meglio della Serie A
Ansa
I FLOP
1) Gigi Donnarumma
Il portiere del Milan farà in tempo a diventare il migliore del mondo, ma per ora (nonostante il marketing di Gennaro Gattuso e Mino Raiola) non lo è. Fortissimo sull'istinto, è ancora fragile quando deve ragionare e non trasferisce alla difesa quell'autorevolezza tranquilla, indispensabile per compiere capolavori. Alterna paratone a errori che lasciano perplessi. Nella fase ascendente della stagione sta qui anche perché paga il blackout nell'ultimo minuto del derby: quel cross di Matias Vecino partito da Abbiategrasso non sarebbe mai dovuto arrivare sulla testa di Mauro Icardi e costringere Mauro Suma (voce storica del Milan) ad ammettere «voglio morire in questo momento». Sono crudeltà.
2) Sime Vrsaljko
Doveva essere il sostituto di Cancelo, per ora è la riserva di Danilo D'Ambrosio. Arrivato dall'Atletico Madrid come una soluzione, per ora il croato è un problema per Luciano Spalletti, che non lo ha mai visto supportare Matteo Politano come ci si aspetterebbe. Pochi cross, il compitino in difesa, fermo ai box al primo raffreddore. All'Inter serve altro. Nella stessa barca c'è Darijo Srna. Il Cagliari potrebbe essere costretto (ragioni di bilancio) a mettere sul mercato il terzino croato, che dopo una partenza folgorante sta svernando sull'isola. È un signore, ha esperienza da vendere (a 36 anni ci mancherebbe) e alcuni gol di Leonardo Pavoletti sono arrivati da suoi cross radiocomandati. Ma per salvarsi, i sardi avrebbero più bisogno della follia muscolare della gioventù.
3) Raul Albiol
Un paracarro di lusso, salvato da un impianto difensivo collaudato e da quel fenomeno vivente di Koulibaly. Ma se il Napoli in Europa ha quasi sempre preso un gol di troppo e in campionato non ha mai chiuso a tre mandate l'area di rigore, la colpa è anche del centrale spagnolo di 33 anni non più all'altezza della sua fama. Soffre gli attaccanti rapidi, fatica a contenere a sportellate quelli fisici. Anche se di testa è ancora decisivo, il suo tramonto sul golfo sembra cominciato.
4) Federico Fazio
Eusebio Di Francesco era convinto che lo standard del centrale argentino fosse quello dello scorso anno. Si sbagliava come tutti; in questi ultimi mesi del 2018 il Comandante ha perso i gradi. E se a guidare la difesa della Roma non ci fosse Kostas Manolas, i guai sarebbero anche più numerosi. Di Fazio avevamo ammirato autorevolezza, strapotere fisico e una musica interiore nel dettare i tempi di uscita del reparto. Difficile confermarsi sui livelli che avevano portato la Roma alla semifinale di Champions. E infatti lui oggi - nonostante abbia come icona Walter Samuel - è tutt'altro che un muro.
5) Tiémoué Bakayoko
Arrivato in prestito dal Chelsea per 5 milioni e riscattabile con altri 35, il medianone del Milan era partito malissimo. Sembrava il classico oggetto misterioso, come Geoffrey Kondogbia nel primo anno all'Inter. Poi ha cominciato a risalire la china, è stato il migliore in campo con Parma e Spal, ora sembra che Leonardo voglia provare a trattare per tenerlo senza svenarsi e senza irritare l'Uefa. La posizione alla Marcel Desailly davanti alla difesa è quella dove il francese rende di più. La seconda parte della stagione di Bakayoko potrebbe dargli ragione, di sicuro la prima (quella caratterizzata da un'altalena di risultati in campionato e la cacciata dall'Europa) è stata deficitaria, dispersiva, da costoso comprimario che vaga per San Siro alla ricerca di una via d'uscita. Può solo migliorare, anzi deve solo migliorare.
6) Javier Pastore
Più è pesante il nome, più sono alte le aspettative, più è penetrante il sibilo del soggetto in caduta. Commento a Trastevere: «È un ex giocatore». In realtà El Flaco ha ancora la testa con le bollicine e il tocco magico, ma quel polpaccio sfilacciato che lo tormenta ne sta affrettando il declino. Proprio per questo a Parigi lo chiamavano Uomo di Vetro e lo hanno lasciato andare. A Roma ha giocato la metà delle partite possibili, quasi mai ha inciso, è volato in Cina per guarire, ha inviato tweet malinconici del tipo: «Quanti ostacoli. Ma ci vediamo presto». L'argentino non ha ancora 30 anni, potrebbe essere decisivo in Italia e in Europa, ma l'orizzonte è grigio. Alla ripresa, con l'esplosione di Nicolò Zaniolo e la crescita di Lorenzo Pellegrini, ripartirà dalla panchina. E sarà l'ultima sfida.
