2020-06-02
Toghe del Csm preoccupate: «Così si indebolisce Renzi»
L'ira del ras di Unicost sul pm Roberto Rossi, dell'inchiesta su Banca Etruria, con lui nella giunta «antiberlusconiana», in seguito alle dichiarazioni rese alla commissione parlamentare: «Crea solo casini, però adesso va salvato».«Ma così indebolisce Renzi». A scrivere questa frase è Luca Palamara il 4 dicembre 2017, quando l'allora procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, gli fece sapere in camera caritatis, attraverso un comune amico, di essere pronto, dopo alcune polemiche innescate dalla Verità, a lasciare l'inchiesta su Banca Etruria che coinvolgeva Pier Luigi Boschi, babbo dell'allora sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena.Le chat dell'ex potentissimo consigliere del Csm, oggi indagato a Perugia per corruzione, confermano una volta di più l'orientamento squisitamente politico che avevano preso le azioni dell'ex leader della corrente di Unicost, il quale aveva persino preso in considerazione, come rivelato da questo giornale, una candidatura nelle fila del Pd.Le intercettazioni e le conversazioni via cellulare su Consip avevano già rivelato come il magistrato fosse il trait d'union tra Luca Lotti, uno degli indagati, Matteo Renzi e l'allora capo della Procura di Roma Giuseppe Pignatone. Un'operazione di alta diplomazia che alla fine portò Palamara a sbattere: «Mi acquieterò solo quando Pignatone mi chiamerà e mi dirà che cosa è successo con Consip, perché lui si è voluto sedere a tavola con te, ha voluto parlare con Matteo, ha creato l'affidamento e poi mi lascia con il cerino in mano. Io mi brucio e loro si divertono».Nel febbraio del 2019 Palamara si era interessato anche dell'arresto dei genitori di Renzi, Tiziano e Laura. Aveva condiviso e commentato l'ordinanza con un collega («A Roma non avrebbero dato nessuna misura» era stato il commento dell'interlocutore). A un'impiegata del Csm aveva riferito la provenienza correntizia del pm che aveva chiesto l'arresto.Ma è nel caso Rossi che tifo renziano e antichi sentimenti d'amicizia trovano una perfetta sintesi. Il procuratore aretino è infatti uno dei colleghi che Palamara considera a sé più vicino. I due avevano condiviso la militanza nella giunta «antiberlusconiana» (definizione dello stesso Palamara) dell'Anm di cui il magistrato sotto inchiesta era stato presidente e Rossi componente.Negli anni successivi quest'ultimo ha gestito l'inchiesta per turbativa d'asta, evasione fiscale e violazione delle norme antiriciclaggio ai danni di Boschi senior, procedimento da cui, in più tappe il noto babbo è uscito sempre indenne. Un percorso netto che ha suscitato aspre critiche visto che ha trovato compimento mentre lo stesso Rossi era consulente del governo Renzi.Successivamente il babbo è, invece, rimasto invischiato nell'indagine per il crac su Etruria, sebbene per accuse minori.Ma per capire il legame che esiste tra Palamara e Rossi basta scorrere le chat, anche se quella diretta tra i due è piuttosto scarna e parte solo dal 2018: il 17 aprile il pm aretino chiede all'amico di «scambiare due parole su una questione che riguarda Perugia» e anche a luglio propone di «fare due parole». Poi a novembre si trasforma in tour operator e consiglia alcuni resort della zona al collega: «L'elenco proviene da un appassionato. Puoi fidarti».Sono più interessanti i messaggi che Palamara scambia con altri magistrati sul conto di Rossi.Nell'autunno del 2017 viene aperta in Parlamento una commissione d'inchiesta sul sistema bancario e il procuratore aretino è convocato come testimone. Dopo la sua audizione, il 3 dicembre di quell'anno, La Verità pubblica in esclusiva la notizia che il babbo è indagato per falso in prospetto e per le consulenze d'oro affidate dall'istituto. I commissari si arrabbiano perché il magistrato non avrebbe riferito la notizia in Aula. Dopo le polemiche Rossi spedisce una lettera al presidente della commissione, Pier Ferdinando Casini, in cui sostiene di aver fornito le informazioni richieste dai parlamentari e di aver «annuito, quando gli è stato chiesto se i membri del Cda potessero essere indagati». La notizia manda su tutte le furie Palamara che, a proposito delle iniziative di Rossi, domanda al comune amico Paolo Auriemma, procuratore di Viterbo: «Ma cosa xazzo ha scritto in questa lettera?». Auriemma riporta quanto appreso: «Ha detto che ha indicato con precisione dove era la domanda e dove era la risposta corretta». Rossi si sarebbe difeso sostenendo che «tutto è uscito in malafede» dai giornali e da qualche parlamentare legato alla Banca d'Italia. Auriemma continua: «Gli ho detto di fare intervista al Tg1, ma di essere molto, ma molto più duro, parlando di strumentalizzazione. Lui ha detto che potrebbe anche dire che rinuncia all'indagine non perché ha sbagliato qualcosa, ma perché le polemiche rischiano di inquinare la…». Palamara non prende bene l'offerta: «Rinunciare sarebbe una sconfitta. Digli di aspettare». Infatti se lasciasse «sarebbe un'ammissione di colpa». Il pm è seriamente preoccupato per come si stiano mettendo le cose e condivide il suo turbamento con il consigliere del Csm Massimo Forciniti, con cui sta sta analizzando le prospettive di successo della candidatura a procuratore generale della Cassazione di Riccardo Fuzio. «Se non fosse per Roberto Rossi sarei molto ottimista». Forciniti, giustamente, domanda: «Che c'entra Rossi con pg?». La replica di Palamara è tutta un programma: «C'entra perché crea solo casini con quella audizione, indebolisce Renzi». Controreplica: «A Fanf (Giuseppe Fanfani, consigliere in quota Boschi, ndr) dovrebbe interessare».Dunque per Palamara il vero problema è il contraccolpo che dalla vicenda potrebbe subire Renzi, in quel momento segretario del Pd e premier ombra dietro a Paolo Gentiloni. Ma la telenovela non è finita.Il 17 ottobre 2018 durante il plenum del Csm emergono alcune riserve sulla conferma per altri 4 anni a procuratore di Rossi e il voto viene fatto slittare. Fuzio scrive a Palamara per complimentarsi con lui per il «bell'intervento su conferma di Rossi» e per criticare la posizione espressa da un altro consigliere contro il magistrato aretino: «Con Lanzi sarebbero stati cazzi amari per voi». Alessio Lanzi, laico in quota Forza Italia, a settembre aveva perso la corsa a vicepresidente del Csm contro David Ermini e il 17 ottobre era stato uno dei più fermi accusatori di Rossi. Palamara è d'accordo sullo scampato pericolo: «Appunto. Cosa assurda. Si sta togliendo sasso dalla scarpa». Cosa assurda? «Mica tanto», obietta Fuzio. «Rossi ha fatto cazzate su cazzate non nel merito, ma nel modo di comportarsi». Palamara: «Lo so, ma bisogna salvarlo» è il diktat del pm sotto inchiesta. Ma l'impresa non riesce. A ottobre dell'anno scorso è passata la linea di non conferma sostenuta da Pier Camillo Davigo.