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2019-01-05
Il peggio e il meglio della Serie A
Ansa
I FLOP
1) Gigi Donnarumma
Il portiere del Milan farà in tempo a diventare il migliore del mondo, ma per ora (nonostante il marketing di Gennaro Gattuso e Mino Raiola) non lo è. Fortissimo sull'istinto, è ancora fragile quando deve ragionare e non trasferisce alla difesa quell'autorevolezza tranquilla, indispensabile per compiere capolavori. Alterna paratone a errori che lasciano perplessi. Nella fase ascendente della stagione sta qui anche perché paga il blackout nell'ultimo minuto del derby: quel cross di Matias Vecino partito da Abbiategrasso non sarebbe mai dovuto arrivare sulla testa di Mauro Icardi e costringere Mauro Suma (voce storica del Milan) ad ammettere «voglio morire in questo momento». Sono crudeltà.
2) Sime Vrsaljko
Doveva essere il sostituto di Cancelo, per ora è la riserva di Danilo D'Ambrosio. Arrivato dall'Atletico Madrid come una soluzione, per ora il croato è un problema per Luciano Spalletti, che non lo ha mai visto supportare Matteo Politano come ci si aspetterebbe. Pochi cross, il compitino in difesa, fermo ai box al primo raffreddore. All'Inter serve altro. Nella stessa barca c'è Darijo Srna. Il Cagliari potrebbe essere costretto (ragioni di bilancio) a mettere sul mercato il terzino croato, che dopo una partenza folgorante sta svernando sull'isola. È un signore, ha esperienza da vendere (a 36 anni ci mancherebbe) e alcuni gol di Leonardo Pavoletti sono arrivati da suoi cross radiocomandati. Ma per salvarsi, i sardi avrebbero più bisogno della follia muscolare della gioventù.
3) Raul Albiol
Un paracarro di lusso, salvato da un impianto difensivo collaudato e da quel fenomeno vivente di Koulibaly. Ma se il Napoli in Europa ha quasi sempre preso un gol di troppo e in campionato non ha mai chiuso a tre mandate l'area di rigore, la colpa è anche del centrale spagnolo di 33 anni non più all'altezza della sua fama. Soffre gli attaccanti rapidi, fatica a contenere a sportellate quelli fisici. Anche se di testa è ancora decisivo, il suo tramonto sul golfo sembra cominciato.
4) Federico Fazio
Eusebio Di Francesco era convinto che lo standard del centrale argentino fosse quello dello scorso anno. Si sbagliava come tutti; in questi ultimi mesi del 2018 il Comandante ha perso i gradi. E se a guidare la difesa della Roma non ci fosse Kostas Manolas, i guai sarebbero anche più numerosi. Di Fazio avevamo ammirato autorevolezza, strapotere fisico e una musica interiore nel dettare i tempi di uscita del reparto. Difficile confermarsi sui livelli che avevano portato la Roma alla semifinale di Champions. E infatti lui oggi - nonostante abbia come icona Walter Samuel - è tutt'altro che un muro.
5) Tiémoué Bakayoko
Arrivato in prestito dal Chelsea per 5 milioni e riscattabile con altri 35, il medianone del Milan era partito malissimo. Sembrava il classico oggetto misterioso, come Geoffrey Kondogbia nel primo anno all'Inter. Poi ha cominciato a risalire la china, è stato il migliore in campo con Parma e Spal, ora sembra che Leonardo voglia provare a trattare per tenerlo senza svenarsi e senza irritare l'Uefa. La posizione alla Marcel Desailly davanti alla difesa è quella dove il francese rende di più. La seconda parte della stagione di Bakayoko potrebbe dargli ragione, di sicuro la prima (quella caratterizzata da un'altalena di risultati in campionato e la cacciata dall'Europa) è stata deficitaria, dispersiva, da costoso comprimario che vaga per San Siro alla ricerca di una via d'uscita. Può solo migliorare, anzi deve solo migliorare.
6) Javier Pastore
Più è pesante il nome, più sono alte le aspettative, più è penetrante il sibilo del soggetto in caduta. Commento a Trastevere: «È un ex giocatore». In realtà El Flaco ha ancora la testa con le bollicine e il tocco magico, ma quel polpaccio sfilacciato che lo tormenta ne sta affrettando il declino. Proprio per questo a Parigi lo chiamavano Uomo di Vetro e lo hanno lasciato andare. A Roma ha giocato la metà delle partite possibili, quasi mai ha inciso, è volato in Cina per guarire, ha inviato tweet malinconici del tipo: «Quanti ostacoli. Ma ci vediamo presto». L'argentino non ha ancora 30 anni, potrebbe essere decisivo in Italia e in Europa, ma l'orizzonte è grigio. Alla ripresa, con l'esplosione di Nicolò Zaniolo e la crescita di Lorenzo Pellegrini, ripartirà dalla panchina. E sarà l'ultima sfida.
7) Radja Nainggolan
Quelle «due o tre cose» che ha in testa e mette davanti al calcio (parole di Spalletti) hanno trasformato un guerriero in un furiere. Non ancora in un fantasma, perché lui è sempre molto visibile: infatti si preoccupa di farsi fotografare su Instagram in discoteca, con un mastello di birra in mano, accanto a floride figliole, con auto da Fast and furious sullo sfondo. Le due o tre cose. È la metamorfosi kafkiana di Nainggolan, fortemente voluto dall'allenatore dell'Inter per mettere una tigre nel motore e scambiato con Zaniolo (miglior prospetto giovane del vivaio) più Davide Santon e 24 milioni. Per ora è il flop dell'anno e non è escluso che (dopo gli affari Gabigol e Joao Mario, quest'ultimo comunque in pieno rilancio) la famiglia Zhang abbia accelerato l'ingaggio di Beppe Marotta per chiudere definitivamente la stagione delle bufale.
8) Sergej Milinkovic-Savic
Il principe si è svegliato, si è stiracchiato, ha fatto gol al Cagliari il 23 dicembre e si è attovagliato per Natale. La Lazio esulta, ma nessuno si può dimenticare che il principe aveva dormito 4 mesi, lontano parente di quel fuoriclasse arrivato in estate a valere 120 milioni di euro, prezzo fatto da Claudio Lotito e sognato da Lotito nel mercato ideale di Lotito. Già al Mondiale di Russia, in una squadra sgangherata, Sergej aveva deluso. Ma il peggio è arrivato in autunno quando il leader naturale delle Aquile sembrava un piccione, frastornato e contrariato perché gli avversari osavano non fargli vedere palla. Problemi di crescita, bravo Simone Inzaghi ad aspettarlo. Se Milinkovic-Savic torna quello dell'anno scorso nulla è perduto, neppure il posto in Champions e i 120 milioni.