7) Radja Nainggolan
Quelle «due o tre cose» che ha in testa e mette davanti al calcio (parole di Spalletti) hanno trasformato un guerriero in un furiere. Non ancora in un fantasma, perché lui è sempre molto visibile: infatti si preoccupa di farsi fotografare su Instagram in discoteca, con un mastello di birra in mano, accanto a floride figliole, con auto da Fast and furious sullo sfondo. Le due o tre cose. È la metamorfosi kafkiana di Nainggolan, fortemente voluto dall'allenatore dell'Inter per mettere una tigre nel motore e scambiato con Zaniolo (miglior prospetto giovane del vivaio) più Davide Santon e 24 milioni. Per ora è il flop dell'anno e non è escluso che (dopo gli affari Gabigol e Joao Mario, quest'ultimo comunque in pieno rilancio) la famiglia Zhang abbia accelerato l'ingaggio di Beppe Marotta per chiudere definitivamente la stagione delle bufale.
8) Sergej Milinkovic-Savic
Il principe si è svegliato, si è stiracchiato, ha fatto gol al Cagliari il 23 dicembre e si è attovagliato per Natale. La Lazio esulta, ma nessuno si può dimenticare che il principe aveva dormito 4 mesi, lontano parente di quel fuoriclasse arrivato in estate a valere 120 milioni di euro, prezzo fatto da Claudio Lotito e sognato da Lotito nel mercato ideale di Lotito. Già al Mondiale di Russia, in una squadra sgangherata, Sergej aveva deluso. Ma il peggio è arrivato in autunno quando il leader naturale delle Aquile sembrava un piccione, frastornato e contrariato perché gli avversari osavano non fargli vedere palla. Problemi di crescita, bravo Simone Inzaghi ad aspettarlo. Se Milinkovic-Savic torna quello dell'anno scorso nulla è perduto, neppure il posto in Champions e i 120 milioni.
9) Gonzalo Higuain
Vederlo triste solitario y final a caccia di ogni pallone come un Domenico Berardi qualunque mette tristezza. Higuain non merita d'essere scambiato per un ballerino di fila, ma in questa strana stagione milanista il suo destino sembra quello di Amleto: una professionalità indiscutibile, guizzi da fuoriclasse qual è, ma solo 6 gol come Marco Benassi e Andrea Petagna mentre CR7 ne ha segnati più del doppio. E la consapevolezza che dialogare con atipici tarantolati come Suso e Hakan Calhanoglu non sarà mai semplice. Il Pipita ha pagato il cambio di maglia, potrebbe perfino essere un balzello fisiologico. Se il Milan ritrova le giuste armonie, ritroverà automaticamente uno dei più decisivi attaccanti dell'ultimo decennio.
10) Patrik Schick
Lo stiamo aspettando da due stagioni. Pazienti, fiduciosi, consapevoli come Di Francesco che potrebbe davvero essere il nuovo Robert Lewandowski, ma anche uno dei tanti che passano e non lasciano traccia per mancanza di furore interiore. Sembrava compresso dalle sue paure, poi dal sistema tattico della Roma, infine dalla personalità di Edin Dzeko. Ma l'infortunio del centravanti titolare e la crescita della squadra gli hanno tolto gli alibi; se non decolla (e non sta decollando) sono problemi. Peccato perché i mesi alla Samp ci avevano mostrato un attaccante formidabile, che oggi per ritrovare le motivazioni si è affidato a un mental coach. Peraltro ha solo 22 anni e tutto il tempo per esplodere.
11) Douglas Costa
Uno sputo e via, scomparso fra le righe verticali della maglia come se fossero sbarre da carcerato d'oro. Dopo lo sgradevole episodio col Sassuolo e una fastidiosa serie di infortuni, il brasiliano della Juve è scivolato in fondo alla lista degli attaccanti a disposizione di Allegri. Formidabile per talento e fantasia, non è fatto per allargare i gomiti a caccia di 30 minuti di partita, ma per essere protagonista. Il suo destino dipende dalla prossima primavera: o trova spazio e ritrova il sorriso, oppure sarà difficile respingere il Manchester United, che offre 70 milioni al club e uno stipendio da urlo a lui.
Note di demerito
Giovanni Simeone è il grande assente nella Fiorentina che cerca soddisfazioni sulla strada dell'Europa. Più che nei gol (finora 4) il figlio del Cholo manca in quel lavoro di sponde e raddoppi, specialità della casa nella scorsa stagione e preziosissimo apporto alla causa viola. Meno lucido e ormai più conosciuto dagli avversari, è in palese involuzione, speriamo passeggera. Come lui, fatica a tornare su sontuosi livelli il Gallo Andrea Belotti, molto frenato dagli infortuni, alla ricerca (ormai lunga come una traversata del deserto) della condizione ideale per essere di nuovo devastante.
Allenatore: Giampiero Ventura
Difficile trovarne un altro per la squadra dei flop, anche se umanamente spiace. Quattro partite sulla panchina del Chievo nel tentativo disperato di far dimenticare la Svezia, quattro sconfitte e dimissioni. Come per Mondino Fabbri (ct del disastro con la Corea), certe catastrofi sono così grandi da trasformarsi in mausolei.
