
Il dem Michele Anzaldi chiede di sanzionare il Tg2 per aver mostrato la maglietta. E il Comune emiliano annuncia azioni legali.Una volta i politici usavano le agenzie di stampa, adesso ti mandano direttamente gli agenti di polizia. O, almeno, così sembra volersi comportare il Partito democratico, che ha sostituito i comunicati con le querele. Secondo gli augusti progressisti, chiunque osi solo nominare la parola «Bibbiano» merita una denuncia. Se ben ricordate, aveva cominciato il segretario Nicola Zingaretti, spiegando che avrebbe messo in campo una squadra di avvocati pronta a zittire chiunque accostasse il suo partito ai fatti della Val d'Enza. Vari altri esponenti del partito, in seguito, hanno invitato i loro sostenitori a segnalare le persone contro cui avviare azioni legali. Ora, a poco più di due mesi dall'esplosione dell'inchiesta «Angeli e demoni», siamo giunti al puro delirio. Michele Anzaldi, deputato del Pd, ha inviato una lettera esposto all'Autorità garante per le comunicazioni con tesi al limite della follia. Lo zelante democratico si è risentito perché «nell'edizione delle 20.30 del Tg2 di venerdì 6 settembre è stata intervistata una madre che ha parlato della figlia data in affido su decisione della magistratura. Il caso è accaduto a Campobasso. Per tutta l'intervista, la signora ha indossato una maglietta con la scritta “Parlateci di Bibbiano!"».Insiste Anzaldi: «Si tratta dello slogan coniato dalla destra contro il Pd, utilizzato da militanti e dirigenti dei partiti di destra in tutta Italia contro il Pd, peraltro con risvolti diffamatori e calunniatori. È accettabile che un episodio del genere si verifichi, peraltro proprio in un telegiornale del servizio pubblico? Questa è informazione o propaganda?». Insomma, il nostro vorrebbe che nei telegiornali Rai non fossero più mostrare le magliette con la scritta «Parlateci di Bibbiano». Vuole imporre la mordacchia non solo ai politici, ma anche ai comuni cittadini. In particolare, se la prende con una madre a cui sono stati tolti i figli, dunque una persona che sta già soffrendo parecchio per i fatti suoi. Il Tg2 di Gennaro Sangiuliano non dovrebbe mostrare immagini di questo tipo? Non dovrebbe dare voce ai più deboli che vivono drammi come quelli riguardanti i bambini?Per altro, il Tg2 è uno dei pochissimi organi di informazione che si siano occupati del caso Bibbiano. Lo ha fatto anche il programma di Mario Giordano, Fuori dal coro, in prima serata su Rete 4, che giusto ieri ha raccontato ciò che accade a Verona, facendo parlare un'altra mamma a cui hanno strappato i bimbi. Se non ci fossero programmi del genere, in televisione la parola Bibbiano non si sentirebbe nemmeno nominare. Quanto alla carta stampata, l'unico giornale che abbia seguito nel dettaglio tutta la vicenda è quello che tenete fra le mani. Eppure il Pd minaccia pure quei pochissimi che hanno il fegato di occuparsi degli affidi illeciti e del sistema che li permette. Ovviamente non si è speso soltanto Anzaldi. Giusto ieri, proprio da Bibbiano, è arrivata un'altra comunicazione interessante. Quel che resta della giunta comunale a guida Pd (come noto il primo cittadino Andrea Carletti è ai domiciliari), ovvero il sindaco facente funzioni Paola Tognoni e gli assessori Loretta Bellelli, Emillo Catellani e Matteo Curti, hanno voluto polemizzare con Lucia Borgonzoni, candidata della Lega alla presidenza dell'Emilia Romagna. Anche lei, l'altro giorno, ha mostrato in Senato una maglietta con la scritta «Parlateci di Bibbiano», e ciò non è piaciuto ai dem emiliani. «Parliamo di Bibbiano non è uno slogan da t-shirt», hanno scritto gli assessori. «Stiamo adottando, con assoluta e convinta determinazione, ogni azione possibile, volta a garantire a Bibbiano e ai bibbianesi il rispetto che meritano». Tradotto, significa che si apprestano a portare avanti azioni legali: «È in corso la nomina degli avvocati». La Borgonzoni fa notare che «sarebbe meglio se fossero tutti più impegnati nella ricerca della verità», invece di provare a zittire chiunque sfiori l'argomento. Ma ormai questa è la linea: insabbiare in ogni modo, far calare il silenzio. Purtroppo per loro, c'è ancora qualcuno che ha il coraggio di parlare di Bibbiano. E, in ogni caso, le inchieste parlano già da sole.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