9) Gonzalo Higuain
Vederlo triste solitario y final a caccia di ogni pallone come un Domenico Berardi qualunque mette tristezza. Higuain non merita d'essere scambiato per un ballerino di fila, ma in questa strana stagione milanista il suo destino sembra quello di Amleto: una professionalità indiscutibile, guizzi da fuoriclasse qual è, ma solo 6 gol come Marco Benassi e Andrea Petagna mentre CR7 ne ha segnati più del doppio. E la consapevolezza che dialogare con atipici tarantolati come Suso e Hakan Calhanoglu non sarà mai semplice. Il Pipita ha pagato il cambio di maglia, potrebbe perfino essere un balzello fisiologico. Se il Milan ritrova le giuste armonie, ritroverà automaticamente uno dei più decisivi attaccanti dell'ultimo decennio.
10) Patrik Schick
Lo stiamo aspettando da due stagioni. Pazienti, fiduciosi, consapevoli come Di Francesco che potrebbe davvero essere il nuovo Robert Lewandowski, ma anche uno dei tanti che passano e non lasciano traccia per mancanza di furore interiore. Sembrava compresso dalle sue paure, poi dal sistema tattico della Roma, infine dalla personalità di Edin Dzeko. Ma l'infortunio del centravanti titolare e la crescita della squadra gli hanno tolto gli alibi; se non decolla (e non sta decollando) sono problemi. Peccato perché i mesi alla Samp ci avevano mostrato un attaccante formidabile, che oggi per ritrovare le motivazioni si è affidato a un mental coach. Peraltro ha solo 22 anni e tutto il tempo per esplodere.
11) Douglas Costa
Uno sputo e via, scomparso fra le righe verticali della maglia come se fossero sbarre da carcerato d'oro. Dopo lo sgradevole episodio col Sassuolo e una fastidiosa serie di infortuni, il brasiliano della Juve è scivolato in fondo alla lista degli attaccanti a disposizione di Allegri. Formidabile per talento e fantasia, non è fatto per allargare i gomiti a caccia di 30 minuti di partita, ma per essere protagonista. Il suo destino dipende dalla prossima primavera: o trova spazio e ritrova il sorriso, oppure sarà difficile respingere il Manchester United, che offre 70 milioni al club e uno stipendio da urlo a lui.
Note di demerito
Giovanni Simeone è il grande assente nella Fiorentina che cerca soddisfazioni sulla strada dell'Europa. Più che nei gol (finora 4) il figlio del Cholo manca in quel lavoro di sponde e raddoppi, specialità della casa nella scorsa stagione e preziosissimo apporto alla causa viola. Meno lucido e ormai più conosciuto dagli avversari, è in palese involuzione, speriamo passeggera. Come lui, fatica a tornare su sontuosi livelli il Gallo Andrea Belotti, molto frenato dagli infortuni, alla ricerca (ormai lunga come una traversata del deserto) della condizione ideale per essere di nuovo devastante.
Allenatore: Giampiero Ventura
Difficile trovarne un altro per la squadra dei flop, anche se umanamente spiace. Quattro partite sulla panchina del Chievo nel tentativo disperato di far dimenticare la Svezia, quattro sconfitte e dimissioni. Come per Mondino Fabbri (ct del disastro con la Corea), certe catastrofi sono così grandi da trasformarsi in mausolei.
I TOP
1) Ionut Radu
In una stagione fin qui senza squadre catenacciare in giro (diversa la musica da febbraio quando chi non fa punti è perduto), non si sono visti portieri imbattibili o stressati. Tutti, anche i più forti, hanno un punto debole: Robin Olsen non sicurissimo fra i pali, Samir Handanovic da infarto in uscita, Alex Meret preda di qualche peccato di gioventù. E allora il più interessante del momento diventa Radu, il portierino del Genoa in prestito dall'Inter, che nell'infernale girone d'andata del Grifone (tre allenatori, sbandamenti da brivido) ha mostrato guantoni grandi e solidi.
2) Joao Cancelo
Già lo scorso anno aveva stupito per genialità e intelligenza. Prelevato come da tradizione da una rivale per indebolirla (scientifica strategia bianconera), il portoghese della Juventus è padrone assoluto della fascia. E non ci sta da terzino, bensì da regista aggiunto, in grado di dettare i tempi e imbucare come un rifinitore. Se attaccato da un'ala tosta (Chiesa, Politano) va in crisi, ma Max Allegri sa come farlo aiutare dai suoi corazzieri centrali. Infortunato, tornerà per le partite chiave in Champions League.
3) Kalidou Koulibaly
Lo scandalo di fine anno ha sancito la classe superiore di questo grande centrale di difesa, che come si diceva ai tempi di Franco Baresi e Gaetano Scirea, fa reparto da solo. Quei buuu partiti a San Siro dalle bocche di gente misera e sportivamente terrorizzata, volevano fiaccarlo, svuotarlo psicologicamente. Koulibaly è l'oro di Napoli, un Bonucci con 5 anni di meno, più forte sull'uomo anche se meno strategico nell'impostare. Nel suo ruolo, nessuno in Europa è decisivo quanto lui.
4) Milan Skriniar
Il centrale slovacco dell'Inter si sta confermando una roccia: ha 23 anni, un futuro da superstar e presto un contratto da top player visto che per rimanere a Milano ha chiesto un ritocco a 4 milioni di euro a stagione. Denaro che Manchester United e Barcellona gli darebbero senza problemi. Comprato per 15 milioni due estati fa dall'Inter, oggi ne vale 80. Fortissimo nelle chiusure e nel presidiare l'area, sta mostrando un punto debole inatteso: nelle uscite palla al piede sembra Lucio, se perde il passo sono guai. Limitarsi, please.