I TOP
1) Ionut Radu
In una stagione fin qui senza squadre catenacciare in giro (diversa la musica da febbraio quando chi non fa punti è perduto), non si sono visti portieri imbattibili o stressati. Tutti, anche i più forti, hanno un punto debole: Robin Olsen non sicurissimo fra i pali, Samir Handanovic da infarto in uscita, Alex Meret preda di qualche peccato di gioventù. E allora il più interessante del momento diventa Radu, il portierino del Genoa in prestito dall'Inter, che nell'infernale girone d'andata del Grifone (tre allenatori, sbandamenti da brivido) ha mostrato guantoni grandi e solidi.
2) Joao Cancelo
Già lo scorso anno aveva stupito per genialità e intelligenza. Prelevato come da tradizione da una rivale per indebolirla (scientifica strategia bianconera), il portoghese della Juventus è padrone assoluto della fascia. E non ci sta da terzino, bensì da regista aggiunto, in grado di dettare i tempi e imbucare come un rifinitore. Se attaccato da un'ala tosta (Chiesa, Politano) va in crisi, ma Max Allegri sa come farlo aiutare dai suoi corazzieri centrali. Infortunato, tornerà per le partite chiave in Champions League.
3) Kalidou Koulibaly
Lo scandalo di fine anno ha sancito la classe superiore di questo grande centrale di difesa, che come si diceva ai tempi di Franco Baresi e Gaetano Scirea, fa reparto da solo. Quei buuu partiti a San Siro dalle bocche di gente misera e sportivamente terrorizzata, volevano fiaccarlo, svuotarlo psicologicamente. Koulibaly è l'oro di Napoli, un Bonucci con 5 anni di meno, più forte sull'uomo anche se meno strategico nell'impostare. Nel suo ruolo, nessuno in Europa è decisivo quanto lui.
4) Milan Skriniar
Il centrale slovacco dell'Inter si sta confermando una roccia: ha 23 anni, un futuro da superstar e presto un contratto da top player visto che per rimanere a Milano ha chiesto un ritocco a 4 milioni di euro a stagione. Denaro che Manchester United e Barcellona gli darebbero senza problemi. Comprato per 15 milioni due estati fa dall'Inter, oggi ne vale 80. Fortissimo nelle chiusure e nel presidiare l'area, sta mostrando un punto debole inatteso: nelle uscite palla al piede sembra Lucio, se perde il passo sono guai. Limitarsi, please.
5) Gianluca Mancini
Dalla rosa dell'Atalanta escono difensori centrali fenomeni come da un supermercato. Dopo Mattia Caldara e Alessandro Bastoni, ecco Mancini, 21 anni, toscano, corazziere, che l'estate prossima sarà al centro di un'asta con 25 milioni come base di partenza per la felicità del presidente Antonio Percassi davanti a ragazzini molto più forti in area di quanto non fosse lui quando giocava. Prelevato dal Perugia, ha come idolo Marco Materazzi, è l'ideale per una difesa a tre a fa pure gol (sinora 4). Anche Giorgio Chiellini (33 anni) sta facendo un campionato sublime, confermandosi insuperabile, ma in prospettiva un millennial affascina di più.
6) Hamed Traorè
È il ragazzino del momento, quattro mesi in serie A nell'Empoli per entusiasmare gli osservatori delle grandi. A 20 anni il centrocampista della Costa d'Avorio ha classe, polmoni e carattere; combatte come Nicolò Barella e sa dettare i tempi come il primo Andrea Pirlo. Deve ovviamente crescere in esperienza e passo, ma la stoffa è cachemire e la prospettiva è da tuttocampista, quel giocatore universale che puoi mettere sulla fascia quando ti serve un uomo in più che sappia interdire e pensare. Come in questo caso.
7) Miralem Pjanic
Il metronomo della Juventus, unico nel suo genere, così inimitabile che Allegri se lo porterebbe a casa tutte le sere per non farselo rubare. E nel frattempo lo circonda di grandi passisti per proteggerne i colpi di genio. L'ultimo in ordine di tempo sarà Aaron Ramsey, in uscita dall'Arsenal, pronto a cantare in un coro impareggiabile con Emre Can, Blaise Matuidi (vecchietto), Sami Khedira (vecchietto) e Rodrigo Bentancur. Nessuno in Europa ha a disposizione una simile potenza di fuoco, figuriamoci in Italia dove almeno metà delle squadre del campionato più scontato del pianeta saranno doppiate dai cannibali di Torino.
8) Allan
Una conferma non scontata, un centrocampista con una marcia in più che nell'ultimo anno di Maurizio Sarri aveva mostrato una marcia in meno. Rinato con Carlo Ancelotti, Allan Marques Loureiro è mister Wolf che risolve ogni problema ai compagni mettendoli nella condizione ideale di giocare una palla perfetta. Peccato che in questa prima fase di stagione Lorenzo Insigne lo abbia assecondato poco. Lo vuole a tutti i costi il Psg per sostituire Adrien Rabiot in uscita verso Barcellona, ma Aurelio De Laurentiis sembra pronto a rinunciare a 70 milioni pur di vincere qualcosa. Sembra.
