
Compagni fuori dalla realtà: Boccia parla di «risultato storico», mentre Elly Schlein festeggia per i 14 milioni di cittadini alle urne. A dimostrazione che l’unico obiettivo era strumentalizzare i risultati contro il governo.Maurizio Landini, che pure dà la colpa dell’insuccesso a una non ben identificata «crisi democratica», sorride, aggiungendo di non avere motivo per essere triste. La realtà è che la sinistra ha preso una gran botta ed è costretta a far buon viso a cattiva sorte. L’affluenza alle urne si è fermata al 30% e, per quanto promotori e sostenitori dei referendum si affannino a rilasciare dichiarazioni entusiastiche, la sconfitta è evidente. Consolarsi, come fanno sia Boccia sia Landini, con la percentuale di Sì ottenuta dai quesiti sul lavoro fa ridere. È come se Jannik Sinner, dopo aver perso contro Carlos Alcaraz, sostenesse di essere contento per essere riuscito a partecipare al Roland Garros dove in tanti hanno fatto il tifo per lui. Ciò che conta è il risultato, il resto sono palle: e non quelle fallite dal campione di Sesto Pusteria, ma quelle che vorrebbero darci a bere. Se poi si guarda al plebiscito che aveva al centro le norme sulla cittadinanza, è andata anche peggio. A una sinistra che premeva per concedere più diritti agli stranieri, gli italiani hanno risposto con un fragoroso No. È vero che circa il 65% di quanti si sono recati ai seggi ha votato per l’abrogazione dei dieci anni per richiedere la cittadinanza. Ma non soltanto il 65% di un flop resta sempre un flop, in aggiunta c’è un 35% o giù di lì che ha votato per dire No, rendendo i sostenitori del referendum ancor più minoranza. Gli italiani non vogliono fare sconti sul fronte dell’immigrazione e paradossalmente il plebiscito che avrebbe dovuto concedere agli stranieri tempi più brevi per ottenere nuovi diritti ha messo una pietra sulla questione. D’ora in poi sarà difficile rimettere in discussione la faccenda con leggi pro ius scholae o ius soli.Insomma, se i referendum sul lavoro sono stati una débâcle, quello per concedere il voto ai migranti (sì, è a questo che la sinistra puntava: non riuscendo a conquistare consensi tra gli italiani pensava di raccattarne un po’ tra gli stranieri, concedendo insieme alla cittadinanza il diritto di voto) è andato anche peggio, perché gli elettori hanno pronunciato un secco No.Eppure, nonostante la bocciatura di tutti i quesiti, Boccia, Schlein e Landini danno i numeri. Il primo parla di 15 milioni di italiani contro Giorgia Meloni, la seconda e il terzo di 14. Da qui, oltre alla confusione, si comprende che la sinistra aveva come obiettivo la strumentalizzazione dei risultati. Come per le manifestazioni di piazza, la cosa che conta non è l’obiettivo dichiarato, ma poter esibire dei numeri, per sostenere di avere alle spalle una massa di italiani che preme. Peccato che la mobilitazione rischi di trasformarsi in un boomerang. Nel caso di Landini la batosta lo mette fuori gioco nella corsa alla leadership della sinistra. Anche per Elly Schlein però le cose non si mettono bene. Infatti, l’ala riformista del Pd, quella che avrebbe volentieri evitato la conta del referendum e che si era schierata a difesa della riforma del lavoro introdotta dallo stesso Partito democratico dieci anni fa, è andata all’assalto della segretaria. Pina Picierno, pasionaria pro RearmEurope, ha rilasciato una dichiarazione al veleno: «Una sconfitta profonda, seria, evitabile. Purtroppo, un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre. Fuori dalla nostra bolla c'è un Paese che vuole futuro e non rese di conti sul passato». Elisabetta Gualmini, altra parlamentare di stanza a Bruxelles, non ha fatto mancare le sue stilettate: «Aver mobilitato tutto il partito (democratico), tutti i circoli, tutti i dirigenti su un referendum che doveva “correggere gli errori del vecchio Pd” si è rivelato un boomerang. Un referendum politico contro sé stessi. Aver rotto l’unità sindacale in una rinnovata cinghia di trasmissione con un solo sindacato (Cgil), pur con rispetto, un altro errore». Appare chiaro dunque che il referendum non era né sulle norme che regolano il lavoro né sulla cittadinanza, ma sulla leadership del Partito democratico, e dunque a Largo del Nazareno è già partito il regolamento di conti.
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