5) Gianluca Mancini
Dalla rosa dell'Atalanta escono difensori centrali fenomeni come da un supermercato. Dopo Mattia Caldara e Alessandro Bastoni, ecco Mancini, 21 anni, toscano, corazziere, che l'estate prossima sarà al centro di un'asta con 25 milioni come base di partenza per la felicità del presidente Antonio Percassi davanti a ragazzini molto più forti in area di quanto non fosse lui quando giocava. Prelevato dal Perugia, ha come idolo Marco Materazzi, è l'ideale per una difesa a tre a fa pure gol (sinora 4). Anche Giorgio Chiellini (33 anni) sta facendo un campionato sublime, confermandosi insuperabile, ma in prospettiva un millennial affascina di più.
6) Hamed Traorè
È il ragazzino del momento, quattro mesi in serie A nell'Empoli per entusiasmare gli osservatori delle grandi. A 20 anni il centrocampista della Costa d'Avorio ha classe, polmoni e carattere; combatte come Nicolò Barella e sa dettare i tempi come il primo Andrea Pirlo. Deve ovviamente crescere in esperienza e passo, ma la stoffa è cachemire e la prospettiva è da tuttocampista, quel giocatore universale che puoi mettere sulla fascia quando ti serve un uomo in più che sappia interdire e pensare. Come in questo caso.
7) Miralem Pjanic
Il metronomo della Juventus, unico nel suo genere, così inimitabile che Allegri se lo porterebbe a casa tutte le sere per non farselo rubare. E nel frattempo lo circonda di grandi passisti per proteggerne i colpi di genio. L'ultimo in ordine di tempo sarà Aaron Ramsey, in uscita dall'Arsenal, pronto a cantare in un coro impareggiabile con Emre Can, Blaise Matuidi (vecchietto), Sami Khedira (vecchietto) e Rodrigo Bentancur. Nessuno in Europa ha a disposizione una simile potenza di fuoco, figuriamoci in Italia dove almeno metà delle squadre del campionato più scontato del pianeta saranno doppiate dai cannibali di Torino.
8) Allan
Una conferma non scontata, un centrocampista con una marcia in più che nell'ultimo anno di Maurizio Sarri aveva mostrato una marcia in meno. Rinato con Carlo Ancelotti, Allan Marques Loureiro è mister Wolf che risolve ogni problema ai compagni mettendoli nella condizione ideale di giocare una palla perfetta. Peccato che in questa prima fase di stagione Lorenzo Insigne lo abbia assecondato poco. Lo vuole a tutti i costi il Psg per sostituire Adrien Rabiot in uscita verso Barcellona, ma Aurelio De Laurentiis sembra pronto a rinunciare a 70 milioni pur di vincere qualcosa. Sembra.
9) Federico Chiesa
L'uomo del destino, il prossimo oggetto del desiderio dei top club. Si sta confermando sui livelli stellari della scorsa stagione, imperversa sulla fascia, segna, dispensa assist e sta anche imparando a raddoppiare in fase difensiva. A 21 anni è un barbaro sognante anche perché gioca 90 minuti a settimana, a differenza per esempio di Federico Bernardeschi (il pensiero arriva lì per associazione di idee color viola) che cresce come le piante, vale a dire da fermo in panchina alla Juventus. Se limita i tuffi in area alla Inzaghi senior, Chiesa è un grande calciatore.
10) Cristiano Ronaldo
Basterebbe il nome, tutto il resto è inutile. È arrivato in elicottero, gioca in elicottero, riparte in elicottero. È un extraterrestre che ha impiegato una ventina di secondi a capire il campionato italiano, a differenza di Michel Platini che impiegò una stagione. È capocannoniere (14 reti), gioca a memoria con i compagni, ha una consapevolezza di superiorità che annichilisce gli avversari. A 33 anni basta e avanza. Al suo posto nella squadra ideale starebbero divinamente anche Mario Mandzukic (che a differenza di Paulo Dybala non ha sofferto un'unghia per l'arrivo dell'alieno) e Mauro Icardi. Quest'ultimo ogni anno più forte e più determinante. Con un unico difetto, la moglie.
11) Krzysztof Piatek
Di qui non lo sposta nessuno, l'incoronazione se l'è meritata fino in fondo perché ad agosto era solo un cognome su Wikipedia. Uscito dal cappello a cilindro di Enrico Preziosi (che lo ingaggiò dopo aver visto un suo filmato mentre stappava bollicine ghiacciate a Ibiza), Piatek è un giovane centravanti all'antica: scatto breve, tiro imparabile e la devastante capacità di intuire l'ultimo rimpallo. Tredici gol, uno meno di CR7, roba folle. Come è stupendamente folle la stagione di Fabio Quagliarella, dirimpettaio alla Sampdoria, che a 35 anni ne ha segnati 12 facendo impazzire di punta e di tacco le difese più attrezzate.
Note di merito
Christian Kouamé, nidiata Costa d'Avorio, 21 anni, l'uomo che innesca Piatek al Genoa fino a qualche mese fa giocava nel Cittadella in serie B. Radiomercato sostiene che in queste ore è stato ceduto al Napoli per 28 milioni, ma che è destinato a giocare a Marassi sino a fine stagione. Ha il passo di Paul Pogba, fa svanire la palla fra i piedi, gioca a testa alta. Se mantiene metà di ciò che promette è un ottimo giocatore.
Rodrigo De Paul è una delle poche soddisfazioni dell'Udinese in questa balbettante stagione. L'argentino, che lo scorso anno aveva segnato 4 gol, a metà di questo è già a 6. In grado di giocare rifinitore o seconda punta, è il classico attaccante che apre gli spazi e in contropiede trasforma il campo in prateria. La sua qualità sarà decisiva nella corsa verso la salvezza.
Nicolò Zaniolo è il teenager italiano (19 anni) del momento. Per tre motivi: è un centrocampista dai piedi divini, ha trovato posto nella Roma dopo essere stato convocato in nazionale (di solito accade il contrario), è arrivato nella capitale dall'Inter in quello che finora è stato lo scambio di mercato più delirante del decennio. Sbertucciato sui giornali dai campioni del mercante in fiera come plusvalenza ambulante, doveva essere un incentivo nerazzurro per ottenere Radja Nainggolan, il ninja che fa la differenza in discoteca. Invece la sta facendo lui in campo. Per ora non serve altro.