9) Federico Chiesa
L'uomo del destino, il prossimo oggetto del desiderio dei top club. Si sta confermando sui livelli stellari della scorsa stagione, imperversa sulla fascia, segna, dispensa assist e sta anche imparando a raddoppiare in fase difensiva. A 21 anni è un barbaro sognante anche perché gioca 90 minuti a settimana, a differenza per esempio di Federico Bernardeschi (il pensiero arriva lì per associazione di idee color viola) che cresce come le piante, vale a dire da fermo in panchina alla Juventus. Se limita i tuffi in area alla Inzaghi senior, Chiesa è un grande calciatore.
10) Cristiano Ronaldo
Basterebbe il nome, tutto il resto è inutile. È arrivato in elicottero, gioca in elicottero, riparte in elicottero. È un extraterrestre che ha impiegato una ventina di secondi a capire il campionato italiano, a differenza di Michel Platini che impiegò una stagione. È capocannoniere (14 reti), gioca a memoria con i compagni, ha una consapevolezza di superiorità che annichilisce gli avversari. A 33 anni basta e avanza. Al suo posto nella squadra ideale starebbero divinamente anche Mario Mandzukic (che a differenza di Paulo Dybala non ha sofferto un'unghia per l'arrivo dell'alieno) e Mauro Icardi. Quest'ultimo ogni anno più forte e più determinante. Con un unico difetto, la moglie.
11) Krzysztof Piatek
Di qui non lo sposta nessuno, l'incoronazione se l'è meritata fino in fondo perché ad agosto era solo un cognome su Wikipedia. Uscito dal cappello a cilindro di Enrico Preziosi (che lo ingaggiò dopo aver visto un suo filmato mentre stappava bollicine ghiacciate a Ibiza), Piatek è un giovane centravanti all'antica: scatto breve, tiro imparabile e la devastante capacità di intuire l'ultimo rimpallo. Tredici gol, uno meno di CR7, roba folle. Come è stupendamente folle la stagione di Fabio Quagliarella, dirimpettaio alla Sampdoria, che a 35 anni ne ha segnati 12 facendo impazzire di punta e di tacco le difese più attrezzate.
Note di merito
Christian Kouamé, nidiata Costa d'Avorio, 21 anni, l'uomo che innesca Piatek al Genoa fino a qualche mese fa giocava nel Cittadella in serie B. Radiomercato sostiene che in queste ore è stato ceduto al Napoli per 28 milioni, ma che è destinato a giocare a Marassi sino a fine stagione. Ha il passo di Paul Pogba, fa svanire la palla fra i piedi, gioca a testa alta. Se mantiene metà di ciò che promette è un ottimo giocatore.
Rodrigo De Paul è una delle poche soddisfazioni dell'Udinese in questa balbettante stagione. L'argentino, che lo scorso anno aveva segnato 4 gol, a metà di questo è già a 6. In grado di giocare rifinitore o seconda punta, è il classico attaccante che apre gli spazi e in contropiede trasforma il campo in prateria. La sua qualità sarà decisiva nella corsa verso la salvezza.
Nicolò Zaniolo è il teenager italiano (19 anni) del momento. Per tre motivi: è un centrocampista dai piedi divini, ha trovato posto nella Roma dopo essere stato convocato in nazionale (di solito accade il contrario), è arrivato nella capitale dall'Inter in quello che finora è stato lo scambio di mercato più delirante del decennio. Sbertucciato sui giornali dai campioni del mercante in fiera come plusvalenza ambulante, doveva essere un incentivo nerazzurro per ottenere Radja Nainggolan, il ninja che fa la differenza in discoteca. Invece la sta facendo lui in campo. Per ora non serve altro.
Allenatore: Carlo Ancelotti
È il tecnico ideale per allenare questa squadra con un mix di uomini di classe, uomini da corsa, giovani ruggenti e un fenomeno. Il Carlo Nazionale sta facendo bene a Napoli e ha allestito un gruppo in grado di arrivare fino in fondo all'Europa League. Bene, ma non benissimo, perché l'eliminazione dalla Champions resta una macchia e quelle tre sconfitte in campionato (Juve, Samp, Inter) parlano di una squadra in affanno contro avversarie di grinta e fisicità. Il saldo rimane comunque positivo e Ancelotti passeggia in via Caracciolo come una mozzarella. In carrozza.