Allenatore: Carlo Ancelotti
È il tecnico ideale per allenare questa squadra con un mix di uomini di classe, uomini da corsa, giovani ruggenti e un fenomeno. Il Carlo Nazionale sta facendo bene a Napoli e ha allestito un gruppo in grado di arrivare fino in fondo all'Europa League. Bene, ma non benissimo, perché l'eliminazione dalla Champions resta una macchia e quelle tre sconfitte in campionato (Juve, Samp, Inter) parlano di una squadra in affanno contro avversarie di grinta e fisicità. Il saldo rimane comunque positivo e Ancelotti passeggia in via Caracciolo come una mozzarella. In carrozza.
Continua a leggereRiduci
Un pallone fermo trasmette sempre tristezza, perciò durante la sosta di campionato «La Verità» disegna due formazioni immaginarie per continuare a giocare: i peggiori e i migliori fino a oggi. Fra i dominatori della stagione, guidati da un incontenibile CR7, si celano anche giovani sorprese e graditi ritorni. Ma non è escluso che, da qui a maggio, pure qualche bidone trovi nuovo smalto.<div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-peggio-e-il-meglio-della-serie-a-2625130027.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-flop" data-post-id="2625130027" data-published-at="1765871020" data-use-pagination="False"> I FLOP 1) Gigi DonnarummaIl portiere del Milan farà in tempo a diventare il migliore del mondo, ma per ora (nonostante il marketing di Gennaro Gattuso e Mino Raiola) non lo è. Fortissimo sull'istinto, è ancora fragile quando deve ragionare e non trasferisce alla difesa quell'autorevolezza tranquilla, indispensabile per compiere capolavori. Alterna paratone a errori che lasciano perplessi. Nella fase ascendente della stagione sta qui anche perché paga il blackout nell'ultimo minuto del derby: quel cross di Matias Vecino partito da Abbiategrasso non sarebbe mai dovuto arrivare sulla testa di Mauro Icardi e costringere Mauro Suma (voce storica del Milan) ad ammettere «voglio morire in questo momento». Sono crudeltà.2) Sime VrsaljkoDoveva essere il sostituto di Cancelo, per ora è la riserva di Danilo D'Ambrosio. Arrivato dall'Atletico Madrid come una soluzione, per ora il croato è un problema per Luciano Spalletti, che non lo ha mai visto supportare Matteo Politano come ci si aspetterebbe. Pochi cross, il compitino in difesa, fermo ai box al primo raffreddore. All'Inter serve altro. Nella stessa barca c'è Darijo Srna. Il Cagliari potrebbe essere costretto (ragioni di bilancio) a mettere sul mercato il terzino croato, che dopo una partenza folgorante sta svernando sull'isola. È un signore, ha esperienza da vendere (a 36 anni ci mancherebbe) e alcuni gol di Leonardo Pavoletti sono arrivati da suoi cross radiocomandati. Ma per salvarsi, i sardi avrebbero più bisogno della follia muscolare della gioventù.3) Raul AlbiolUn paracarro di lusso, salvato da un impianto difensivo collaudato e da quel fenomeno vivente di Koulibaly. Ma se il Napoli in Europa ha quasi sempre preso un gol di troppo e in campionato non ha mai chiuso a tre mandate l'area di rigore, la colpa è anche del centrale spagnolo di 33 anni non più all'altezza della sua fama. Soffre gli attaccanti rapidi, fatica a contenere a sportellate quelli fisici. Anche se di testa è ancora decisivo, il suo tramonto sul golfo sembra cominciato.4) Federico FazioEusebio Di Francesco era convinto che lo standard del centrale argentino fosse quello dello scorso anno. Si sbagliava come tutti; in questi ultimi mesi del 2018 il Comandante ha perso i gradi. E se a guidare la difesa della Roma non ci fosse Kostas Manolas, i guai sarebbero anche più numerosi. Di Fazio avevamo ammirato autorevolezza, strapotere fisico e una musica interiore nel dettare i tempi di uscita del reparto. Difficile confermarsi sui livelli che avevano portato la Roma alla semifinale di Champions. E infatti lui oggi - nonostante abbia come icona Walter Samuel - è tutt'altro che un muro.5) Tiémoué BakayokoArrivato in prestito dal Chelsea per 5 milioni e riscattabile con altri 35, il medianone del Milan era partito malissimo. Sembrava il classico oggetto misterioso, come Geoffrey Kondogbia nel primo anno all'Inter. Poi ha cominciato a risalire la china, è stato il migliore in campo con Parma e Spal, ora sembra che Leonardo voglia provare a trattare per tenerlo senza svenarsi e senza irritare l'Uefa. La posizione alla Marcel Desailly davanti alla difesa è quella dove il francese rende di più. La seconda parte della stagione di Bakayoko potrebbe dargli ragione, di sicuro la prima (quella caratterizzata da un'altalena di risultati in campionato e la cacciata dall'Europa) è stata deficitaria, dispersiva, da costoso comprimario che vaga per San Siro alla ricerca di una via d'uscita. Può solo migliorare, anzi deve solo migliorare.6) Javier PastorePiù è pesante il nome, più sono alte le aspettative, più è penetrante il sibilo del soggetto in caduta. Commento a Trastevere: «È un ex giocatore». In realtà El Flaco ha ancora la testa con le bollicine e il tocco magico, ma quel polpaccio sfilacciato che lo tormenta ne sta affrettando il declino. Proprio per questo a Parigi lo chiamavano Uomo di Vetro e lo hanno lasciato andare. A Roma ha giocato la metà delle partite possibili, quasi mai ha inciso, è volato in Cina per guarire, ha inviato tweet malinconici del tipo: «Quanti ostacoli. Ma ci vediamo presto». L'argentino non ha ancora 30 anni, potrebbe essere decisivo in Italia e in Europa, ma l'orizzonte è grigio. Alla ripresa, con l'esplosione di Nicolò Zaniolo e la crescita di Lorenzo Pellegrini, ripartirà dalla panchina. E sarà l'ultima sfida.7) Radja NainggolanQuelle «due o tre cose» che ha in testa e mette davanti al calcio (parole di Spalletti) hanno trasformato un guerriero in un furiere. Non ancora in un fantasma, perché lui è sempre molto visibile: infatti si preoccupa di farsi fotografare su Instagram in discoteca, con un mastello di birra in mano, accanto a floride figliole, con auto da Fast and furious sullo sfondo. Le due o tre cose. È la metamorfosi kafkiana di Nainggolan, fortemente voluto dall'allenatore dell'Inter per mettere una tigre nel motore e scambiato con Zaniolo (miglior prospetto giovane del vivaio) più Davide Santon e 24 milioni. Per ora è il flop dell'anno e non è escluso che (dopo gli affari Gabigol e Joao Mario, quest'ultimo comunque in pieno rilancio) la famiglia Zhang abbia accelerato l'ingaggio di Beppe Marotta per chiudere definitivamente la stagione delle bufale.8) Sergej Milinkovic-SavicIl principe si è svegliato, si è stiracchiato, ha fatto gol al Cagliari il 23 dicembre e si è attovagliato per Natale. La Lazio esulta, ma nessuno si può dimenticare che il principe aveva dormito 4 mesi, lontano parente di quel fuoriclasse arrivato in estate a valere 120 milioni di euro, prezzo fatto da Claudio Lotito e sognato da Lotito nel mercato ideale di Lotito. Già al Mondiale di Russia, in una squadra sgangherata, Sergej aveva deluso. Ma il peggio è arrivato in autunno quando il leader naturale delle Aquile sembrava un piccione, frastornato e contrariato perché gli avversari osavano non fargli vedere palla. Problemi di crescita, bravo Simone Inzaghi ad aspettarlo. Se Milinkovic-Savic torna quello dell'anno scorso nulla è perduto, neppure il posto in Champions e i 120 milioni.9) Gonzalo HiguainVederlo triste solitario y final a caccia di ogni pallone come un Domenico Berardi qualunque mette tristezza. Higuain non merita d'essere scambiato per un ballerino di fila, ma in questa strana stagione milanista il suo destino sembra quello di Amleto: una professionalità indiscutibile, guizzi da fuoriclasse qual è, ma solo 6 gol come Marco Benassi e Andrea Petagna mentre CR7 ne ha segnati più del doppio. E la consapevolezza che dialogare con atipici tarantolati come Suso e Hakan Calhanoglu non sarà mai semplice. Il Pipita ha pagato il cambio di maglia, potrebbe perfino essere un balzello fisiologico. Se il Milan ritrova le giuste armonie, ritroverà automaticamente uno dei più decisivi attaccanti dell'ultimo decennio.10) Patrik SchickLo stiamo aspettando da due stagioni. Pazienti, fiduciosi, consapevoli come Di Francesco che potrebbe davvero essere il nuovo Robert Lewandowski, ma anche uno dei tanti che passano e non lasciano traccia per mancanza di furore interiore. Sembrava compresso dalle sue paure, poi dal sistema tattico della Roma, infine dalla personalità di Edin Dzeko. Ma l'infortunio del centravanti titolare e la crescita della squadra gli hanno tolto gli alibi; se non decolla (e non sta decollando) sono problemi. Peccato perché i mesi alla Samp ci avevano mostrato un attaccante formidabile, che oggi per ritrovare le motivazioni si è affidato a un mental coach. Peraltro ha solo 22 anni e tutto il tempo per esplodere.11) Douglas CostaUno sputo e via, scomparso fra le righe verticali della maglia come se fossero sbarre da carcerato d'oro. Dopo lo sgradevole episodio col Sassuolo e una fastidiosa serie di infortuni, il brasiliano della Juve è scivolato in fondo alla lista degli attaccanti a disposizione di Allegri. Formidabile per talento e fantasia, non è fatto per allargare i gomiti a caccia di 30 minuti di partita, ma per essere protagonista. Il suo destino dipende dalla prossima primavera: o trova spazio e ritrova il sorriso, oppure sarà difficile respingere il Manchester United, che offre 70 milioni al club e uno stipendio da urlo a lui.Note di demeritoGiovanni Simeone è il grande assente nella Fiorentina che cerca soddisfazioni sulla strada dell'Europa. Più che nei gol (finora 4) il figlio del Cholo manca in quel lavoro di sponde e raddoppi, specialità della casa nella scorsa stagione e preziosissimo apporto alla causa viola. Meno lucido e ormai più conosciuto dagli avversari, è in palese involuzione, speriamo passeggera. Come lui, fatica a tornare su sontuosi livelli il Gallo Andrea Belotti, molto frenato dagli infortuni, alla ricerca (ormai lunga come una traversata del deserto) della condizione ideale per essere di nuovo devastante.Allenatore: Giampiero VenturaDifficile trovarne un altro per la squadra dei flop, anche se umanamente spiace. Quattro partite sulla panchina del Chievo nel tentativo disperato di far dimenticare la Svezia, quattro sconfitte e dimissioni. Come per Mondino Fabbri (ct del disastro con la Corea), certe catastrofi sono così grandi da trasformarsi in mausolei. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-peggio-e-il-meglio-della-serie-a-2625130027.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="i-top" data-post-id="2625130027" data-published-at="1765871020" data-use-pagination="False"> I TOP 1) Ionut RaduIn una stagione fin qui senza squadre catenacciare in giro (diversa la musica da febbraio quando chi non fa punti è perduto), non si sono visti portieri imbattibili o stressati. Tutti, anche i più forti, hanno un punto debole: Robin Olsen non sicurissimo fra i pali, Samir Handanovic da infarto in uscita, Alex Meret preda di qualche peccato di gioventù. E allora il più interessante del momento diventa Radu, il portierino del Genoa in prestito dall'Inter, che nell'infernale girone d'andata del Grifone (tre allenatori, sbandamenti da brivido) ha mostrato guantoni grandi e solidi.2) Joao CanceloGià lo scorso anno aveva stupito per genialità e intelligenza. Prelevato come da tradizione da una rivale per indebolirla (scientifica strategia bianconera), il portoghese della Juventus è padrone assoluto della fascia. E non ci sta da terzino, bensì da regista aggiunto, in grado di dettare i tempi e imbucare come un rifinitore. Se attaccato da un'ala tosta (Chiesa, Politano) va in crisi, ma Max Allegri sa come farlo aiutare dai suoi corazzieri centrali. Infortunato, tornerà per le partite chiave in Champions League.3) Kalidou KoulibalyLo scandalo di fine anno ha sancito la classe superiore di questo grande centrale di difesa, che come si diceva ai tempi di Franco Baresi e Gaetano Scirea, fa reparto da solo. Quei buuu partiti a San Siro dalle bocche di gente misera e sportivamente terrorizzata, volevano fiaccarlo, svuotarlo psicologicamente. Koulibaly è l'oro di Napoli, un Bonucci con 5 anni di meno, più forte sull'uomo anche se meno strategico nell'impostare. Nel suo ruolo, nessuno in Europa è decisivo quanto lui.4) Milan SkriniarIl centrale slovacco dell'Inter si sta confermando una roccia: ha 23 anni, un futuro da superstar e presto un contratto da top player visto che per rimanere a Milano ha chiesto un ritocco a 4 milioni di euro a stagione. Denaro che Manchester United e Barcellona gli darebbero senza problemi. Comprato per 15 milioni due estati fa dall'Inter, oggi ne vale 80. Fortissimo nelle chiusure e nel presidiare l'area, sta mostrando un punto debole inatteso: nelle uscite palla al piede sembra Lucio, se perde il passo sono guai. Limitarsi, please.5) Gianluca