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Riduci
Un pallone fermo trasmette sempre tristezza, perciò durante la sosta di campionato «La Verità» disegna due formazioni immaginarie per continuare a giocare: i peggiori e i migliori fino a oggi. Fra i dominatori della stagione, guidati da un incontenibile CR7, si celano anche giovani sorprese e graditi ritorni. Ma non è escluso che, da qui a maggio, pure qualche bidone trovi nuovo smalto.<div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-peggio-e-il-meglio-della-serie-a-2625130027.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-flop" data-post-id="2625130027" data-published-at="1765427057" data-use-pagination="False"> I FLOP 1) Gigi DonnarummaIl portiere del Milan farà in tempo a diventare il migliore del mondo, ma per ora (nonostante il marketing di Gennaro Gattuso e Mino Raiola) non lo è. Fortissimo sull'istinto, è ancora fragile quando deve ragionare e non trasferisce alla difesa quell'autorevolezza tranquilla, indispensabile per compiere capolavori. Alterna paratone a errori che lasciano perplessi. Nella fase ascendente della stagione sta qui anche perché paga il blackout nell'ultimo minuto del derby: quel cross di Matias Vecino partito da Abbiategrasso non sarebbe mai dovuto arrivare sulla testa di Mauro Icardi e costringere Mauro Suma (voce storica del Milan) ad ammettere «voglio morire in questo momento». Sono crudeltà.2) Sime VrsaljkoDoveva essere il sostituto di Cancelo, per ora è la riserva di Danilo D'Ambrosio. Arrivato dall'Atletico Madrid come una soluzione, per ora il croato è un problema per Luciano Spalletti, che non lo ha mai visto supportare Matteo Politano come ci si aspetterebbe. Pochi cross, il compitino in difesa, fermo ai box al primo raffreddore. All'Inter serve altro. Nella stessa barca c'è Darijo Srna. Il Cagliari potrebbe essere costretto (ragioni di bilancio) a mettere sul mercato il terzino croato, che dopo una partenza folgorante sta svernando sull'isola. È un signore, ha esperienza da vendere (a 36 anni ci mancherebbe) e alcuni gol di Leonardo Pavoletti sono arrivati da suoi cross radiocomandati. Ma per salvarsi, i sardi avrebbero più bisogno della follia muscolare della gioventù.3) Raul AlbiolUn paracarro di lusso, salvato da un impianto difensivo collaudato e da quel fenomeno vivente di Koulibaly. Ma se il Napoli in Europa ha quasi sempre preso un gol di troppo e in campionato non ha mai chiuso a tre mandate l'area di rigore, la colpa è anche del centrale spagnolo di 33 anni non più all'altezza della sua fama. Soffre gli attaccanti rapidi, fatica a contenere a sportellate quelli fisici. Anche se di testa è ancora decisivo, il suo tramonto sul golfo sembra cominciato.4) Federico FazioEusebio Di Francesco era convinto che lo standard del centrale argentino fosse quello dello scorso anno. Si sbagliava come tutti; in questi ultimi mesi del 2018 il Comandante ha perso i gradi. E se a guidare la difesa della Roma non ci fosse Kostas Manolas, i guai sarebbero anche più numerosi. Di Fazio avevamo ammirato autorevolezza, strapotere fisico e una musica interiore nel dettare i tempi di uscita del reparto. Difficile confermarsi sui livelli che avevano portato la Roma alla semifinale di Champions. E infatti lui oggi - nonostante abbia come icona Walter Samuel - è tutt'altro che un muro.5) Tiémoué BakayokoArrivato in prestito dal Chelsea per 5 milioni e riscattabile con altri 35, il medianone del Milan era partito malissimo. Sembrava il classico oggetto misterioso, come Geoffrey Kondogbia nel primo anno all'Inter. Poi ha cominciato a risalire la china, è stato il migliore in campo con Parma e Spal, ora sembra che Leonardo voglia provare a trattare per tenerlo senza svenarsi e senza irritare l'Uefa. La posizione alla Marcel Desailly davanti alla difesa è quella dove il francese rende di più. La seconda parte della stagione di Bakayoko potrebbe dargli ragione, di sicuro la prima (quella caratterizzata da un'altalena di risultati in campionato e la cacciata dall'Europa) è stata deficitaria, dispersiva, da costoso comprimario che vaga per San Siro alla ricerca di una via d'uscita. Può solo migliorare, anzi deve solo migliorare.6) Javier PastorePiù è pesante il nome, più sono alte le aspettative, più è penetrante il sibilo del soggetto in caduta. Commento a Trastevere: «È un ex giocatore». In realtà El Flaco ha ancora la testa con le bollicine e il tocco magico, ma quel polpaccio sfilacciato che lo tormenta ne sta affrettando il declino. Proprio per questo a Parigi lo chiamavano Uomo di Vetro e lo hanno lasciato andare. A Roma ha giocato la metà delle partite possibili, quasi mai ha inciso, è volato in Cina per guarire, ha inviato tweet malinconici del tipo: «Quanti ostacoli. Ma ci vediamo presto». L'argentino non ha ancora 30 anni, potrebbe essere decisivo in Italia e in Europa, ma l'orizzonte è grigio. Alla ripresa, con l'esplosione di Nicolò Zaniolo e la crescita di Lorenzo Pellegrini, ripartirà dalla panchina. E sarà l'ultima sfida.7) Radja NainggolanQuelle «due o tre cose» che ha in testa e mette davanti al calcio (parole di Spalletti) hanno trasformato un guerriero in un furiere. Non ancora in un fantasma, perché lui è sempre molto visibile: infatti si preoccupa di farsi fotografare su Instagram in discoteca, con un mastello di birra in mano, accanto a floride figliole, con auto da Fast and furious sullo sfondo. Le due o tre cose. È la metamorfosi kafkiana di Nainggolan, fortemente voluto dall'allenatore dell'Inter per mettere una tigre nel motore e scambiato con Zaniolo (miglior prospetto giovane del vivaio) più Davide Santon e 24 milioni. Per ora è il flop dell'anno e non è escluso che (dopo gli affari Gabigol e Joao Mario, quest'ultimo comunque in pieno rilancio) la famiglia Zhang abbia accelerato l'ingaggio di Beppe Marotta per chiudere definitivamente la stagione delle bufale.8) Sergej Milinkovic-SavicIl principe si è svegliato, si è stiracchiato, ha fatto gol al Cagliari il 23 dicembre e si è attovagliato per Natale. La Lazio esulta, ma nessuno si può dimenticare che il principe aveva dormito 4 mesi, lontano parente di quel fuoriclasse arrivato in estate a valere 120 milioni di euro, prezzo fatto da Claudio Lotito e sognato da Lotito nel mercato ideale di Lotito. Già al Mondiale di Russia, in una squadra sgangherata, Sergej aveva deluso. Ma il peggio è arrivato in autunno quando il leader naturale delle Aquile sembrava un piccione, frastornato e contrariato perché gli avversari osavano non fargli vedere palla. Problemi di crescita, bravo Simone Inzaghi ad aspettarlo. Se Milinkovic-Savic torna quello dell'anno scorso nulla è perduto, neppure il posto in Champions e i 120 milioni.9) Gonzalo HiguainVederlo triste solitario y final a caccia di ogni pallone come un Domenico Berardi qualunque mette tristezza. Higuain non merita d'essere scambiato per un ballerino di fila, ma in questa strana stagione milanista il suo destino sembra quello di Amleto: una professionalità indiscutibile, guizzi da fuoriclasse qual è, ma solo 6 gol come Marco Benassi e Andrea Petagna mentre CR7 ne ha segnati più del doppio. E la consapevolezza che dialogare con atipici tarantolati come Suso e Hakan Calhanoglu non sarà mai semplice. Il Pipita ha pagato il cambio di maglia, potrebbe perfino essere un balzello fisiologico. Se il Milan ritrova le giuste armonie, ritroverà automaticamente uno dei più decisivi attaccanti dell'ultimo decennio.10) Patrik SchickLo stiamo aspettando da due stagioni. Pazienti, fiduciosi, consapevoli come Di Francesco che potrebbe davvero essere il nuovo Robert Lewandowski, ma anche uno dei tanti che passano e non lasciano traccia per mancanza di furore interiore. Sembrava compresso dalle sue paure, poi dal sistema tattico della Roma, infine dalla personalità di Edin Dzeko. Ma l'infortunio del centravanti titolare e la crescita della squadra gli hanno tolto gli alibi; se non decolla (e non sta decollando) sono problemi. Peccato perché i mesi alla Samp ci avevano mostrato un attaccante formidabile, che oggi per ritrovare le motivazioni si è affidato a un mental coach. Peraltro ha solo 22 anni e tutto il tempo per esplodere.11) Douglas CostaUno sputo e via, scomparso fra le righe verticali della maglia come se fossero sbarre da carcerato d'oro. Dopo lo sgradevole episodio col Sassuolo e una fastidiosa serie di infortuni, il brasiliano della Juve è scivolato in fondo alla lista degli attaccanti a disposizione di Allegri. Formidabile per talento e fantasia, non è fatto per allargare i gomiti a caccia di 30 minuti di partita, ma per essere protagonista. Il suo destino dipende dalla prossima primavera: o trova spazio e ritrova il sorriso, oppure sarà difficile respingere il Manchester United, che offre 70 milioni al club e uno stipendio da urlo a lui.Note di demeritoGiovanni Simeone è il grande assente nella Fiorentina che cerca soddisfazioni sulla strada dell'Europa. Più che nei gol (finora 4) il figlio del Cholo manca in quel lavoro di sponde e raddoppi, specialità della casa nella scorsa stagione e preziosissimo apporto alla causa viola. Meno lucido e ormai più conosciuto dagli avversari, è in palese involuzione, speriamo passeggera. Come lui, fatica a tornare su sontuosi livelli il Gallo Andrea Belotti, molto frenato dagli infortuni, alla ricerca (ormai lunga come una traversata del deserto) della condizione ideale per essere di nuovo devastante.Allenatore: Giampiero VenturaDifficile trovarne un altro per la squadra dei flop, anche se umanamente spiace. Quattro partite sulla panchina del Chievo nel tentativo disperato di far dimenticare la Svezia, quattro sconfitte e dimissioni. Come per Mondino Fabbri (ct del disastro con la Corea), certe catastrofi sono così grandi da trasformarsi in mausolei. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-peggio-e-il-meglio-della-serie-a-2625130027.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="i-top" data-post-id="2625130027" data-published-at="1765427057" data-use-pagination="False"> I TOP 1) Ionut RaduIn una stagione fin qui senza squadre catenacciare in giro (diversa la musica da febbraio quando chi non fa punti è perduto), non si sono visti portieri imbattibili o stressati. Tutti, anche i più forti, hanno un punto debole: Robin Olsen non sicurissimo fra i pali, Samir Handanovic da infarto in uscita, Alex Meret preda di qualche peccato di gioventù. E allora il più interessante del momento diventa Radu, il portierino del Genoa in prestito dall'Inter, che nell'infernale girone d'andata del Grifone (tre allenatori, sbandamenti da brivido) ha mostrato guantoni grandi e solidi.2) Joao CanceloGià lo scorso anno aveva stupito per genialità e intelligenza. Prelevato come da tradizione da una rivale per indebolirla (scientifica strategia bianconera), il portoghese della Juventus è padrone assoluto della fascia. E non ci sta da terzino, bensì da regista aggiunto, in grado di dettare i tempi e imbucare come un rifinitore. Se attaccato da un'ala tosta (Chiesa, Politano) va in crisi, ma Max Allegri sa come farlo aiutare dai suoi corazzieri centrali. Infortunato, tornerà per le partite chiave in Champions League.3) Kalidou KoulibalyLo scandalo di fine anno ha sancito la classe superiore di questo grande centrale di difesa, che come si diceva ai tempi di Franco Baresi e Gaetano Scirea, fa reparto da solo. Quei buuu partiti a San Siro dalle bocche di gente misera e sportivamente terrorizzata, volevano fiaccarlo, svuotarlo psicologicamente. Koulibaly è l'oro di Napoli, un Bonucci con 5 anni di meno, più forte sull'uomo anche se meno strategico nell'impostare. Nel suo ruolo, nessuno in Europa è decisivo quanto lui.4) Milan SkriniarIl centrale slovacco dell'Inter si sta confermando una roccia: ha 23 anni, un futuro da superstar e presto un contratto da top player visto che per rimanere a Milano ha chiesto un ritocco a 4 milioni di euro a stagione. Denaro che Manchester United e Barcellona gli darebbero senza problemi. Comprato per 15 milioni due estati fa dall'Inter, oggi ne vale 80. Fortissimo nelle chiusure e nel presidiare l'area, sta mostrando un punto debole inatteso: nelle uscite palla al piede sembra Lucio, se perde il passo sono guai. Limitarsi, please.5) Gianluca ManciniDalla rosa dell'Atalanta escono difensori centrali fenomeni come da un supermercato. Dopo Mattia Caldara e Alessandro Bastoni, ecco Mancini, 21 anni, toscano, corazziere, che l'estate prossima sarà al centro di un'asta con 25 milioni come base di partenza per la felicità del presidente Antonio Percassi davanti a ragazzini molto più forti in area di quanto non fosse lui quando giocava. Prelevato dal Perugia, ha come idolo Marco Materazzi, è l'ideale per una difesa a tre a fa pure gol (sinora 4). Anche Giorgio Chiellini (33 anni) sta facendo un campionato sublime, confermandosi insuperabile, ma in prospettiva un millennial affascina di più.6) Hamed TraorèÈ il ragazzino del momento, quattro mesi in serie A nell'Empoli per entusiasmare gli osservatori delle grandi. A 20 anni il centrocampista della Costa d'Avorio ha classe, polmoni e carattere; combatte come Nicolò Barella e sa dettare i tempi come il primo Andrea Pirlo. Deve ovviamente crescere in esperienza e passo, ma la stoffa è cachemire e la prospettiva è da tuttocampista, quel giocatore universale che puoi mettere sulla fascia quando ti serve un uomo in più che sappia interdire e pensare. Come in questo caso.7) Miralem PjanicIl metronomo della Juventus, unico nel suo genere, così inimitabile che Allegri se lo porterebbe a casa tutte le sere per non farselo rubare. E nel frattempo lo circonda di grandi passisti per proteggerne i colpi di genio. L'ultimo in ordine di tempo sarà Aaron Ramsey, in uscita dall'Arsenal, pronto a cantare in un coro impareggiabile con Emre Can, Blaise Matuidi (vecchietto), Sami Khedira (vecchietto) e Rodrigo Bentancur. Nessuno in Europa ha a disposizione una simile potenza di fuoco, figuriamoci in Italia dove almeno metà delle squadre del campionato più scontato del pianeta saranno doppiate dai cannibali di Torino.8) AllanUna conferma