ManciniDalla rosa dell'Atalanta escono difensori centrali fenomeni come da un supermercato. Dopo Mattia Caldara e Alessandro Bastoni, ecco Mancini, 21 anni, toscano, corazziere, che l'estate prossima sarà al centro di un'asta con 25 milioni come base di partenza per la felicità del presidente Antonio Percassi davanti a ragazzini molto più forti in area di quanto non fosse lui quando giocava. Prelevato dal Perugia, ha come idolo Marco Materazzi, è l'ideale per una difesa a tre a fa pure gol (sinora 4). Anche Giorgio Chiellini (33 anni) sta facendo un campionato sublime, confermandosi insuperabile, ma in prospettiva un millennial affascina di più.6) Hamed TraorèÈ il ragazzino del momento, quattro mesi in serie A nell'Empoli per entusiasmare gli osservatori delle grandi. A 20 anni il centrocampista della Costa d'Avorio ha classe, polmoni e carattere; combatte come Nicolò Barella e sa dettare i tempi come il primo Andrea Pirlo. Deve ovviamente crescere in esperienza e passo, ma la stoffa è cachemire e la prospettiva è da tuttocampista, quel giocatore universale che puoi mettere sulla fascia quando ti serve un uomo in più che sappia interdire e pensare. Come in questo caso.7) Miralem PjanicIl metronomo della Juventus, unico nel suo genere, così inimitabile che Allegri se lo porterebbe a casa tutte le sere per non farselo rubare. E nel frattempo lo circonda di grandi passisti per proteggerne i colpi di genio. L'ultimo in ordine di tempo sarà Aaron Ramsey, in uscita dall'Arsenal, pronto a cantare in un coro impareggiabile con Emre Can, Blaise Matuidi (vecchietto), Sami Khedira (vecchietto) e Rodrigo Bentancur. Nessuno in Europa ha a disposizione una simile potenza di fuoco, figuriamoci in Italia dove almeno metà delle squadre del campionato più scontato del pianeta saranno doppiate dai cannibali di Torino.8) AllanUna conferma non scontata, un centrocampista con una marcia in più che nell'ultimo anno di Maurizio Sarri aveva mostrato una marcia in meno. Rinato con Carlo Ancelotti, Allan Marques Loureiro è mister Wolf che risolve ogni problema ai compagni mettendoli nella condizione ideale di giocare una palla perfetta. Peccato che in questa prima fase di stagione Lorenzo Insigne lo abbia assecondato poco. Lo vuole a tutti i costi il Psg per sostituire Adrien Rabiot in uscita verso Barcellona, ma Aurelio De Laurentiis sembra pronto a rinunciare a 70 milioni pur di vincere qualcosa. Sembra.9) Federico ChiesaL'uomo del destino, il prossimo oggetto del desiderio dei top club. Si sta confermando sui livelli stellari della scorsa stagione, imperversa sulla fascia, segna, dispensa assist e sta anche imparando a raddoppiare in fase difensiva. A 21 anni è un barbaro sognante anche perché gioca 90 minuti a settimana, a differenza per esempio di Federico Bernardeschi (il pensiero arriva lì per associazione di idee color viola) che cresce come le piante, vale a dire da fermo in panchina alla Juventus. Se limita i tuffi in area alla Inzaghi senior, Chiesa è un grande calciatore.10) Cristiano RonaldoBasterebbe il nome, tutto il resto è inutile. È arrivato in elicottero, gioca in elicottero, riparte in elicottero. È un extraterrestre che ha impiegato una ventina di secondi a capire il campionato italiano, a differenza di Michel Platini che impiegò una stagione. È capocannoniere (14 reti), gioca a memoria con i compagni, ha una consapevolezza di superiorità che annichilisce gli avversari. A 33 anni basta e avanza. Al suo posto nella squadra ideale starebbero divinamente anche Mario Mandzukic (che a differenza di Paulo Dybala non ha sofferto un'unghia per l'arrivo dell'alieno) e Mauro Icardi. Quest'ultimo ogni anno più forte e più determinante. Con un unico difetto, la moglie.11) Krzysztof PiatekDi qui non lo sposta nessuno, l'incoronazione se l'è meritata fino in fondo perché ad agosto era solo un cognome su Wikipedia. Uscito dal cappello a cilindro di Enrico Preziosi (che lo ingaggiò dopo aver visto un suo filmato mentre stappava bollicine ghiacciate a Ibiza), Piatek è un giovane centravanti all'antica: scatto breve, tiro imparabile e la devastante capacità di intuire l'ultimo rimpallo. Tredici gol, uno meno di CR7, roba folle. Come è stupendamente folle la stagione di Fabio Quagliarella, dirimpettaio alla Sampdoria, che a 35 anni ne ha segnati 12 facendo impazzire di punta e di tacco le difese più attrezzate.Note di meritoChristian Kouamé, nidiata Costa d'Avorio, 21 anni, l'uomo che innesca Piatek al Genoa fino a qualche mese fa giocava nel Cittadella in serie B. Radiomercato sostiene che in queste ore è stato ceduto al Napoli per 28 milioni, ma che è destinato a giocare a Marassi sino a fine stagione. Ha il passo di Paul Pogba, fa svanire la palla fra i piedi, gioca a testa alta. Se mantiene metà di ciò che promette è un ottimo giocatore.Rodrigo De Paul è una delle poche soddisfazioni dell'Udinese in questa balbettante stagione. L'argentino, che lo scorso anno aveva segnato 4 gol, a metà di questo è già a 6. In grado di giocare rifinitore o seconda punta, è il classico attaccante che apre gli spazi e in contropiede trasforma il campo in prateria. La sua qualità sarà decisiva nella corsa verso la salvezza.Nicolò Zaniolo è il teenager italiano (19 anni) del momento. Per tre motivi: è un centrocampista dai piedi divini, ha trovato posto nella Roma dopo essere stato convocato in nazionale (di solito accade il contrario), è arrivato nella capitale dall'Inter in quello che finora è stato lo scambio di mercato più delirante del decennio. Sbertucciato sui giornali dai campioni del mercante in fiera come plusvalenza ambulante, doveva essere un incentivo nerazzurro per ottenere Radja Nainggolan, il ninja che fa la differenza in discoteca. Invece la sta facendo lui in campo. Per ora non serve altro.Allenatore: Carlo AncelottiÈ il tecnico ideale per allenare questa squadra con un mix di uomini di classe, uomini da corsa, giovani ruggenti e un fenomeno. Il Carlo Nazionale sta facendo bene a Napoli e ha allestito un gruppo in grado di arrivare fino in fondo all'Europa League. Bene, ma non benissimo, perché l'eliminazione dalla Champions resta una macchia e quelle tre sconfitte in campionato (Juve, Samp, Inter) parlano di una squadra in affanno contro avversarie di grinta e fisicità. Il saldo rimane comunque positivo e Ancelotti passeggia in via Caracciolo come una mozzarella. In carrozza.