non scontata, un centrocampista con una marcia in più che nell'ultimo anno di Maurizio Sarri aveva mostrato una marcia in meno. Rinato con Carlo Ancelotti, Allan Marques Loureiro è mister Wolf che risolve ogni problema ai compagni mettendoli nella condizione ideale di giocare una palla perfetta. Peccato che in questa prima fase di stagione Lorenzo Insigne lo abbia assecondato poco. Lo vuole a tutti i costi il Psg per sostituire Adrien Rabiot in uscita verso Barcellona, ma Aurelio De Laurentiis sembra pronto a rinunciare a 70 milioni pur di vincere qualcosa. Sembra.9) Federico ChiesaL'uomo del destino, il prossimo oggetto del desiderio dei top club. Si sta confermando sui livelli stellari della scorsa stagione, imperversa sulla fascia, segna, dispensa assist e sta anche imparando a raddoppiare in fase difensiva. A 21 anni è un barbaro sognante anche perché gioca 90 minuti a settimana, a differenza per esempio di Federico Bernardeschi (il pensiero arriva lì per associazione di idee color viola) che cresce come le piante, vale a dire da fermo in panchina alla Juventus. Se limita i tuffi in area alla Inzaghi senior, Chiesa è un grande calciatore.10) Cristiano RonaldoBasterebbe il nome, tutto il resto è inutile. È arrivato in elicottero, gioca in elicottero, riparte in elicottero. È un extraterrestre che ha impiegato una ventina di secondi a capire il campionato italiano, a differenza di Michel Platini che impiegò una stagione. È capocannoniere (14 reti), gioca a memoria con i compagni, ha una consapevolezza di superiorità che annichilisce gli avversari. A 33 anni basta e avanza. Al suo posto nella squadra ideale starebbero divinamente anche Mario Mandzukic (che a differenza di Paulo Dybala non ha sofferto un'unghia per l'arrivo dell'alieno) e Mauro Icardi. Quest'ultimo ogni anno più forte e più determinante. Con un unico difetto, la moglie.11) Krzysztof PiatekDi qui non lo sposta nessuno, l'incoronazione se l'è meritata fino in fondo perché ad agosto era solo un cognome su Wikipedia. Uscito dal cappello a cilindro di Enrico Preziosi (che lo ingaggiò dopo aver visto un suo filmato mentre stappava bollicine ghiacciate a Ibiza), Piatek è un giovane centravanti all'antica: scatto breve, tiro imparabile e la devastante capacità di intuire l'ultimo rimpallo. Tredici gol, uno meno di CR7, roba folle. Come è stupendamente folle la stagione di Fabio Quagliarella, dirimpettaio alla Sampdoria, che a 35 anni ne ha segnati 12 facendo impazzire di punta e di tacco le difese più attrezzate.Note di meritoChristian Kouamé, nidiata Costa d'Avorio, 21 anni, l'uomo che innesca Piatek al Genoa fino a qualche mese fa giocava nel Cittadella in serie B. Radiomercato sostiene che in queste ore è stato ceduto al Napoli per 28 milioni, ma che è destinato a giocare a Marassi sino a fine stagione. Ha il passo di Paul Pogba, fa svanire la palla fra i piedi, gioca a testa alta. Se mantiene metà di ciò che promette è un ottimo giocatore.Rodrigo De Paul è una delle poche soddisfazioni dell'Udinese in questa balbettante stagione. L'argentino, che lo scorso anno aveva segnato 4 gol, a metà di questo è già a 6. In grado di giocare rifinitore o seconda punta, è il classico attaccante che apre gli spazi e in contropiede trasforma il campo in prateria. La sua qualità sarà decisiva nella corsa verso la salvezza.Nicolò Zaniolo è il teenager italiano (19 anni) del momento. Per tre motivi: è un centrocampista dai piedi divini, ha trovato posto nella Roma dopo essere stato convocato in nazionale (di solito accade il contrario), è arrivato nella capitale dall'Inter in quello che finora è stato lo scambio di mercato più delirante del decennio. Sbertucciato sui giornali dai campioni del mercante in fiera come plusvalenza ambulante, doveva essere un incentivo nerazzurro per ottenere Radja Nainggolan, il ninja che fa la differenza in discoteca. Invece la sta facendo lui in campo. Per ora non serve altro.Allenatore: Carlo AncelottiÈ il tecnico ideale per allenare questa squadra con un mix di uomini di classe, uomini da corsa, giovani ruggenti e un fenomeno. Il Carlo Nazionale sta facendo bene a Napoli e ha allestito un gruppo in grado di arrivare fino in fondo all'Europa League. Bene, ma non benissimo, perché l'eliminazione dalla Champions resta una macchia e quelle tre sconfitte in campionato (Juve, Samp, Inter) parlano di una squadra in affanno contro avversarie di grinta e fisicità. Il saldo rimane comunque positivo e Ancelotti passeggia in via Caracciolo come una mozzarella. In carrozza.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Riduci
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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