Ansa
L’ordinanza, firmata dal giudice Ludovico Morello, dispone «la cessazione del trattenimento» nel Cpr, smentendo la convalida già emessa dalla stessa Corte e arrivando a smontarla, senza che nel frattempo sia accaduto nulla che non fosse già noto. E infatti gli uffici del ministero dell’Interno starebbero valutando di impugnare la decisione.
Il giudice, nella premessa, ricorda che il ricorso è ammesso «qualora si verifichino circostanze o emergano nuove informazioni che possano mettere in discussione la legittimità del trattenimento». Poi interpreta: «Seppure non possa parlarsi di revoca giurisdizionale della convalida, è da ritenere consentita comunque una domanda di riesame del trattenimento dello straniero e che, mancando una apposita disciplina normativa al riguardo, esso possa farsi valere con lo strumento generico del procedimento camerale […] per ottenere un diverso esame dei presupposti del trattenimento alla luce di circostanze di fatto nuove o non considerate nella sede della convalida». Alla base della decisione ci sarebbe quindi l’assenza «di un’apposita disciplina normativa». Ed ecco trovato il varco. Il primo elemento indicato riguarda i procedimenti penali richiamati nel decreto di convalida: uno, nato su segnalazione della Digos, per le parole pronunciate durante una manifestazione, il 9 ottobre, che sembravano giustificare il pogrom di Hamas del 7 ottobre 2023, il secondo per un blocco stradale risalente allo scorso maggio al quale l’imam avrebbe partecipato insieme a un gruppo pro Pal. Il giudice scrive che «gli atti relativi a tali procedimenti non risultano essere stati secretati» e che l’assenza di segreto era stata, «contrariamente a quanto si pensava in un primo momento», ignorata nella decisione precedente, che aveva valorizzato proprio quel presupposto «a supporto del giudizio di pericolosità». Il primo procedimento, secondo il giudice, sarebbe stato «immediatamente archiviato (in data 16 ottobre, ndr) da parte della stessa Procura», perché le dichiarazioni del trattenuto sarebbero «espressione di pensiero che non integra estremi di reato». Ma se l’archiviazione è del 16 ottobre e la convalida è del 28 novembre, il fatto non è sopravvenuto. È precedente. Eppure viene trattato come elemento nuovo.
Non solo. La Corte precisa, citando la Costituzione, che le dichiarazioni dell’imam sarebbero «pienamente lecite» e aggiunge che la «condivisibilità o meno e la loro censurabilità etica e morale» è un giudizio che «non compete in alcun modo» alla Corte e «non può incidere di per sé solo sul giudizio di pericolosità in uno Stato di diritto».
«Parliamo di una persona che ha definito l’attacco del 7 ottobre un atto di “resistenza”, negandone la violenza», ha commentato sui social il premier Giorgia Meloni, aggiungendo: «Dalle mie parti significa giustificare, se non istigare, il terrorismo. Qualcuno mi può spiegare come facciamo a difendere la sicurezza degli italiani se ogni iniziativa che va in questo senso viene sistematicamente annullata da alcuni giudici?». La stessa dinamica si ripete sul blocco stradale del 17 maggio 2025. La Corte afferma che «dall’esame degli atti emerge una condotta del trattenuto non connotata da alcuna violenza». Anche qui non viene indicato alcun fatto nuovo. Cambia solo il giudizio. Anche i contatti con soggetti indagati o condannati per terrorismo vengono ridimensionati. Nella precedente decisione a quelle relazioni era stato attribuito un certo peso specifico: «Nel marzo 2012 veniva fermato a Imperia insieme a Giuliano Ibrahim Del Nievo, trasferitosi quello stesso anno in Siria per unirsi alle formazioni jihadiste e morto in combattimento nel 2013». Nel 2018, in un’indagine su Elmahdi Halili (condannato nel 2019, con sentenza divenuta irrevocabile nel 2022, per aver partecipato all’organizzazione terroristica dello Stato islamico), «veniva registrata una conversazione in cui questi consigliava ad altro soggetto di rivolgersi a Shanin presso la moschea di Torino». Rapporti che ora diventano «isolati, decisamente datati» e «ampiamente spiegati e giustificati dal trattenuto nel corso della convalida». Spiegazioni che erano già state rese prima del 28 novembre, ma che allora non avevano impedito la convalida.
Nel decreto di Piantedosi, l’imam veniva indicato come un uomo «radicalizzato», «portatore di ideologia fondamentalista e antisemita». Ma, soprattutto, come vicino alla Fratellanza musulmana, movimento politico-religioso sunnita nato in Egitto nel 1928, che punta a costruire uno Stato ispirato alla legge islamica. Unico passaggio, quello sulla Fratellanza musulmana, al quale il giudice non fa cenno.
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Mohammad Shahin (Ansa)
Naturalmente non stupisce che la Corte d’Appello sia di manica larga con un imam che teorizza che l’assassinio di 1.200 persone e il rapimento di altre 250 non sia violenza. In fondo la sentenza si inserisce in una tendenza che nei tribunali italiani gode di una certa popolarità. Non furono ritenute incompatibili con il trattenimento nel Cpr in Albania anche decine di extracomunitari con la fedina penale lunga una spanna? Nonostante nel casellario giudiziale figurassero precedenti per reati anche gravi come aggressioni e perfino un tentato omicidio, i migranti furono prontamente rimpatriati e ovviamente lasciati liberi di scorrazzare per il Paese e di commettere altri crimini. Sia mai che qualcuno venga trattenuto e successivamente espulso.
Del resto, recentemente un altro magistrato, questa volta di Bologna, ha detto al Manifesto che le recenti disposizioni europee in materia di Paesi sicuri sono da ritenersi incostituzionali. Perché ovviamente per alcune toghe il diritto è à la carte, cioè si sceglie da un menù quello che più gusta. Se bisogna opporre un diniego alla legge varata dal Parlamento ci si appella alla giurisprudenza europea, che va da sé è preminente rispetto a quella nazionale. Ma se poi una direttiva Ue o del Consiglio europeo non piace si fa il contrario e ci si appella al diritto italiano, che in questo caso torna prevalente. Insomma, comunque vada il migrante ha sempre ragione e deve essere ritenuto discriminato e dunque coccolato e tutelato. Se un italiano inneggia al fascismo deve essere messo in galera, se un imam si dichiara d’accordo con una strage, non considerandola violenza ma resistenza invece scatta la libertà di espressione, quella stessa espressione che gli autori del massacro di Charlie Hebdo anni fa negarono ai vignettisti del settimanale francese, colpevoli di aver disegnato immagini sarcastiche sull’islam.
Purtroppo, la tendenza a giustificare tutto e dare addosso a chi denuncia i pericoli legati a un’immigrazione indiscriminata ormai dilaga. Ieri sulla prima pagina di Repubblica campeggiava uno studio in cui la questione che lega gli stranieri al crescente clima di insicurezza era addebitata ai media. Colpa di giornali e tv se si parla di migranti. «I picchi di informazione e audience sul pericolo stranieri avvengono nei periodi elettorali», tiene a precisare il quotidiano che la famiglia Agnelli ha messo in vendita. In realtà i picchi coincidono sempre con fatti di cronaca nera. Stragi, rapine, stupri: quei fatti che né i giudici, né alcuni giornali vogliono vedere.
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Sergio Mattarella (Ansa)
Dite che in tutto questo c’è qualcosa che non funziona? Forse non avete tutti i torti. Però è esattamente quello che è successo. Alla XVIII Conferenza delle ambasciatrici e degli ambasciatori, Mattarella si è lasciato possedere dallo spirito di Kaja Kallas e ha impugnato lo spadone: «Permane l’aggressione russa ai danni dell’Ucraina», ha detto, «con vittime e immani distruzioni, e con l’aberrante intendimento, malgrado gli sforzi negoziali in atto, di infrangere il principio del rifiuto di ridefinire con la forza gli equilibri e i confini in Europa. Infrangere questo principio è un’azione ritenuta irresponsabile e inammissibile già oltre cinquanta anni addietro nella Conferenza di Helsinki sulla cooperazione e sicurezza nel continente». Quindi anche il bombardamento di Belgrado era già un’azione «ritenuta irresponsabile e inammissibile»...
Ma il particolare non ha turbato l’uomo del Colle, che ha proseguito bellicoso: «Appare, a dir poco, singolare che, mentre si affacciano, in ambito internazionale, esperienze dirette a unire Stati e a coordinarne le aspirazioni e le attività, si assista a una disordinata e ingiustificata aggressione nei confronti dell’Unione europea, alterando la verità e presentandola, anziché come una delle esperienze storiche di successo per la democrazia e i diritti dei popoli, sviluppatasi anche con la condivisione e l’apprezzamento dell’intero Occidente, come una organizzazione oppressiva se non addirittura nemica della libertà». Oplà: sistemati anche i nemici della meravigliosa e infallibile Unione europea «apprezzata dall’intero Occidente». Intero. E pazienza se anche alcuni scudieri del sovrano del Quirinale, segnatamente Enrico Letta e Mario Draghi, si sono recentemente azzardati a criticare anche aspramente l’architettura parasovietica allestita a Bruxelles. Per Mattarella è l’ora delle decisioni irrevocabili: «È evidente che è in atto un’operazione, diretta contro il campo occidentale, che vorrebbe allontanare le democrazie dai propri valori, separando i destini delle diverse nazioni. Non è possibile distrarsi e non sono consentiti errori».
Ecco, non sono consentiti errori. E allora perché, proprio mentre si tratta a Berlino, il presidente della Repubblica compie un’invasione di campo così clamorosa? Come mai è tanto ansioso di metterci in rotta di collisione con la Russia da superare in oltranzismo i Volenterosi e persino lo stesso Zelensky, ormai pragmaticamente orientato a discutere per evitare la catastrofe finale al suo popolo stremato? Che cosa hanno in testa Mattarella e il suo consigliere Francesco Saverio Garofani, che siede ancora con lui (e con Giorgia Meloni) nel Consiglio supremo di Difesa malgrado le imbarazzanti frasi, rivelate dalla Verità, su «provvidenziali scossoni» per impedire alla stessa leader di Fratelli d’Italia di rivincere le elezioni e, orrore, magari insediare qualcuno non di sinistra sul Colle più alto di Roma?
Il Quirinale, con la docile stampa al seguito, si è affrettato a far calare una cappa di silenzio su quella voce dal sen fuggita che rivelava desideri e trame di chi sussurra all’orecchio di Mattarella. Ma ora è il capo dello Stato in persona a uscire allo scoperto. È lui a dare sulla voce al premier, che pochi giorni fa, accogliendolo a Roma, ha parlato a Zelensky della necessità di fare «dolorose concessioni». È lui a dare una linea alternativa (anche al sé stesso più giovane) in politica estera, esondando dalle sue funzioni. Ennesima dimostrazione che l’opposizione vera a questo governo si fa sul Colle. E che forse Garofani non esprimeva solo considerazioni personali.
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